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L'apparenza delle cose

Regia di Shari Springer Berman, Robert Pulcini vedi scheda film

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La recensione su L'apparenza delle cose

di Furetto60
5 stelle

Horror/ thriller. Fallita trasposizione del buon romanzo omonimo di Elizabeth Brundage.

Il titolo originale del film, deriva da un libro del filosofo e spiritista del 700 Emanuel Swedenborg. La sua filosofia aveva tra i suoi capisaldi l’assunto, che tutto nel mondo naturale ha un equivalente in quello spirituale e soprattutto, la morte non è la fine, ma un nuovo inizio. L’incipit ci porta in aula universitaria, dove vediamo una serie di diapositive, che scorrono proiettate su uno schermo, mentre la macchina da presa si avvicina sempre di più, Il dipinto rappresentato si anima e diventa un vero e proprio paesaggio, dove un'auto sta per giungere nel garage di casa. Alcune gocce di sangue cadono sul parabrezza, allarmando l'uomo al suo interno, che entra veloce in casa e vede una bambina sul divano, la soccorre e  si mette a correre tenendola in braccio lungo una desolata pianura invernale. Siamo negli anni ottanta, una giovane coppia in compagnia della figlia di 4 anni, dalla frenetica Manhattan si sta per trasferire nella Hudson Valley, in un piccolo borgo storico immerso in campagna, tranquillo, dimenticato dagli uomini e da Dio. Lei, Cathy restauratrice alias Amanda Seyfried, accetta seppure di controvoglia il trasloco, pur di assecondare le ambizioni professionali del marito, George alias James Norton, insegnante d’arte, entusiasta della nuova cattedra in un college locale, ottenuta, scopriremo più avanti, in modo fraudolento. La vecchia fattoria in cui si si sono stabiliti, è stata teatro di un fatto di sangue, ma la donna non lo sa ancora, intanto cominciano a verificarsi strani fenomeni, tutto il repertorio tipico del baraccone horror: gelide folate di vento, luci a intermittenza, oggetti che si muovono e ovviamente le apparizioni. La casa è infestata, se ne accorgono Catherine e la figliola, ma il marito è scettico e non crede ai fantasmi. La convinzione della giovane viene al contrario confermata da altri membri della piccola comunità, tutti persuasi dell’esistenza degli spiriti, fanno anche una seduta coinvolgendo Cathy, nessuno sa però chi sia lo spirito che occupa quella dimora.  Come spiega il rettore dell’università Floyd : “gli spiriti maligni sono attratti solo dalle persone malvagie mentre gli spiriti buoni da quelle gentili.  «Il male entra in una casa solo quando si sente il benvenuto»,; «Il bene vince sempre: se non in questo mondo, nell’aldilà», afferma un altro; «Pensiamo di possedere queste case, ma in realtà siamo solo dei guardiani», sostiene l’amica. Con il passare del tempo Catherine scopre i segreti che il marito le aveva nascosto, su quanto avvenuto in passato in quell’abitazione: due donne prima di lei sono state assassinate dai loro mariti. La prima era la signora Smit, morta in circostanze sospette, mentre la seconda, è Ella Vayle, all’altro capo c’è lo spirito del crudele Calvin Vayle, uxoricida di Ella

Un dipinto misterioso compare in alcune inquadrature del film: “La valle dell’ombra della morte” di George Inness. Rappresenta un paesaggio spettrale, illuminato da una croce nel cielo, con un uomo in piedi sotto il suo bagliore. Il pittore disegna così il trapasso, tra la vita e la morte per qualcuno che ha raggiunto la salvezza. Sarà l’ultima delirante immagine che chiude la pellicola

Cathy si ritrova con diversi problemi da gestire, affetta da anoressia nervosa, con una bambina spaventata, deve fare i conti con il suo matrimonio scricchiolante. George, che certamente non è una brava persona e ce ne accorgiamo subito, non perde tempo e va a letto con una studentessa di letteratura incontrata in biblioteca. È dunque in germe una tragedia che sta per esplodere in tutta la sua drammaticità, un conflitto di coppia sempre più lacerante, in cui il tradimento è solo la punta dell’iceberg, in realtà la personalità di George è ambigua e tutt’altro che rassicurante, con la classica “ghost-house” a fare da sfondo alla disgregazione coniugale, schema trito e ritrito nel cinema di genere.  La pellicola è approssimativa, senza fluidità narrativa, disordinata, nel procedere ma con una linea portante scontata.
Le incongruenze si sprecano, la sospensione dell’incredulità richiesta è veramente troppa, alibi inesistenti, improvvise rivelazioni, che sembrano arrivare provvidenzialmente al momento giusto per incanalare la storia, peraltro prevedibile, sui binari prestabiliti. L'approccio utilizzato da Shari Springer Berman e Robert Pulcini, sia registi che autori della sceneggiatura, è improntato a evidenziare le patologie di un matrimonio sbagliato, condendo la storia con elementi soprannaturali. Sbiadita trasposizione del buon romanzo omonimo di Elizabeth Brundage.

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