Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
"Il caso Paradine" rientra fra gli esiti minori dell'opera hollywoodiana del Mago del brivido, e su questo giudizio, avallato dallo stesso regista nella famosa intervista con Truffaut, è difficile entrare in conflitto. Tuttavia a mio parere il film ha motivi di interesse che lo rendono comunque preferibile alla maggior parte dei film inglesi del decennio precedente, almeno di quelli meno famosi, e sarebbe sbagliato liquidarlo come infortunio artistico senza prendere in considerazione ciò che la regia riesce comunque ad apportare in termini di suspense e soprattutto nella direzione degli attori.
La sceneggiatura stavolta non serve il film come in tanti altri capolavori del regista: risulta piuttosto prolissa e arzigogolata, fin troppo riempita di colpi di scena e anche piuttosto verbosa, e l'apporto del produttore David O. Selznick, che la firma insieme alla moglie del regista Alma Reville, James Bridie e Ben Hecht non accreditato, sicuramente non ha aiutato il prodotto finale in termini di coerenza e organicità dello sviluppo della trama. Il regista, comunque, pur non aiutato dal copione, riesce ad avvalersi dei sontuosi contributi tecnici garantiti da un budget insolitamente elevato, in particolare la scintillante ed atmosferica fotografia di Lee Garmes, che era stato uno dei collaboratori di von Sternberg nei film con la Dietrich, con riprese forse "ad effetto" ma comunque di forte risalto che vivacizzano molte sequenze, comprese quelle in tribunale, e fanno dimenticare l'eccesso di discorsi e frasi ad effetto.
E il cast è una grossa carta a favore: in particolare una Alida Valli di un magnetismo morboso e perverso che non fa rimpiangere Greta Garbo, a cui Hitchcock aveva pensato per la parte, e che rende indimenticabili alcuni momenti che la vedono in scena, nonostante che il personaggio sia caratterizzato in maniera piuttosto sommaria e non esente da alcuni stereotipi. Anche Charles Laughton ha una statura spesso notevole nella parte di un giudice che richiama il successivo (e senz'altro più memorabile) "Testimone d'accusa", mentre Gregory Peck rende bene il conflitto che anima il personaggio e il suo amore tormentato per la Valli che lo espone al pubblico ludibrio, pur con alcuni passaggi che risultano effettivamente forzati dal punto di vista psicologico. All'epoca fu un insuccesso di pubblico e l'accoglienza della critica è stata sempre contrastata, oggi si pone come uno dei tanti "guilty pleasures" dell'opera hitchcockiana, un film certamente minore ma che almeno sotto alcuni aspetti non così secondari come la resa di alcuni attori può benissimo competere con le opere maggiori.
Voto 7/10
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