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Decision to Leave

Regia di Chan-wook Park vedi scheda film

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La recensione su Decision to Leave

di AndrewTelevision01
8 stelle

"Tu hai bisogno di crimini e violenza per essere felice".

- Jung-an

 

Tang Wei, Park Hae-Il

Decision to Leave (2021): Tang Wei, Park Hae-Il

Busan, Corea del sud. Jang Hae-joon è un detective affetto da insonnia che opera assieme al suo assistente Soo-wan. Un giorno Jang si inbatte in un caso bizzarro che vede come protagonista un ufficiale in pensione: comincia ad interrogare la moglie Seo-Rae, emigrante cinese molto più giovane del defunto marito, e si invaghisce dei suoi atteggiamenti poco consoni al contesto, pur rimanendo con una sottile aria di dubbiosità. L'irrequietezza e totale indifferenza di Seo-Rae saranno la sua arma vincente nei confronti della psiche di Jang, il quale inizia a dubitare sempre più del suo altalenante rapporto con la moglie Jung-an.

Park Hae-Il, Tang Wei

Decision to Leave (2021): Park Hae-Il, Tang Wei

Park Chan-wook, regista coreano acclamato da pubblico e critica, specialmente dopo l'ottimo successo scaturito dalla scorsa edizione del Festival di Cannes, si afferma con tutta tranquillità come vincitore morale del mese di febbraio 2023. Come mai, vi chiederete? "Decision to Leave", sua ultima fatica realizzata nel 2021, distribuita in tutto il mondo l'anno successivo ma arrivata da noi solo questo mese, è una pellicola dalla potenza visiva, tecnica ed espressiva totalmente fuori dal comune, che vive dei suoi eccezionali rimandi al cinema hitchcockiano ("La donna che visse due volte", "La finestra sul cortile") e specialmente a quello di Wong Kar-wai ("In the Mood for Love") fondendo una storia vivacemente classica con il flusso della sua contemporaneità, ossia un micidiale utilizzo del montaggio, un'ondata solidale ed intima della colonna sonora e un mostruoso virtuosismo della macchina da presa che - ora più che mai - non ha il peso della presenza in scena, poiché non funge più da riflettore bensì da sguardo dello spettatore.
Chan-wook ci rapisce sin dai primissimi minuti costellati dall'ambientazioni che scoprono il turbolento meccanismo dell'immagine, qui rappresentata dall'orrore impetuo della montagna, luogo cupo e sinistro raffigurato dalla vigliaccheria degli omicidi, parallelamente contrario alla sottigliezza e apparente pacatezza del mare presente sul finale, un mare vuoto ma incosciamente colpevole: qui il regista si distacca fortemente dai temi precedentemente adottati quali la violenza e l'erotismo (la trilogia della vendetta, "Thirst", "Stoker", "Mademoiselle") e si avvicina ad un linguaggio più conosciuto e formale, col quale si approccia per la prima volta, motivo per cui a qualcuno potrebbe inizialmente storcere il naso l'utilizzo di una certa ironia in un cospetto chan-wookiano, ironia che ricorda i grandi noir del passato e che vengono indubbiamente omaggiati, rappresentati quindi da un linguaggio che sprizza contemporaneità da tutti i pori.
L'opera di Chan-wook descrive la pestilenziale relazione di due personaggi eternamente diversi, seppur simili in certi aspetti. Interpretati eccellentemente da Park Hae-il e Tang Wei, Jan e Seo-Rae brillano per il loro carattere forte, indiscutibile e sospettosamente furbo: mentre lui va avanti a testa alta grazie ed esclusivamente alla sua bravura ma cade in preda alla paranoia in breve tempo, lei nasce come personaggio timido, isolato e fin troppo diffidente ma proprio da questa sua personalità - tipica delle femme fatale - ne viene fuori una caratterizzazione estremamente affascinante, che verte al di sopra della bellezza disarmante di Tang Wei, la quale per questo film riserba il ruolo probabilmente più luminoso di tutta la sua carriera, nonostante bisogna pur sottolineare le varie collaborazioni dell'attrice cinese con autori dal calibro di Ang Lee e Michael Mann. 
Che dire della regia di Park Chan-wook? Descriverla è quasi impossibile. I suoi rimandi "vertighiani" con tanto di zoom out frequenti, le sue carrellate fluide, i suoi particolari struggenti sulle mani di Wei, le sue inquadrature inclinate, l'utilizzo opaco della fotografia, i campi lunghi espressionisti applicati sulla meravigliosa ambientazione finale e quel ritmo dei dialoghi approfonditi che non ha mai fine altro non sono se non la dimostrazione di un talento innato e insuperabile qual è quello di Cha-wook, uno degli autori più geniali e creativi degli ultimi anni, che riesce a riprendere un'estetica considerata erroneamente vintage e ad applicarla con eleganza alla nostra modernità, facendoci capire quanto la stessa serva alla fruizione dell'opera su grande schermo, luogo natio delle pellicole dove va assolutamente visto questo filmone.


Voto: 8+

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