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I figli del fuoco

Regia di Tobe Hooper vedi scheda film

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La recensione su I figli del fuoco

di scapigliato
6 stelle

Non è uno dei film più felici e riusciti di Hooper, perchè manca soprattutto un'inquietudine di fondo che il regista ha sempre saputo rappresentare nella set decoration, nei personaggi e nelle funzioni narrative varie. La storia stavolta, dagli angoli più inpensabili della provincia americana, è spostata in città, tra ricche famiglie imprenditoriali e piccoli nuclei borghesi, dopotutto siamo ormai a fine anni '80, la coda della cultura del benessere economico e sociale. Perde quindi il contatto con i luoghi archetipici di classe a cui il cinema horror dei '70 ci aveva abituato, anche se si trattava dei puliti quartieri di "Halloween" e di "Nightmare" del 1982. Ma la presenza di Brad Dourif è una garanzia. Il suo viso nervoso e folle, che può competere solo con pochi, è tutta la forza del film. Capace di autocombustionarsi e incendiare, volontariamente e non, ciò che vuole, il personaggio di Dourif è il figlio "deforme" degli errori americani, o peggio ancora dei segreti che in pochi continuano a creder giusti e da difendere. Fatto sta che nel momento della scoperta della sua orribile condizione, diventa un freak hooperiano a tutti gli effetti, un diverso da amare, ma dal destino predestinato. Riuscirà a salvare l'unica donna che merita di vivere e diventerà nemesi dei suoi aguzzini. L'orrore stavolta è più interno che esterno. Non vediamo sempre i decessi, e quel poco che vediamo sa di posticcio, per scelta del regista. Mentre invece il vero orrore arriva da dentro. Arriva da dentro e si manifesta nell'espressione efficacemente terrorizzata del bravo attore. Ma quel fuoco imprigionabile che divampa sempre di più ogni volta che Dourif si sente minacciato e reagisce con tutta la sua volontà, è anche il fuoco di chi non ha perso la voglia di lottare contro un sistema che ti usa e poi ti abbandona. Un fuoco che ha duplice valenza quindi: pericoloso, ma purificatore. Se il film quindi, non brilla nella sua totalità, brucia di poetica hooperiana. E comunque il secondo tempo diventa sempre più inquietante grazie alla continua deformazione fisica di Brad Durif.

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