Espandi menu
cerca
Almost Blue

Regia di Alex Infascelli vedi scheda film

Recensioni

L'autore

degoffro

degoffro

Iscritto dal 10 gennaio 2003 Vai al suo profilo
  • Seguaci 99
  • Post 165
  • Recensioni 929
  • Playlist 23
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Almost Blue

di degoffro
4 stelle

Brutto, davvero brutto, per non dire orrendo l'adattamento che il giovane Alex Infascelli (classe 1967) ha fatto del romanzo di Carlo Lucarelli. Ad irritare ed oltremodo infastidire non sono tanto le inutili, compiaciute e gratuite sequenze di cruda violenza, o lo stile videoclipparo, nervoso, modaiolo ed esibizionista del regista, tra l'altro del tutto incapace di guidare un cast raramente così spaesato e perplesso, (spiace soprattutto per l'altrove brava e interessante Lorenza Indovina, qui sprecata in un ruolo senza arte né parte), quanto la stupidità grossolana di una sceneggiatura delirante e demenziale, piena zeppa di vuoti e spaventosi (questi sì) buchi, con una soluzione finale disarmante e sconcertante che nemmeno forse nei Tv movie del sabato sera di Rai Due si permettono di proporre. Mi auguro che il romanzo abbia una struttura narrativa ben più solida e coerente di quanto non emerga da questo intreccio pasticciato e confuso, con caratteri inesistenti e/o inconsistenti e sviluppi (il)logici e scombinati: dura poco più di un'ora, ma sembra interminabile, incapace com'è di regalare la benché minima tensione, di sorprendere lo spettatore con qualche colpo di scena studiato ad hoc, piazzato al momento giusto per far saltare sulla poltrona. Tutto è prevedibile sempre dieci minuti prima che accada, la realizzazione è dozzinale e piatta, la recitazione inquietante (Andrea Di Stefano avrà pure un personaggio detestabile, ma riesce a renderlo ancora più insopportabile, Claudio Santamaria è forse il meno peggio del cast, del resto ci vuole poco). E non si venga a parlare di talento visivo: Infascelli insiste con primi piani tediosissimi e abusati movimenti di macchina, senza mai raggiungere il cuore della già desolante storia, scopiazza a più non posso da tanto, troppo, cinema americano recente (atmosfere torbide e piovose alla "Seven", la sequenza in cui la protagonista irrompe nella casa del ragazzo cieco viene pari pari da "Il silenzio degli innocenti"), non ha paura del ridicolo, come nella, per fortuna solo accennata, sequenza di sesso tra la Indovina e Santamaria, semplicemente imbarazzante, effettua riprese che crede originali come quelle da una specie di oblò della porta, oppure quelle in cui lascia volutamente offuscati gli sfondi, ricorrendo ad immagini forti, e a flash, puntando esclusivamente sui colori, le luci o le atmosfere, ma cade nel pericoloso e ignobile estetismo da MTV. Nelle sue dichiarazioni il regista ha affermato che il suo più grande problema è stato mettere a fuoco e conciliare le tre diverse soggettive: quella dell'ispettrice Negro, del serial Killer Iguana (uno che uccide studenti universitari, spogliandosi nudo, contempla i suoi efferati omicidi ascoltando in cuffia rumorose musiche, assume volto e identità delle sue vittime) e di Simone Martini, ragazzo cieco che vive barricato nella sua stanza, ascoltando i rumori del mondo esterno con uno scanner, legando le emozioni ai colori, unico vero testimone di cui la polizia può servirsi, il solo che ha sentito la voce dell'Iguana, sgradevole e pericolosa. Il suo film, dice Infascelli, sgambettava dove gli pareva, (come dargli torto) per cui si è trovato di fronte a una duplice possibilità: o domarlo o assecondarlo. Infascelli ha scelto di assecondarlo, forse era maglio se lo domava. La sua opera vorrebbe essere inquietante, malata e notturna, risulta invece squilibrata, falsamente sinistra e disturbante, troppo sanguinaria e sgradevole, superficiale e insincera. Se almeno poi il Killer avesse fatto fuori, nella finzione ovviamente, Regina Orioli, in uno dei tanti ruoli francamente inutili, una che con il cinema non centra assolutamente nulla, che però ha sempre l'aria da prima della classe, presuntuosa e smorfiosa, ci si sarebbe leggermente consolati: invece nemmeno questo. Di rilievo restano solo le suggestive musiche di Massimo Volume, ma siamo ben lontani da quel suggestivo genere ibrido, a metà strada tra il melò (?!?) ed il romantico che il regista ambiziosamente si prefiggeva di realizzare con questo suo obbrobrio. Nonostante questo David di Donatello, Nastro d'argento e Ciak d'oro per la migliore opera prima e svariati premi internazionali. Mah....
Voto: 2

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati