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Leonardo. Il capolavoro perduto

Regia di Andreas Koefoed vedi scheda film

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La recensione su Leonardo. Il capolavoro perduto

di pazuzu
7 stelle

Costruito come se fosse un thriller, il film di Koefoed attira, coinvolge e soprattutto spiega con semplicità mille dettagli tecnici altrimenti sfuggenti.

 

 

Come può un quadro autentico di Leonardo Da Vinci rimanere nacosto per secoli per poi apparire dal nulla, a New Orleans, attorno al 1900? A questa domanda, posta dal critico d'arte Jerry Saltz, e a molte altre simili, cerca di rispondere il documentario The Lost Leonardo di Andreas Koefoed. Il riferimento è al discusso Salvator Mundi, che, dopo cento anni passati nell'oblio in un'abitazione privata, fu acquistato da una casa d'asta locale che si avvalse di uno 'sleeper hunter', ovvero un cacciatore di opere d'arte vendute al prezzo sbagliato, acquistandolo per la cifra di 1175 dollari.

 

 

Koepfoed suddivide il proprio interessante documentario in tre capitoli che sono poi le tre fasi storiche che interessano l'opera. La prima fase (The Art Game, il gioco dell'arte) è legata, in teoria, solamente alle considerazioni fatte dagli esperti d'arte. In pratica, invece, il lavoro del regista informa su come, essendo stato tirato in ballo un artista di livello enorme, ad entrare in gioco siano gli interessi più disparati, per lo più economici. Il momento più importante arriva proprio in questa fase, quando la National Gallery di Londra, nel 2008, entrata in possesso del quadro e con tutte le intenzioni di potersi vantare di disporre di un Leonardo originale, convocò cinque esperti per un colloquio informale per poi, senza porre loro domande ufficiali e senza avere ovviamente risposte inequivoche, presentarlo al mondo come tale. Detto, fatto: tre anni dopo, lo espose attribuendolo - senza alcuna formula dubitativa - a Leonardo.
Alla luce fioca questa validazione fatta in casa, il Salvator Mundi - e con esso di riflesso il documentario - entra di diritto nella seconda fase (The Money Game, il gioco dei soldi): eccezion fatta per Dianne Modestini, che ne fu la prima restauratrice recente e a tutt'oggi ne difende la presunta originalità, gli esperti continuano a sollevare dubbi (due tra i tanti: 1 - è presente un errore nella rotazione di un dito inaccettabile per un esperto di anatomia come Leonardo; 2 - il legno utilizzato era troppo nodoso e poco pulito, altro dato sospetto, visto il suo perfezionismo); ciononostante, la giostra delle speculazioni entra in gioco inesorabile, e il prezzo inizia ad impennarsi fino ad arrivare, ed è la terza fase del racconto (The Global Game, il gioco globale), all'ultimo prezzo, quello che ha permesso al Salvador Mundi di battere ogni record per un'opera d'arte, ovvero 450 milioni di dollari, in un'operazione fatta da qualcuno che aveva con sé i soldi di una nazione intera.

 

 

Costruito come se fosse un thriller, il film di Koefoed attira, coinvolge e soprattutto spiega con semplicità mille dettagli tecnici altrimenti sfuggenti, gettando un'ombra piuttosto cupa sull'autenticità opera in oggetto, e più generalmente inducendo a una riflessione su quanto sia inevitabile che l'avidità umana finisca per interferire, in maniera segnante, anche su un argomento apparentemente universale e pacifico come l'arte.

 

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