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Belfast

Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film

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La recensione su Belfast

di Antisistema
6 stelle

Per essere il ritorno tanto decantato alla forma migliore di Kenneth Branagh regista, tramite il suo personale amarcord Belfast (2021), il risultato non è proprio da picco massimo della cinematografia, eppure Branagh punta sin da subito a far rivivere l'atmosfera della città dell'Irlanda del Nord e le tensioni di fine anni 60', passando dalla moderna città del 2021, con tanto di porto inquadrato in lontananza, alle sue radici storico-politiche, sfruttando un murales d'epoca, dietro il cui muro, si passa nel mondo in bianco e nero del piccolo Buddy (Jude Hill), alter-ego del regista, intento ad immaginare avventurose battaglie contro esseri immaginari, per ritrovarsi catapultato nella violenta realtà in cui vive, fatta di scontri tra i protestanti capitanati da Billy (Colin Morgan) contro i cattolici unionisti, questi ultimi oggetto di soprusi, violenze ed atti di squadrismo da parte dei primi, con l'aperta ostilità dei genitori di Buddy (Jamie Dornan e Cathriona Balfe), da sempre ligi alle regole quanto rispettosi di una pacifica convivenza con i vicini cattolici, verso i quali non hanno motivi di ostilità. Il punto di vista adottato da Branagh è quello del bambino di 9 anni Buddy, con le sue prime esperienze di amicizia, il rapporto con il fratello maggiore Will, la prima cotta per l'amica Catherine cattolica, ma molto brava a scuola, la passione per i film, l'idolatria verso un padre dai molti difetti (lavori saltuari, sempre assente da casa per questioni professionali ed un pessimo pagatore di tasse), che però a quell'età non può che essere il più grande eroe tra tutti e per finire ma non in ultimo per questioni d'importanza, il rapporto con i nonni fortemente ancorati alle radici storiche della città di Belfast, con uno spiccato senso dell'humor, che rompe con la claustrofobia sia della location (al 70% siamo sempre nella piccola stradina dove c'è la casa di Buddy) e sia delle barricate presenti ad ogni angolo di strada, facendo della città più una zona di guerra militarizzata, con veri e propri checkpoint d'ingresso e d'uscita nelle zone ad alto conflitto, dove più che il senso di sicurezza, predomina, il senso di oppressione, nonchè di ulteriore apartheid tra due comunità religiose sempre più distaccate; la teoria della predestinazione alla salvezza del protestantesimo d'altronde poco si concilia con il libero arbitrio concesso da Dio nel cattolicesimo, visto dai primi come un culto molto più permissivo, tanto che Buddy vorrebbe aderirvi, poichè a suo dire per quanto uno possa peccare, basta una confessione al prete per uscirne purificato da tutti i propri sbagli.
Branagh non innova niente a livello registico in questo ennesimo Amarcord, gli manca l'intensità quanto la sincerità di Fellini amabilmente perso nei suoi ricordi, a favore invece di un ricostruzione troppo calcolata, non nelle scenografie, ma nei toni quanto dei personaggi, giocando soprattutto con il posizionamento della macchina da presa, verso il basso, per dare un senso di potente autorità alle istituzioni (la chiesa e l'esercito), nonchè con l'angolazione delle inquadrature, ribaltando i punti di vista dei personaggi, nonchè gli sconvolgimenti sociali portati dalla guerra civile in atto, che spinge il padre (Jamie Dornan) a prendere sempre più in serie considerazione l'idea di lasciare Belfast, per trasferirsi altrove, vedendo in tale luogo un non futuro per sè ed i propri figli, sempre più influenzati dal fascino delle bande protestanti, alle quali per volontà, causa minacce dei capi o comunque per conformismo, vorrebbero unirsi, pur sapendo lo sbaglio di tale scelta, ma un padre assente ed una madre anch'essa impegnata in sua attività, prendere deviazioni sbagliate sull'autostrada è un attimo.

 

Caitriona Balfe, Jamie Dornan, Judi Dench, Jude Hill

Belfast (2021): Caitriona Balfe, Jamie Dornan, Judi Dench, Jude Hill


Nel pastoso bianco e nero della fotografia di Haris Zambarloukos, capace di ritrarre una società schierata su opposti, dove il grigio della conciliazione viene sempre meno, la fantasia scaturita dalle arti del teatro e soprattutto del cinema, sono un rifugio rassicurante per il piccolo Buddy, il cui sorriso in primo piano, illumina l'inquadratura molto di più della luce del proiettore, rifacendosi a GIuseppe Tornatore di Nuovo Cinema Paradiso (1990), facendo prendere vita ai colori sullo schermo; certo l'equazione è banalotta, semplicistica, così come la confusione di Branagh nel miscelare film trash con Raquel Welch (lei sempre un bel vedere) o musical ammuffiti su macchine volanti prodotti dalla Disney, con western capolavorici come L'Uomo che Uccise Liberty Valance (1962) o Mezzogiorno di Fuoco (1953), gettando qualche dubbio sulla formazione cinematografica infantile di Branagh, che tra l'altro usa in modo risaputo il meta-cinema, per sbrogliare l'ingarbugliato "stallo" nel momento decisivo in cui il padre, un novello James Stewart/Gary Cooper, deve abbandonare il suo neutralismo per affrontare la violenza di Billy, che minaccia la sua famiglia; il bianco e nero di questi due capolavori del cinema classico, sembra essere la risposta di Branagh alla risoluzione della guerra civile, in verità una tesi che lascia per lo meno sbigottiti, vista la complessità, nonchè la violenza della situazione in atto, dove una risoluzione all'americana stile sceriffo, non è proprio la soluzione più soddisfacente.
Il problema di Belfast, sta nel voler essere un film di estremi, tenuto insieme nel grigio dei toni dalla famiglia, ma al regista questo non riesce bene, con scene trash di dubbia qualità che servono solo per svolte brusche narrative, senza una costruzione progressiva alle spalle; non si può trattare uno scontro fratricida tra protestanti-cattolici, come se fosse una nostalgia da amarcord se non sei Federico Fellini, che comunque aveva mostrato il volto brutale del fascismo nonostante la rievocazione nostalgica dell'infanzia; il bambino che decanta il detersivo biologico appena rubato da un supermercato saccheggiato, con una madre più idiota di lui che in piena guerriglia urbana, gli impone di restituirlo, risultano entrambe da annali del ridicolo involontario, a causa delle sbandate di tono di un Branagh che seppur vorrebbe ritornare ad un cinema più personale, comunque non può cancellare la realtà, di essere un regista allo sbando da oltre 20 anni, perdendosi dietro a marchette e progetti di dubbia qualità a favore del vile denaro.
L'operazione sincerità, gli riesce meglio quando si affida ai veterani Hinds e Dench, nei ruoli dei nonni di Buddy, memorie storiche della città, capace di coniugare i molteplici toni di Branagh, scavalcando grazie alla loro recitazione con perizia le magagne di scrittura e le incertezze registiche, portando il vero "colore" (non solo letterale), in Belfast, facendo intravedere una nuova speranza, lontano da una città gloriosa, ma oramai sempre più imbarbarita da una faida religiosa ed oppressa da un occupazione militare, degna più di Beirut o Gerusalemme Est, che di una città europea, non è un caso che Branagh azzecca l'inquadratura finale sul volto e gli occhi di una Judi Dench, che invita a non voltarsi indietro, pur decidendo di restare nel luogo in cui è nata, cresciuta e probabilmente morirà, una conclusione ellitticamente poetica, che riassume possibili evoluzioni future.
Incensato alle stelle dalla critica anglo-americana, con svariati elogi come 5 stelle di Bradshaw e di un Paul Schrader, oramai però rincoglionitasi del tutto, gli oscar "dimmerda" hanno tributato all'opera ben 7 nomination, a dimostrazione della non eccelsa qualità dell'opera, che per lo meno ci ri-consegna un Kenneth Branagh regista in uno stato decente, per la rinascita decantata dai critici prezzolati ufficiali, non c'è traccia invece.

 

Caitriona Balfe, Judi Dench, Ciarán Hinds, Jude Hill

Belfast (2021): Caitriona Balfe, Judi Dench, Ciarán Hinds, Jude Hill

 

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