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Il declino dell'impero americano

Regia di Denys Arcand vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il declino dell'impero americano

di logos
8 stelle

 

 




Film decisamente teatrale, dialogato a più non posso, fotografia spietata dell'èlite intellettuale accademica borghese degli anni 80, in piena epoca di riflusso, affetta da scoramento e abbattimento ideologico, in cui la cultura, disimpegnata dalle questioni sociali, si diletta a mantenersi a galla cercando in se stessa la forza di stare all'altezza dei tempi, scoprendola, la forza, nel proprio cinismo, quella forza che fino a 10 o 20 anni prima veniva canalizzata per lottare in vista di sogni utopici, persino in riferimento al marxismo leninismo, oramai in totale e imminente disfacimento. Ottimo precorrimento, ma fino a un certo punto, del pensiero debole, "dell'intellettuale nudo che si fa fotograre su un divano a fiori" e nessuno che "urla il bisogno disperato di una fede", come avrebbe detto già nello splendido 1981 il nostro Gaber. E si tratta di un cinismo culturale e di condotta. Per quanto riguarda il primo, vedasi la scena iniziale, in cui il docente di storia afferma che quel che conta sono i numeri e non gli ideali, i valori o che dir si voglia. Numeri e soltanto numeri. 

 

Qualcosa sulla trama. E' un gruppo di amici nell'arco di una giornata. Gli uomini, mariti e anche amanti, si dilettano a preparare la cena, mentre le mogli e anche amanti di questi uomini, si dilettano in esercizi ginnici, per poi incontrarsi tutti insieme per la cena. E che dire dei dialoghi tra questi due gruppi? Certo sono dialoghi radical chic, emancipati, in cui si parla di sesso, di tradimenti, di omosessualità, ma emancipati lo sono solo apparentemente, perché in essi emerge un certo puritanesimo, evidenziato dai sorrisini birichini delle donne che si confidano tra di loro e si vantano di aver fatto cose originali e trasgressive, oppure da certe battute regressive sull'aids riferite dal gruppo degli uomini su un loro amico omosessuale, docente di arte apparentemente noncurante delle battute che gli si affibiano e anzi orgoglioso dei propri gusti erotici, ma preoccupato in segreto di urinare sangue. Gli uomini durante i preparativi se la tirano con frecciate e allusioni sessuali citando qua e là letterati e artisti vari, gareggiando sulla qualità e quantità degli amplessi. E del resto il discorso delle donne è sulla stessa linea, quasi fosse un atto di intelligenza elitaria profumare l'edonismo con la cultura. 

 

 

Rimane il fatto che questi intellettuali, come dicevo, sono in fondo dei puritani, proprio perchè elitari, autoreferenziali.

 Per non parlare della divisione netta tra uomini e donne, e la ripresa agguerrita del loro incontro che si volge immediatamente in saluti falsi di preziosi convenevoli. 

 

Tra le donne c'è una accademica in carriera  molto agguerrita, la cui tesi è che la ricerca della felicità individuale emerge nella misura in cui la società vive un'epoca di disfacimento: così è stato con Rousseau con la crisi dell'antico regime, o durante la crisi finanziaria fine ottocento con la belle époque e via discorrendo, fino ad arrivare ai nostri giorni, in cui l'edonismo la fa da padrona, segno del declino della civiltà occidentale. Sennonché questa teoria viene proprio perseguita nella condotta di questa stessa élite, nel senso che i membri che la compongono non rinunciano ai segreti piaceri sessuali, tradendosi l'uno con l'altra, pur professandosi legati da un'amicizia indissolubile. In questa amicizia, tra l'altro, non covano soltanto tradimenti sessuali ma anche competizioni accademiche.

In una delle scene finali, la donna intellettuale di cui sopra, a fine cena, riprendendo gli argomenti sulla crisi occidentale, viene contraddetta dalla moglie di un altro accademico di storia, quel tanto che basta per far dire alla intellettuale che non si può discutere con una che non comprende e non riesce a capire che il suo caro marito la tradisce con lei. Apriti cielo... vengono aperti i segreti e tutto sembra andare in frantumi, ma il buon senso  comune, perché di questo si tratta, trattiene la cerchia e al tempo stesso li inchioda alla rassegnazione.

Il marito, lo storico, implora il perdono alla moglie, mentre l'altra sua amante ripara su un laureando. L'omosessuale si sfoga del suo problema urologico con un'altra allieva. Rassegnazione...

 

Rassegnazione a un'esistenza impotente, autoreferenziale, incapace di incidere sullo status quo ingessato, paga delle proprie voluttà per distrarsi da un nichilismao esistenziale di fondo, storicamente inquadrato nel neoliberismo.

 

Su questo nichilismo esistenziale i rimandi ad altri registi sono notevoli, in primis Woody Allen, non solo per i dialoghi serrati ma anche per le atmosfere degli interni, le dinamiche tra i personaggi, per come viene tratteggiata la solitudine della donna intellettuale in certe posture, si pensi tanto per dire a Un'altra donna, scritto da lì a poco, ma anche Interiors di qualche anno primo. Di Bergman ho trovato qualcosa di Persona (il rapporto speculare tra le donne in combutta fino trasformarsi l'una nell'altra) e Cronaca di un amore,..

 

A parte questi rimandi, l'opera riesce in un'operazione davvero straordinaria rispetto a quegli anni. Non vediamo un film che ci parla di cultura, di omosessualità, di edonismo sessuale cercato e trafugato in modo ostinato; secondo me bisognerebbe tener conto che in quegli anni, nella grigia metà degli anni ottanta, un accostamento del genere, cultura alta e edonismo becero, non era un fatto così scontato e diffuso come oggi, ma era d'uso in alcuni ambienti intellettuali, per segnalare l'acume del disincanto, stringendo l'occhiolino a una certa destra liberista, capace di reclutare nel suo seno docenti universitari radicali ancora sinistreggianti al fine di inculcare dolcemente, nelle nuove file degli allievi, il nuovo verbo, che avrebbe inondato l'occidente libero dalla tensione dei due blocchi e inaugurato il suo inizio globale con la guerra nel golfo. 

Costoro dunque sono alcuni dei cinquantenni intellettuali post sessantottini, disillusi, in grado di essere un ponte sociologico ben congeniale per traghettare i giovani dalla sinistra alla destra, con le conseguenze quanto mai attuali. Qui non c'è una critica alla cultura, agli intellettuali in generale, ma una critica ad arte delle trasformazioni in atto del ceto intellettuale egemone di quegli anni, in forza dei quali la sinistra è stata del tutto disastrata, riciclata e trascesa in un nuovo fronte ideologico al servizio del liberismo. Non voglio dire che tutti quelli del '68 negli anni 80 hanno cambiato casacca. Delusi tanti, e anche tanti che seppur in modo diverso hanno perseverato nel loro credo, ristrutturandolo per le nuove e imprevedibili sfide. Ma non tutti, e questi non tutti, esaminati nel film,  in quegli anni non ancora indefinibili, ambivalenti forse anche a se stessi, e ancora silenti, hanno finito per primeggiare, diventano poi una moda per le nuove generazioni di fine Novececento e inizi Duemila. Forse le attuali generazioni, i giovani d'oggi, si stanno svegliando, perchè il declino è diventato una crisi, e la crisi difficilmente assopisce. Almeno lo si spera. 

 

Gande prequel, dunque, dell'altro grande film Le invasioni barbariche. 

 

 

E oggi, in una misura del tutto conseguente, il regista non ci parla più di declino dell'impero americano ma della sua caduta...

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