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Scompartimento n.6

Regia di Juho Kuosmanen vedi scheda film

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La recensione su Scompartimento n.6

di Furetto60
8 stelle

Ottimo prodotto cinematografico. Introspettivo, intenso e profondo. Prova attoriale maiuscola

Laura, è una ragazza  finlandese che studia archeologia a Mosca e parla bene il russo, siamo negli anni 90, ad un party , in cui la giovane è sottoposta a un imbarazzante fuoco di fila di domande, da parte di invitati snob e morbosamente curiosi; lei coabita nel lussuoso appartamento della professoressa Irina, della quale è amante, ma nei cui confronti si pone in stato di sudditanza emotiva e con una certa soggezione culturale, tuttavia è contenta di partecipare alla sua vita glamour, tra ricevimenti pseudo-intellettuali e mondani. Un giorno però approfittando di una fase di stallo del loro rapporto, molla tutto e decide di intraprendere un lungo viaggio in treno lungo la Transiberiana, fino alla cittadina di mare di Murmansk, remota provincia nell'estremo nord-ovest, che ospita un sito archeologico, dove si possono vedere i Petroglifi, incisioni rupestri, risalenti a 10000 anni fa. Sul treno nello stesso scompartimento il n.6 del titolo, c’è il suo compagno di cuccetta, Ljoha un giovane operaio russo diretto a nord per andare a lavorare in miniera. Non potrebbero essere più diversi: Laura è colta, fragile e malinconica; Ljoha è l’esatto opposto: rozzo, diffidente, scorbutico e soprattutto sessista. Beve molta vodka e dopo la partenza infastidisce pesantemente Laura. Ci sono dei momenti di tensione e imbarazzo, ma la convivenza forzata e una serie di curiose combinazioni, aprono impensabili spiragli di intesa, che lentamente prendono la forma di una complicità, poi di un’amicizia e poi perfino qualcosa di più, in cui a unirli, paradossalmente, è proprio l'enorme distanza che li divide. Lei, ottima ritrattista, che tanto vorrebbe far parte del mondo colto e agiato degli archeologi; lui che viene da ambienti umili, ragazzo semplice, con qualche evidente complesso d’inferiorità, tuttavia, rivela a tratti, un’anima buona e generosa. Lei è attratta dalle donne, lui è eterosessuale, vengono da paesi diversi, appartengono a classi diverse per reddito, cultura e opinioni, ma hanno entrambi bisogno di qualcosa, che forse l’altro può dare. Il feeling che si viene a creare tra persone così agli antipodi, è una splendida magia, che nella realtà si realizza più spesso di quanto si creda.Laura può riflettere su sé stessa e rimettere in discussione la sua vita, per scoprire che forse il mondo delle élite culturali moscovite l’ha stancata e che magari le cose in comune con Ljoha, sono molte più di quanto non sembri. Anche per Ljoha è l’occasione per rivedere le sue concezioni, per scoprire che si può fare un viaggio lungo ed estenuante, anche solo per la soddisfazione di guardare una pietra incisa da qualcuno centinaia di secoli fa, in luogo sperduto; Kuosmanen sembra volerci dire che  di fronte alle diversità, possiamo reagire tentando di ritrovare davvero noi stessi, rimettendoci in gioco, rimuovendo le incrostazioni sociali e culturali, legate a ottusi pregiudizi, che ci zavorrano e allontanano dai veri valori della vita; è anche un piccolo viaggio di iniziazione alla vita in cui accade l’imponderabile: Laura, che voleva cambiare scompartimento a ogni costo, non riesce più a fare a meno di quella compagnia rassicurante.Totalmente girato in 35mm e introdotto dalle trascinanti note della evergreen "Love Is The Drug" dei Roxy music, il film affonda nell'intimità dei personaggi, ce li racconta  col uno stile sobrio, tra silenzi, sguardi rubati, pause. "Scompartimento N. 6" propone anche una bella riflessione sul senso del viaggio, la cui destinazione finale è sostanzialmente secondaria, quello che conta è invece proprio il percorso per raggiungerla, attraverso una suggestiva messa in scena ,tra i vagoni del leggendario treno diretto a Ulan Bator, in Mongolia, facendoci vedere in presa diretta, i suoi corridoi decadenti, attraversati dall'inflessibile “provodnitsa” la tradizionale bigliettaia, la  sala ristorante, con squarci suggestivi degli sterminati paesaggi spogli e innevati, catturati dalla telecamera. Il regista fa un lavoro eccellente, non solo nel costruire le situazioni, ma anche nell’intercettare momenti intensi di vita vera: una vecchietta che vende cetrioli salati osservata attraverso il vetro sporco, è un’inquadratura che ritrae e incornicia qualcosa che non capiterà più, ma di cui bisogna conservare il prezioso ricordo

 La storia ci insegna a superare le apparenze, Ljoha è ruvido ma onesto, l’altro viaggiatore che sembra un lord inglese, è un ladro, dunque chi sembra affidabile magari non lo è, e viceversa; la vecchia tesi dell’abito che non fa il monaco, è quanto mai vera. Prodotto con la partecipazione, tra gli altri, del ministero della cultura russo, senza farsi minimamente strumento di propaganda, il film è una bella incursione nell’animo umano.

 

 

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