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Salò o le 120 giornate di Sodoma

Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film

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La recensione su Salò o le 120 giornate di Sodoma

di cheftony
8 stelle

"Deboli creature incatenate, destinate al nostro piacere, spero non vi siate illuse di trovare qui la ridicola libertà concessa dal mondo esterno. Siete fuori dai confini di ogni legalità. Nessuno sulla Terra sa che voi siete qui. Per tutto quanto riguarda il mondo, voi siete già morti."

Antinferno
Duca, Monsignore, Presidente di Corte d'Assise, Presidente: quattro fascisti fra il 1944 e il 1945, in piena Repubblica di Salò, mettono in atto il loro diabolico progetto, reclutando in una villa un gruppo di giovani per una sorta di osceno gioco di ruolo; alcuni ragazzi vengono prelevati per rappresentare soldati e repubblichini, altri saranno i servi, mentre nove maschi e nove femmine, tutti adolescenti, saranno le vittime delle depravazioni dei quattro padroni, accompagnati da una pianista e tre vecchie puttane col compito di raccontare i loro eccessi del passato e disinibire così i presenti, che esibiranno ogni lascivia.

Girone delle manie
I racconti di una delle puttane, la signora Vaccari, scaturiscono subito il loro effetto: costrizioni a rapporti orali, atti di sodomia durante il pranzo davanti a tutti, lezioni di masturbazione, un finto matrimonio con accompagnatori nudi. L'orrore prende corpo in quella villa, tant'è che una ragazza non lo sostiene e si suicida; nessuno degli altri giovani si ribella, tanto è il loro desiderio di sopravvivere alle angherie dei signorotti fascisti e tornare dalle proprie famiglie.

Girone della merda
I quattro maiali scoprono tramite i racconti della signora Castelli la scatofilia, la coprofilia e la scatofagia come forme estreme di edonismo. Una ragazza viene obbligata a mangiare le feci del Duca in mezzo al salone con un cucchiaino, le vittime devono dapprima cibarsi delle proprie feci e poi trattenerle per giorni fino a produrne una quantità tale perché se ne cibino tutti insieme a tavola, il Duca si fa orinare in faccia.

Girone del sangue
Un altro finto matrimonio, violente sodomizzazioni inferte e subite, fustigazioni, torture, mutilazioni. Il sadico divertimento dei padroni raggiunge il suo apice, toccando rare vette di crudeltà, di fronte a vittime imploranti e a repubblichini dalla personalità totalmente annullata dall'abominio cui hanno assistito e partecipato.

Con la sua ultima opera, datata (come la sua morte) 1975, Pier Paolo Pasolini filma l'infilmabile. Prendendo spunto dal libro Le 120 giornate di Sodoma del marchese De Sade, Pasolini traspone le disgustose pratiche narrate dalla Francia del '700 all'Italia fascista, pratiche che diventano l'ultimo appiglio ad una vita di potere da parte dei sostenitori della Repubblica di Salò, ancora determinati a sopraffare il popolo con qualsiasi mezzo e per qualsiasi scopo loro desiderino.
Il titolo, Salò o le 120 giornate di Sodoma, chiarisce ulteriormente come Pasolini non solo voglia mostrare la mostruosa brutalità con cui i potenti dominano sugli impotenti, ma anche come questa sia stata tragicamente presente nel nostro passato di Paese fascista.
Quest'opera, inoltre, vive su una enorme contraddizione formale: se da un lato gli eventi narrati sono disgustosi e opprimenti per l'insistenza del regista su certi dettagli, dall'altro lato la cura nelle inquadrature, nelle scenografie, nella fotografia e nella colonna sonora sono di rara bellezza e precisione ed elevano con decisione il film dal rango di accozzaglia di porcherie messe lì per stupire a quello di (quasi) capolavoro, purtroppo maledetto e proibito dalla censura. C'è da dire anche che Salò o le 120 giornate di Sodoma forse non sarebbe mai esistito se non fosse stato per la bravura con cui il cast ha impersonato certi ruoli e l'umanità e l'affabilità che Pasolini, stando a quanto si racconta, dimostrò durante le riprese per risollevare gli animi. Le vittime sono quasi tutte interpretate da ragazzi sconosciuti, visto che Pasolini voleva evitare ai suoi pupilli Citti e Davoli problemi troppo grossi con la censura e un probabile calo di notorietà, così come attori non professionisti sono due dei quattro protagonisti: parliamo di Umberto Paolo Quintavalle (il Magistrato) e Giorgio Cataldi (il Monsignore), entrambi amici di Pasolini e rispettivamente scrittore e commerciante, ma capacissimi di sostenere i loro perfidi ruoli grazie anche ai loro volti particolari e magnetici. Gli altri due sono Aldo Valletti (il Presidente), dallo sguardo luciferino, strabico ed effeminato e Paolo Bonacelli, che risulta stupefacente nei crudeli panni del Duca, visto che lo ricordiamo principalmente per i ruoli grotteschi di Leonardo da Vinci in Non ci resta che piangere e del finto zio in Johnny Stecchino.

Per quanto ritenga Salò tanto controverso quanto genialmente all'avanguardia e coraggioso, non biasimerei nessuno che non se la sentisse di vederlo: un approccio emotivo al film si paga con l'insostenibilità dello stesso.

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