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Decalogo 4

Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film

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La recensione su Decalogo 4

di Aquilant
8 stelle

“Da quando lo sapevi?” chiede Anka con la voce velata da una profonda tristezza. - “Non ne ho mai avuto la certezza, ma l’ho sempre sospettato,” risponde Michal, “per me non ha mai avuto importanza, sei sempre stata mia figlia.” – “Tu mi hai ingannato. Ma avresti dovuto dirmelo.” conclude la ragazza, in preda a fremiti che le scuotono il corpo da cima a fondo.
Costellata da una vena di sottile ma sublime poesia, nel segno di un romanticismo post-adolescenziale ammantato di sfumature sognanti attraversate da una pulsante musicalità, il Decalogo 4, “Onora il padre e la madre”, è un esempio di delicata sintesi di quel fluire di intensi e controversi rapporti che a volte possono intercorrere tra genitore e figlia e che lungi dallo sfociare nell’incesto, si richiamano piuttosto al poco noto “complesso di Elettra”, quel sentimento di profonda attrazione affettiva affine al “complesso di Edipo” a parti naturalmente invertite. E’ qui descritto con grande lucidità l’anomalo atteggiamento di chi si affaccia alle asperità della vita con l’irruenza dettata dalla sua giovane età, totalmente sprezzante di qualsiasi codice di comportamento morale frapposto sul suo cammino, spinta a compiere scelte irreversibili di non vita per puro dispetto nei confronti di un affetto paterno travisato e deformato fino alle estreme conseguenze.
Kieslowski tenta di intrappolare lo spettatore nelle maglie di un inganno tanto sottile quanto spiazzante pur nella sua apparente ovvietà, modificando l’intero corso della narrazione in direzione di una più aperta comprensione delle motivazioni che spingono la combattiva Anka a gesti ed atteggiamenti controversi ed ammantati di ambiguità oltre che di un sottofondo di sottile perversione. Ma non può sfuggire alla nostra osservazione un certo compiacimento da parte della ragazza nel ferire i sentimenti di colui che più che un padre è considerato alla stregua di un potenziale amante, veicolo trainante di devianti pulsazioni adolescenziali a scopo di rivalsa, anche se una certa disarmante aria di vulnerabilità ci induce tutto sommato a parteggiare per lei.
Ne emerge un dramma di vita vissuta che come un Vaso di Pandora sparge i suoi disturbanti effluvi sul mondo non più idilliaco di due esseri umani soggetti ad un deciso mutamento di rotta nelle loro relazioni generazionali, obbligati ad addivenire a dolorosi chiarimenti e ad aprirsi a nuovi orizzonti irti d’incognite per quanto riguarda un rapporto genitore-figlia che non ha più motivo di essere tale. In tal modo i personaggi restano intrappolati in una sottile rete di concatenazioni causa-effetto intessuta dall’autore a sostegno dell’andamento della storia in direzione del ribaltamento di una passione destinata a tramutarsi nella più acuta frustrazione conseguentemente al mancato abbattimento dell’ultimo spartiacque morale.
L’inevitabile conflitto generazionale è delineato con un’insolita partecipazione autoriale, struggente e totalizzante, che a tratti riporta alla mente taluni sofferti percorsi bergmaniani, pur se rivissuti con una più pacata predisposizione d’animo e con toni meno serrati che prendono decisamente le distanze da quel grido di disperazione che attanaglia il “mondo di marionette” del grande autore svedese. Ma il travagliato itinerario di ribellione ad una condizione di disperante pellegrinaggio di anime in pena assume decisamente una diversa dimensione in Kieslowski, autore che pur posto in una posizione di scetticismo rispetto al problema religioso, riesce comunque a conferire ai suoi personaggi pur tra mille travagli esistenziali quel tocco decisionale che porta in direzione di scelte non disfattiste con la serenità di chi può guardare ancora alla vita con un pizzico di fiducia. Anche l’impiego della luce è attuato in funzione decisamente drammatica, con i volti dei protagonisti immersi in lame di luce dai forti contrasti, tese ad illuminare soltanto parzialmente i volti onde sottolineare la forte tensione drammatica e rendere più sfumate le mezze verità sussurrate, frammiste a rimpianti di un passato vissuto sotto luce diversa. Forse il miglior episodio dell’intera serie, “tra il fuoco della passione ed il suo estintore pazientemente predisposto”, come afferma a ragione un famoso critico d’oltralpe.





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