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Romanzo radicale

Regia di Mimmo Calopresti vedi scheda film

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La recensione su Romanzo radicale

di hupp2000
4 stelle

La storia del partito radicale attraverso una biografia raffazzonata di Marco Pannella. Tipica deludente produzione di mamma RAI.

Cosa ci si poteva aspettare da un prodotto televisivo trasmesso in prima serata da RAI 3, ma inizialmente destinato alla prima rete dell’azienda? Non un granché per i miei gusti, ma non potevo certo esimermi dal visionarlo, essendo stato io stesso un esponente del partito radicale negli anni ’70, per poi orientarmi politicamente in tutt’altra direzione. Puntualmente, è arrivata la delusione, non tanto per i contenuti dell’operazione, quanto per il livello decisamente basso della sua realizzazione. La mescolanza di parti recitate, interviste ai protagonisti e documenti d’archivio è pasticciata, con salti temporali incongruenti e una regia ai limiti del dilettantismo. Persino peggiore appare il livello d’interpretazione di personaggi appena abbozzati, che ruotano intorno alla figura del protagonista dando sfogo ad uno sconcertante accumularsi di frasi retoriche, dialoghi di una ovvietà imbarazzante recitati al livello di spettacolino scolastico di fine anno.

 

Come è noto, la carriera politica di Marco Pannella si estende dagli anni ’50 al secondo decennio di questo secolo. Raccontarla in meno di due ore è ovviamente impossibile e ha costretto gli autori a concentrarsi essenzialmente sulle tre battaglie condotte dai radicali negli anni ’60 e ’70: divorzio, aborto e obiezione di coscienza, tre battaglie vinte quando il partito non era ancora presente in Parlamento. In altre parole, quello di via Torre Argentina era un movimento di lotta per l’affermazione dei diritti civili, libero da condizionamenti del “palazzo” e per ciò stesso originale e assai efficace. Dal 1976, i radicali entrano in Parlamento e da quel momento cessano di essere una forza che si oppone al “regime”, come essi stessi lo definivano, iniziando anzi a farne parte, alleandosi con incomprensibile disinvoltura a destra e a manca, secondo le opportunità e le convenienze del momento. Questo abbandono delle battaglie ideali nonviolente dei primi tempi li penalizza sul piano elettorale, rendendo arduo per l’opinione pubblica comprendere la collocazione del partito nel cosiddetto arco costituzionale. Da qui deriva, a parer mio, la decisione di Mimmo Calopresti di concentrare la maggior parte della sua docu-fiction ai primi anni della storia radicale, per poi limitarsi a qualche citazione delle battaglie successive. Paradossalmente, posso capirlo e persino condividere la scelta, ma è una ben misera consolazione di fronte ad un prodotto televisivo di qualità davvero mediocre.

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