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Grazie per la cioccolata

Regia di Claude Chabrol vedi scheda film

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La recensione su Grazie per la cioccolata

di degoffro
8 stelle

"A volte il Male si nasconde sotto le spoglie dell'estrema dolcezza e una bevanda tanto desiderabile come la cioccolata può trasformarsi nel simbolo della perversione assoluta". Con queste parole il regista Claude Chabrol sintetizza alla perfezione il senso profondo del suo enigmatico e affascinante giallo ambientato nella tranquilla e pacifica Svizzera. Mika Muller è un'altolocata signora svizzera, presidente di un'industria di cioccolato, abilissima nel suo ruolo di manager di polso ma soprattutto nel preparare deliziose e prelibatissime cioccolate calde, spesso custodite in misteriosi ed ermetici thermos. La donna è sposata con André Polonski concertista di fama internazionale, rimasto vedovo dopo la mai chiarita morte della moglie Lisbeth, amica di vecchia data proprio di Mika: i due vivono insieme al figlio di lui Guillame, adolescente piuttosto inquieto. La vita di questa famigliola felice sembra scorrere serena e beata nella loro lussuosa ed appartata villa di Losanna, quando alla loro porta suona la giovane Jeanne Pollet, apprendista pianista che si sta preparando a un difficilissimo concorso di pianoforte. La ragazza è venuta casualmente a sapere che alla nascita ha rischiato di essere scambiata nella culla dell'ospedale con il figlio di Polonski ed ora desidera conoscere quella che avrebbe potuto essere la sua famiglia. Jeanne viene a contatto con un mondo che le è estraneo ma che la affascina profondamente e ben presto si rende conto che Mika, dietro il suo atteggiamento sempre gentile e disponibile, dietro la sua facciata dolce, dispensatrice di consigli materni e complici sorrisi, nasconde più di un segreto, arrivando a sospettare che forse è stata proprio lei la causa dell'incidente che ha provocato la morte della prima moglie di André. Ora anche la sua vita e quella di Guillame rischia di essere in pericolo!!! Chabrol, partendo dal romanzo "Et merci pour le chocolat" di Charlotte Armonstrong, grazie alla straordinaria interpretazione di una glaciale e perfetta Isabelle Huppert, "una bellissima faccia da assassina" secondo l'autore, sviluppa un interessante e lucido teorema sulla perversione. La sceneggiatura, firmata dal regista insieme alla psicanalista Caroline Eliacheff, cerca di sondare gli aspetti psicologicamente più oscuri e di penetrare i meccanismi più sopiti e misteriosi che portano al lento ed inesorabile dissolversi di un'istituzione come la famiglia. Mika è una donna che nasconde in sè una profonda sofferenza, una persona che non riesce a sentire più nulla, "come se fosse anestetizzata. Essendo una creatura adottiva, si considera autogenerata e questo le dà una sensazione di onnipotenza anestetica" che la porta ad "addormentare" le persone (Chabrol). L'amore ossessivo e deluso che Mika prova per suo marito la conduce ai gesti più estremi ed inspiegabili: Chabrol ancora una volta descrive il male associandolo alla donna, ma non perché sia convinto che appartenga di più al sesso femminile, ma semplicemente perché "le donne sono più raffinate e sanno uccidere con più eleganza". Un meccanismo quasi hitchcockiano, torbido e ambiguo, dalla tensione palpabile e crescente, dove il giallo si tinge di nero, dove le verità a lungo nascoste, i segreti per troppo tempo celati, gli scheletri tenuti nell'armadio, e non solo da parte di Mika, ma anche da parte della madre di Jeanne, che viene a scoprire di essere stata a sua volta adottata, esplodono all'improvviso scuotendo una calma solo apparente e facendo degenerare rapporti fino a quel momento appesi ad un filo invisibile, pronto a spezzarsi al primo sussulto. Presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia del 2000, perché Chabrol era in giuria, è stato uno dei film più applauditi di quell'edizione, a conferma che si possono ancora realizzare opere intelligenti e coinvolgenti senza offendere l'intelligenza del pubblico né abusare della sua pazienza, anzi chiedendone la continua complicità.
Voto: 7

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