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Il Casanova di Federico Fellini

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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La recensione su Il Casanova di Federico Fellini

di port cros
8 stelle

Sontuosità della messinscena e genialità delle intuizioni visive segnano un'opera barocca e strabordante fino ed oltre l'eccesso, a rischio persino di crollare sotto il suo stesso peso. Lungi da essere una celebrazione dell'erotismo, è permeata da un sottofondo di pessimismo e di tristezza, da un senso di decadenza e di morte. Voto: 7,75 su 10.

 

 

Donald Sutherland

Il Casanova di Federico Fellini (1976): Donald Sutherland

 

 

Durante le celebrazioni del Carnevale veneziano una gigantesca testa coronata è issata dalle acque del Canal Grande, tra il giubilo di una folla festante e mascherata, ma la rottura del meccanismo di gru che la solleva e il conseguente rinabissamento sono visti come un presagio di disgrazia.

In un turbinio di tempesta, allo svelarsi di un maschera ci appare il profilo di Donald Sutherland ad imitare il più celebre ritratto di Giacomo Casanova, quello di profilo realizzato a matita dal fratello Francesco. Raggiunto su un'isoletta della Laguna da una monaca che gli propone un incontro erotico a beneficio di un ambasciatore francese voyeur, scopriamo che il ritmo dei suoi amplessi è sempre scandito da un carillon a forma di uccello meccanico e meccanica è invero pure la sua esecuzione dell'atto erotico.

 

Condannato per l'accusa di “esercizio della magia nera, di possedere libri malvagi condannati dall'Indice, di essere autore di libri eretici e di disprezzo della religione”, Giacomo è rinchiuso in un'angusta cella nel carcere dei Piombi, ove è consolato dal ricordo delle sue passate prodezza con una giovane sartina, e da cui evade, dovendo però lasciare Venezia per un esilio che durerà tutta la vita, peregrinando di donna in donna tra le varie corti europee ed italiane.

 

 

Donald Sutherland

Il Casanova di Federico Fellini (1976): Donald Sutherland

 

 

Tra i suoi molteplici incontri, un'attempata marchesa che gli chiede di partecipare alla fecondazione che la vedrà rinascere come uomo immortale, una gigantessa forzuta che sfida e sconfigge gli uomini a braccio di ferro, un'aggressiva coppia madre e figlia che lo caccia dalla carrozza spingendolo a meditare il suicidio, una giovane francese che viaggia sotto mentite spoglie maschili in compagnia di un maturo capitano ungherese.

 

Nonostante questo girotondo incessante di femmine amate, nel film c'è in realtà ben poco erotismo e si vedono scarse nudità; anche gli amplessi sono ripresi non solo con pudore ma proprio con distacco, quasi a spegnerne la gioia e l'appagamento, sentimenti che Casanova, nella sua smania “performativa”, in realtà non prova. Ne è esempio una dissoluta festa romana ove viene coinvolto in una gara amatoria con il cocchiere del padrone di casa: l'incontro erotico viene ridotto a mera competizione ginnica, perdendo però così ogni poesia.

 

E poi le aspirazioni dell'aristocratico vanno anche oltre, ma ripetutamente vede frustrata la sua ambizione di essere riconosciuto come dotto letterato e uomo di scienza invece che sempre soltanto come instancabile bestia da monta.

 

Il Casanova è un'opera quintessenzialmente e inconfondibilmente “felliniana”, in cui lasciano senza fiato la sontuosità della messinscena e la genialità delle invenzioni figurative, una testimonianza indelebile della visionarietà sconfinata del maestro riminese.

Le molteplici scenografie fastose e magniloquenti sono un esempio sorprendente del livello di sforzo produttivo di cui era capace allora il cinema italiano. Il film venne totalmente girato all'interno dello studio numero 5 di Cinecittà, persino il Canal Grande col Ponte di Rialto è una ricostruzione in studio, e non teme di svelare la sua natura artificiosa e teatrale: vedasi la laguna in tempesta resa con sacchi neri della spazzatura.

Prodigalità massima profusa anche negli innumerevoli costumi sfarzosissimi premiati con l'Oscar a Danilo Donati, nelle parrucche e nel il trucco di Rino Carboni, che modifica i lineamenti di Sutherland con un naso posticcio e ne segna il volto con credibili rughe nella età più avanzata.

 

scena

Il Casanova di Federico Fellini (1976): scena

 

Un affresco caleidoscopico talmente abbacinante e frastornate che si rischia di perdercisi dentro e di stancarsi, complice anche la durata robusta (quasi due ore e mezza) e il carosello degli incontri che rischia il ripetitivo per tutta la parte centrale. Ma poi si riemerge in un finale intenso, a cui dà il là l'incontro del protagonista con una femmina diversa da tutte quelle che ha precedentemente amato: una bambola meccanica dalle fattezze perfettamente realistiche, costruita da abili artigiani per il duca di Württemberg .

Il rapporto amoroso con la bambola meccanica è paradossalmente quello che Casanova vive con più trasporto emotivo, ma segna anche inesorabilmente l'inizio della fine della sua esistenza libertina. Da qui in poi Giacomo entra nella decadenza irreversibile della terza età, che lo vedrà finire miseramente i suoi giorni come bibliotecario alla corte di un conte boemo, oltraggiato e bullizzato dai cortigiani che si spingono ad affiggere il suo ritratto nelle latrine attaccandolo al muro con lo sterco, e destinato a morire nel rimpianto di non rivedere mai più la sua Venezia.

 

scena

Il Casanova di Federico Fellini (1976): scena

 

A Venezia ci torna solo nel sogno e nell'immaginazione, in una meravigliosa sequenza finale che lo vede, di nuovo giovane, slittare su un Canal Grande posticcio all'inseguimento delle sue passate conquiste, culminando proprio con l'amata bambolina meccanica con cui si serra in un ultimo abbraccio prima della dissolvenza in nero.

 

Opera basata sulle memorie autobiografiche di Casanova, ma nella sceneggiatura scritta con Bernardino Zapponi queste sono liberamente reinterpretate da Fellini, che fin dal titolo la fa inconfondibilmente sua. Una pellicola barocca e strabordante fino ed oltre l'eccesso, a rischio persino di crollare sotto il suo stesso peso. Lungi da essere una gioiosa celebrazione dell'erotismo, è permeata da un sottofondo di pessimismo e di tristezza, già annunciata nella scena iniziale ove la festa del carnevale si tramutava in iattura, e da un senso di decadenza e di morte sotto il fasto ed i lustrini degli abiti sfarzosi.

 

Voto: 7,75 su 10.

 

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