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Dillinger è morto

Regia di Marco Ferreri vedi scheda film

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La recensione su Dillinger è morto

di alan smithee
10 stelle

Un apprezzato designer industriale si appresta a rincasare sul far della sera, allontanandosi daivquartieri industriali tutti uguali e ugualmente spogli, per rientrare nella sua graziosa villetta fuori città: lo aspetta la bella e bionda consorte, che tuttavia lo ha preceduto in camera in preda ad un fastidioso mal di testa che la costringe a letto.

La donna lo invita a cenare, ma l'uomo, dinanzi ai piatti tenutigli a disposizione, a tutti gli effetti poco invitanti, decide di farsi con le proprie mani una cenetta improvvisata, alternativa ma coi fiocchi, che tuttavia poi finisce per mangiare a spizzichi, distrattamente, interessato più a rimettere a nuovo una vecchia pistola arrugginita trovata in una dispensa, arrotolata tra i pezzi di un giornale le cui pagine sono incentrate a raccontare le ultime ore di vita del bandito ricercatissimo Dillinger.

Intanto Glauco tergiversa: smonta completamente la pistola, la olia tutta, la ridipinge di rosso a pois bianchi, la pone ad asciugare e, nel frattempo che la moglie è intontita dai sonniferi, trascorre il tempo guardardo filmini di vacanze del passato e provando a flirtare con la disinibita domestica che lo accoglie in camera in tenuta da notte sexy e provocante.

Poi l'uomo, annoiato, torna alla pistola, che ora è tornata a funzionare grazie alla accurata manutenzione riservatale: la carica e cerca un modo opportuno per porre fine a quella sua esistenza che ormai da tempo ha cessato di emozionarlo, inghiottito come egli si ritrova da agi che ormai nemmeno sono più in grado di appagarlo o distrarlo dal pensiero fisso e scatenante, nonché inebriante più d'ogni altra cosa, di farla finita.

E mentre decide di spararsi in camera, mimando insoddisfatto una espressione consona al sopraggiungere brusco della fine, finirà per essere vinto da un improvviso spirito di conservazione a cui mai aveva riposto attenzione, esercitando i suoi istinti suicidi/omicidi sulla consorte, freddata a bruciapelo nel sonno con sparo attutito da musica e cuscini.

A quel punto, galvanizzato dalla elettrizzante situazione, quasi rinato e forte di una nuova sconosciuta vitalità, Glauco fugge in riva al mare e si tuffa verso uno yatch, trovando proprio là l'ispirazione per una fuga verso nuovi orizzonti, e probabilmente, nuovi stimoli.

Michel Piccoli, Anita Pallenberg

Dillinger è morto (1969): Michel Piccoli, Anita Pallenberg

Michel Piccoli

Dillinger è morto (1969): Michel Piccoli

Con Dillinger è morto, Marco Ferreri si rende artefice di un apologo straniato e devastante, per lucida freddezza e cinico distacco, della fine violenta di un ceto borghese annoiato e smarrito dalla mancanza di stimoli ed emozioni, pervaso da una freddezza che solo con l'efferatezza di un atto puro e deliberatamente senza ritorno, riesce a tornare ad assaporare quell'ebbrezza salvifica che ormai nemmeno più un capriccio sessuale riesce più a procurare. Un film duro, spiazzante, magnifico e coraggioso, questo Dillinger, non meno del bandito a cui si ispira il titolo, e che sceglie la strada dello sguardo neutro e apparentemente distante, ma sempre calibrato sulle gesta precise e maniacali, minuziose e quasi isteriche anche quando apparentemente senza senso, del nostro imperturbabile protagonista, reso in modo davvero superbo da uno straordinario Michel Piccoli, qui impegnato in una delle migliori parti di tutta la sua monumentale, inimitabile carriera di attore.

Michel Piccoli, Annie Girardot

Dillinger è morto (1969): Michel Piccoli, Annie Girardot

Michel Piccoli

Dillinger è morto (1969): Michel Piccoli

Lo affiancano due donne agli antipodi quanto a caratteristiche somatiche, ma parimenti inutilmente emblema di una attrazione sessuale ormai quasi assopita dalla distrazione e dallo straniamento: la bionda avvenente moglie evanescente interpretata dalla sexy Anita Pallenberg, e la disinibita domestica matura ma sexy, resa con malizia da una poco vestita ed ardita Annie Girardot. Tutto il resto, ovvero molto, è soprattutto ricerca angosciosa ed insistente di un motivo portante per non farla finita, che Ferreri conduce col suo tocco pungente e il suo stile cinico incomparabile, ove la normalità asfissiante dei gesti precisi e meticolosi del nostro Glauco, scandaglia il percorso delirante che conduce dritto verso l'abisso senza ritorno. A mio giudizio, "Dillinger è morto" resta il capolavoro assoluto del grande e spesso sottovalutato cineasta Marco Ferreri.

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