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E noi come stronzi rimanemmo a guardare

Regia di Pierfrancesco Diliberto vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su E noi come stronzi rimanemmo a guardare

di axe
7 stelle

In una Roma del prossimo futuro, il manager Arturo viene lasciato dalla compagna Lisa, convinta dall'algoritmo di un'applicazione per smartphone che l'uomo non fa per lei. Il giorno dopo, Arturo, rimane improvvisamente disoccupato, poichè un altro algoritmo - da lui stesso progettato - lo ritiene un "ramo secco" dell'azienda. Troppo anziano per il mercato del lavoro qualificato, non gli rimane che fare il fattorino per conto di Fuuber, una tentacolare multinazionale del web. Risolto, seppur maniera assolutamente insoddisfacente, il problema del reddito, ad Arturo rimane quello della solitudine. Una soluzione gli giunge dai suoi stessi datori di lavoro. Fuuber, tra i suoi tanti servizi, propone la fornitura di una "persona fittizia" visibile in forma di ologramma e plasmata secondo le necessità del cliente, con la quale chiacchierare e condividere tempo. Prima settimana gratis, poi si paga. Il periodo di prova è sufficiente ad Arturo affinchè s'innamori del proprio ologramma, dal nome di Stella. Ne derivano due questioni. Il primo è che Arturo non ha denaro per potersi permettere l'abbonamento; il secondo è la reale essenza di Stella. E' un'identità fittizia o corrisponde a quella di una persona in carne ed ossa ? Un'interessante commedia diretta da Pierfrancesco Diliberto, nome d'arte Pif, la quale non brilla tanto per messa in scena e prestazioni attoriali, quanto per la solidità e l'attualità delle argomentazioni trattate. Pif, ispirato da tendenze e dinamiche attuali, tratteggia un futuro fosco per la nostra società. Le persone hanno perso la capacità di pensare con la loro testa, impigrite dal costante affidarsi agli automatismi delle intelligenze artificiali. Hanno perso il piacere di stare insieme, trovando difficoltà nell'approccio faccia a faccia e nel dialogo. Sono molto sole, nonostante siano "iperconnesse". Vivono tendendo ad una perfezione, i cui canoni sono stabiliti da entità a loro estranee, in un mondo che le multinazionali della comunicazione hanno reso tristemente uniforme, appiattendo le specificità culturali dopo averne "spalmato" artificialmente gli elementi tra i popoli. I loro ambienti di vita, esteriormente ispirati alla filosofia "green" che tanto ha avuto presa negli ultimi anni, sono razionali, minimali, asettici. Abitazioni al loro interno prive di ninnoli, soprammobili, libri o altre espressioni d'individualità sono distanziate da aiuole ben curate e stradine uguali tra loro, percorse da biciclette, monopattini, monoruota, qualche vetturetta elettrica, tutte simili nella forma e nel colore. A ciò si è giunti grazie ad un'abile manipolazione delle menti resa possibile dalle attività dei "giganti della comunicazione", i quali, previo consenso concesso senza troppi pensieri dalle "vittime" (del resto, chi perde tempo a leggere sullo schermino di uno smartphone decine di pagine scritte in "legalese" ed a caratteri piccoli, di fronte alla prospettiva di utilizzare subito e "gratis" un nuovo mirabolante servizio offerto dal social network di turno), si sono appropriati di ogni dato della loro vita; rielaborandoli hanno potuto profilare gli utenti per conoscerne i "punti deboli", che hanno poi sfruttato per loro vantaggio economico. Il Fuuber di domani è immaginato traendo ispirazione dai moderni Google, Facebook, Amazon; il suo presidente si presenta al pubblico ed ai suoi dipendenti con un look casual - ricorda molto Steve Jobs, del quale cita alcune parole, o Mark Zuckerberg - piglio da self-made-man ed un mucchio di belle parole, sulla sua "visione" e sul "volere è potere". Le apparenze nascondono un'organizzazione societaria concepita per sfruttare il più a fondo possibile i lavoratori. Fuuber dà agli utenti tutto ciò di cui hanno bisogno; i servizi di base sono gratuiti - o meglio, il "prodotto" è rappresentato dai dati del cliente stesso - i servizi premium si pagano a caro prezzo. In tutto ciò, Arturo e Stella sono due rotelle impazzite dell'ingranaggio. Rivendicano la loro individualità, il loro diritto ad un rapporto vissuto viso a viso, il poter essere artefici del loro destino. Le ultime sequenze inquadrano il presidente di Fuuber, mostrandolo infastidito per il "fuori programma", ma anche tranquillo. I due individui potranno essere facilmente controllati, e non impediranno di certo che le masse seguano il destino che esse stesse hanno scelto, nel momento in cui ... sono rimaste a guardare. Il ritmo del film è irregolare; dopo un inizio vivace, esso rallenta, per poi accelerare rapidamente nei pressi della conclusione. La scenografia è molto curata e le sequenze sono ricche di simboli. Il protagonista è interpretato da Fabio De Luigi; il suo Arturo è, come tanti altri, un "complice del sistema". Ma il doppio shock del licenziamento e della separazione da Lisa, sveglia il suo spirito critico e gli fanno comprendere l'assurdità di un mondo nel quale non è previsto che una persona di oltre quarant'anni trovi un impiego qualificato, o si debba pagare per lavorare; non si riesca a comunicare se non tramite messaggistica, o si debba banalizzare ogni ideologia, evento o concetto. Ilenia Pastorelli è Lisa / Flora, una ragazza idealmente simile ad Arturo. Lo stesso Pif è presente nel cast come interprete di Raffaello, il critico inquilino di Arturo. Parti minori per Valeria Solarino (Lisa) e Maurizio Nichetti (uno tra i fattorini). L'intreccio è assai esile e lo sviluppo della trama prevedibile. Nonostante queste carenze, valuto positivamente il lavoro di Pierfrancesco Diliberto, che dimostra bravura nell'interpretare il presente ed immaginare, sulla base di esso, un prossimo futuro di "desertificazione" intellettuale, con sguardo pessimista ma estremamente verosimile, ed altrettanta determinazione nel mettere in guardia i suoi spettatori.

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