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La lettera

Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film

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La recensione su La lettera

di OGM
8 stelle

Lo stile di Manoel de Oliveira è una corposa eleganza morbidamente avvolta di raffinato sentimento. In questo film l’amore segreto, con i suoi sguardi furtivi, gli incontri mancati, i pensieri trattenuti, è una delicata melodia di sottofondo, che sottolinea il discorso morale con accordi appena accennati, ma carichi di un’intensa espressività emotiva. La musica, del resto, è l’anima di tutte le passioni impossibili, che, non potendo tradursi in parole, si articolano nel linguaggio universale delle sette note: le loro voci dichiarano apertamente i peccati e le debolezze, i desideri e la paure, però tacciono i nomi e risparmiano i giudizi. In questo modo le vibrazioni del cuore si trasmettono attraverso l’aria, facendo della nostra presenza nel mondo una fonte di ritmo e di armonia, che, per gli altri, può diventare un suadente invito alla danza, il risuonare di un vivido sussulto di gioia, oppure, al contrario, un cupo martellamento interiore, un’ossessione incalzante che abbatte e stordisce.  Non possiamo, quindi, sperare di circondarci di silenzio, nemmeno dandoci alla fuga; l’eco dei nostri palpiti  si diffonde  anche attraverso le distanze, rimbalzando da un angolo all’altro del nostro disperato percorso, nei punti in cui abbiamo lasciato un ricordo, un’impressione, una confidenza.  Cercare la propria strada nella vita significa, infatti, seminare e andare oltre, affinché siano gli altri a raccogliere i frutti cresciuti sulle nostre orme, compresi quelli velenosi e amari del dolore di un addio. 

La lettera  è il canto polifonico della sofferenza, che affligge lo spirito, la coscienza, il corpo, che non conosce rimedio né sollievo, se non quello di crescere al di sopra di essa; in questo senso è il male che fa avanzare il mondo, soprattutto quando è devastante e senza speranza, perché allora, per superarlo, non ci resta altro che sforzarci di diventare noi migliori.

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