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Qui non è il Paradiso

Regia di Gianluca Maria Tavarelli vedi scheda film

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La recensione su Qui non è il Paradiso

di degoffro
8 stelle

Coraggioso tentativo di realizzare un film di genere nell'asfittico panorama cinematografico italiano. Ispirato ad un fatto di cronaca nera accaduto nel 1996: un furgone portavalori delle Poste viene svuotato della considerevole cifra di otto miliardi, senza violenza e senza che nessuno se ne renda inizialmente conto, da due tipi qualunque: Renato e Walter. Non due malavitosi, ma due ex mariti, insoddisfatti del grigiore della loro vita, abituati a passare le notti nei locali, tra bevute e facili avventure, conducendo una vita ben al di sopra delle loro concrete possibilità economiche. In particolare il sogno di Renato è quello di scappare, fuggire dal grigiore della vita quotidiana e spassarsela in Costa Rica. Gianluca Maria Tavarelli, dopo gli elogi ottenuti dal suo precedente "Un amore" alle prese con un budget ben più considerevole (tre miliardi e la distribuzione Cecchi Gori, ancora al meglio delle sue potenzialità), si concentra sulla storia di un uomo comune e sul suo sogno. Renato (un sorprendente e convincente Fabrizio Gifuni) lavora nelle telecomunicazioni (ai suoi interlocutori, specie se ragazze, non ha il coraggio di dire che fa il postino), ha la passione per la poesia (anche se un suo collega ironicamente lo definisce il poeta del non fare un cazzo), non brilla certo per voglia di lavorare. E' stanco di svegliarsi alle sei del mattino, con un'uniforme grigio topo addosso, la testa che scoppia, le occhiaie, la vita che gli scappa accanto senza che se ne accorga: per la sua ex moglie è un bambinone, uno su cui non si può fare affidamento, incapace di accontentarsi di quello che ha, sempre a sognare una vita diversa. E' tentato da un colpo grosso (per lui facile come bere un bicchiere d'acqua), perché è convinto che nulla lo trattenga ancora in quella Torino grigia, uggiosa, monotona. In fondo la vita è una delusione per tutti, per cui bisogna avere il coraggio di dare una sterzata, cambiare rotta, darsi una mossa. Sarà difficile sbrogliare la matassa per il Commissario Lucidi (un misurato ed efficace Antonio Catania), il quale fin da subito capisce che Renato è uno che non andrà molto lontano. Il film di Tavarelli, attraverso un'intrigante struttura a flashback, un ritmo altissimo e una tensione inedita (vedere la splendida sequenza in cui il personaggio di Pappalardo scopre Walter scambiare i sacchi della posta) scandisce la storia con delle date, aprendosi e chiudendosi con la medesima sequenza (il furto al furgone) vista però attraverso due prospettive diverse: all'inizio dall'esterno, alla fine dall'interno. Grazie ad una sceneggiatura compatta, attori in gran forma (notevoli le partecipazioni di Adriano Pappalardo e Ugo Conti nei panni dei complici dei due protagonisti, dolce ed intensa Erika Bernardi, nel ruolo della ragazza di Renato) e una regia solida e intelligente, "Qui non è il paradiso" si segnala come un film italiano decisamente meritevole, uscito alla chetichella nel settembre 2000 e praticamente rimasto in sala poco più di una settimana, annicchilito dalla marea di film nostrani e non solo che escono a ridosso della Mostra di Venezia. Tavarelli racconta un malessere diffuso e generale, descrive con partecipazione e umiltà il mondo del lavoro e dei sindacati, non rinunciando a tocchi di brillante commedia, si concentra anche su chi, come il commissario Lucidi, fa il suo lavoro con onestà e dedizione, ben consapevole che a volte ci vuole più coraggio a restare che ad andarsene. Piace poi il ritratto dei due protagonisti, due delusi e insoddisfatti dalla vita, si definiscono pezzenti, alla ricerca di un paradiso altrove, nella ingenua e utopistica illusione che in Costa Rica, tra spiagge, mare e belle donne tutto sia più facile e sereno :"anche nel tuo paradiso servono i soldi", lo avverte però la sensibile fidanzata. Il finale ineluttabile e necessario non farà che confermare ai due protagonisti quanto suggerisce il bel titolo del film e personalmente sia nel sogno del protagonista che nel suo infrangersi ho avvertito echi e rimandi, non credo casuali, al capolavoro di De Palma "Carlito's Way": ragione in più per apprezzare il film e ringraziare Tavarelli. Bella e calzante infine la citazione di Hugo Pratt con cui l'opera si conclude, capace di sintetizzare alla perfezione lo spirito e le aspirazioni di Renato: "All'orizzonte di quell'oceano ci sarebbe stata un'altra isola, per ripararsi durante un tifone, o per riposare e amare. Quell'orizzonte aperto sarebbe stato sempre lì, un invito ad andare".
Voto: 7+

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