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Decalogo 5

Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film

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LukeGlanton

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Decalogo 5

di LukeGlanton
10 stelle

Rifrazione e Finalità. Uccidere, probabilmente.

 

"In tutta la sua opera Spinoza non cessa di denunciare tre generi di personaggi : L'Uomo dalle passioni tristi; L'Uomo che sfrutta queste passioni tristi, che ha bisogno di esse per stabilire il suo potere; infine L'Uomo che si rattrista per la condizione umana e per le passioni dell'Uomo in generale."

 

- Spinoza et le problème de l'expression. (Gilles Deleuze, 1968)

 

Ad un tratto cieco, alle falde prelazionistiche dell'antropologia mnemonica di ogni essere umano, un uomo viene punito. 'Per qui' seguono anni di pratiche contro la pena (di morte), contro la "punizione" concettuale, al di là della - sovversione - paradossalmente intendibile come il sostegno dei diritti umani hanno luce ideologie radicali, non politica, ma - filosofia - che determini il futuro legislativo strumentalizzando l'espressione dell'inno alla Vita, dall'evocativo trattato all'Assemblea costituente di Robespierre "La mitezza della pena corrisponde ad un popolo civile, la crudeltà ai popoli barbari" all'abolizione di Caterina II in quel della Russia del 1765 passando per il riscossore de Dei Delitti e delle Pene di Cesare Beccaria.

 

locandina

Decalogo 5 (1989): locandina

 

La semplicità di Krzysztof Kie?lowski (falsa, d'apparenza ed implacabile) sviscera l'ermetica atmosfera dell'uterina Varsavia, al termine di questo processo (come solitamente avviene nel suo Cinema) l'immagine si (ri)scopre tagliente, i prospetti si intrecciano per poi sciogliersi, (morire in questo caso), del resto, il succo si scopre attingibile fermi restando al sottotitolo "Non Uccidere"; sarà il 5° comandamento biblico ad essere soggetto alla corale rifrazione della sua finalità. Ciò avviene e si determina sulla pelle del "Campo" principe, Jacek Lazar, un ventenne polacco fuggito dal paese di campagna natale, da qui sovviene la pratica (la morte, l'umanità, l'atto di uccidere), al termine di un vagare cessato in sospensione fra l'istinto reazionario e l'alchimia poetica, l'oscurità emotiva di Kie?lowski emerge, solo per un frangente chiave (di lettura), attraverso una fotografia sgranata e mal ridotta ritraente una figura sfocata, una bambina e la storia della sua morte a mo' di lapide preistorica del racconto filmato, una morte d'evocazione, che serva ad evocare il peggio (il meglio) ed innescare una corsa verso la fine, cosi infarcendo l'universo di anti-specismo.

 

"È vero che attraverso una fotografia si può scoprire se una persona è ancora viva?"

 

Jacek si reca ad uno studio fotografico, chiede di far ingrandire quel ritratto d'antologia. Al contempo la continua deframmentazione del montaggio spezza i silenzi e ci riempie di teoria radicale, quella di un trattato sull'insensatezza della punizione morale, un ciclo di riferimenti dottrinali, di default, immancabili Kant ed Hegel. La miniera "vitale" sovviene dalla bocca di un avvocato penalista, Piotr Balicki, il quale non trova (im)posizione narrativa prima della fine, della sentenza, quando il ciclo d'immersione spettatoriale è già terminato, quando tutto è già strazio, quindi chiarissimo, limpido, troppo capibile per avvicinarsi ulteriormente... 'Era questione di poco tempo', Jacek uccide un tassista, non importa "perché", perché l'umanità è relegata ad uno stato larvale, nessuno urla per chi non ha più voce, sconfitti si nasce, quindi, inevitabilmente la morte valorizza il tempo mal vissuto, sofferto, l'unica via è la depravazione, l'isteria mestruale, Uccidere, Il Cinema... Uccidere per il Cinema. Piotr è suo difensore d'ufficio, il dibattito filo-storico che abbiamo ascoltato sin dai primi frame è diretto al giudizio sulla vita Jacek, la quale nonostante tutto (nonostante il Cinema, nonostante Kie?lowski) è condannata, rimangono pochi istanti ancora, la madre del colpevole piange disperata in aula, - una famiglia di campagna si è recata a Varsavia per assistere alla morte del figlio ventenne - . Questa è magia, Il Cinema, che dilania distaccato, e la vita vera che invade lo spazio-tempo e si rifà alla Polonia dell''89, dove si è - vissuto - per il Cinema, per questo film.

 

"Non è un romanzo, è la vita, un film è la vita!"

 

- Week end, un uomo e una donna da sabato a domenica. (Jean-Luc Godard, 1967)

 

Prima della condanna troviamo un addetto spazio (ridotto) per lo strazio (spettatoriale) già espulso e ripassato, Jacek ha qualche minuto di pre-morte da trascorrere con Piotr, chiede di sua madre, chiede se piangeva, poi della sua sepoltura, chiede di poter prendere posto vicino la salma del padre, i prospetti spariscono, viene chiarita l'identità della bambina in foto, sorella di Jacek investita da un trattore sul quale sedeva il fratello ubriaco. "Non siamo pronti", ma lo Stato decide di procedere, quindi in un raptus il corpo di Jacek viene piegato di prepotenza e condotto alla forca, pochi spasmi disperati ancora... Quindi, una sequenza anti-cinematografica, perché oltremodo pura, una sequenza non scritta, al di fuori della sceneggiatura, la ripresa di un ultimo respiro, la sua vivisezione.

 

E quindi, l'omicidio di stato appare agli occhi proprio come quello compiuto da Jacek, la moralità è un valore che nessuno può permettersi (?)

 

Abbiamo assistito all'irreversibilita' dell'intollerabile.

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