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La scelta di Anne

Regia di Audrey Diwan vedi scheda film

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La recensione su La scelta di Anne

di Antisistema
8 stelle

Vincitore a sorpresa del Leone d'oro a Venezia, sbaragliando la concorrenza dei più quotati Potere del Cane di Jane Campion e soprattutto del miglior film della mostra E' Stata la Mano di Dio di Paolo Sorrentino, bisogna dire che nonostante il massimo riconoscimento immeritato, La Scelta di Anne - L'Evenement di Audrey Diwan (2021), ha i suoi motivi d'interesse, nonostante il nome sconosciuto della regista in cabina di regia, con alle spalle solo un'altra pellicola, anche se aveva già sceneggiato diverse opere, mettendo a frutto la sua abilità nella scrittura, nel ritrarre la giovane Anne (Anamaria Vartolomei), studentessa di lettere di modesta estrazione sociale, alle prese con un evento inaspettato, cioè la scoperta di essere incinta a seguito di un rapporto sessuale occasionale, del quale non vediamo l'atto sullo schermo, volendo con tale scelta sottolineare una sorta di "ignoranza" di una giovane ragazza del 1963 su come avvenga il concepimento, visto che all'epoca non c'erano nè i mezzi digitali odierni con cui venire a conoscenza di tali argomenti tabù e nè le dovute informazioni in tale ambito da parte dello stato tramite un'educazione apposita; tra ragazze si parla del piacere derivante dal rapporto sessuale, ma con una certa discrezione, senza andare troppo oltre, protezioni non sono contemplate, così come eventuali conseguenze da gravidanza indesiderata, la quale ha solo fine la nascita del bambino, reagendo con grande sdegno alla parola aborto, di cui si fa enorme fatica anche a pronunciarne la parola, come se fosse portatrice di un grande disvalore sociale. 
La presa di posizione della regista, autrice di un'ottima sceneggiatura dalle idee interessanti nella scritura, sposa appieno il punto di vista netto di Anne, la ragazza non vuole portare avanti la gravidanza, non perchè non voglia essere una madre, magari in futuro con una stabilità economico-professionale sicuramente, ma a 20 anni di certo non sente il bisogno di rovinarsi l'intera vita, diventando una mamma single in tale giovane età dovendo rinunciare ad ogni sogno e possibili aspirazione personale. Il desiderio da parte di Anne nel non voler portare avanti la gravidanza è ribadito in ogni frame, non venendo mai meno al proposito, pur sapendo benissimo che nella Francia del 1963 tale scelta non solo è tabù, ma anche penalmente punibile (lo sarà fino a metà degli anni 70'), ma il corpo è di Anne, lei ha il diritto di decidere come gestire il tutto e cosa voglia farne. 
Mescolando l'essenzialità spartana del cinema di Bresson, al rigore asciutto dei Dardenne nell'uso della macchina a mano, Diwan elide l'inessenziale, fondendo  tali ispirazioni in uno sguardo femminile abbastanza personale, che non può ripercuotersi nel modo di affrontare l'argomento, molto più netto e senza sfumature di dubbio, come lo sono stati tanti film sull'argomento girati dagli uomini.

 

scena

La scelta di Anne (2021): scena


Tutto questo può dare adito ad accuse di scarsa empatia nei confronti di Anne, come riportato in svariate recensioni da parte della critica, perchè la ragazza non ha mai dei dubbi morali sulla propria scelta (e neanche interessa in realtà), però è anche vero che una scelta di campo così netta è rarissima in tale tipologia di cinema, ma Diwan nel togliere da una parte, dona profondità alla sua Anne nelle relazioni con chi le sta attorno, tramite un ritratto impietoso di amicizie femminili venute meno, maschi irriverenti nei confronti dell'accaduto dimostrandosi più interessati a conoscere l'antefatto più che dare una mano, così come i dottori ne escono devastati, se il medico di fiducia almeno si dimostra onesto nel dirle che, non vuole per convinzioni personali in materia di embrione interrompere la gravidanza, nè può farlo perchè rischierebbe la prigione, ma tacitamente ha compreso le motivazioni della ragazza, molto più infame si dimostra essere un altro dottore a cui Anne si rivolge, che mette egocentricamente le proprie convinzioni innanzi alle richieste della paziente, giungendo anche ad un deprecabile inganno nei suoi confronti, cosa inaccettabile, poichè si può essere o meno concordi sulla volontà della protagonista, ma ancora più infame è colui che non ha il coraggio di portare avanti le proprie idee in modo scoperto ricorrendo all'ignoranza della paziente in ambito medico.
Fuori fuoco, primissimi piani claustrofobici e soprattutto gli sguardi persi nel vuoto, con una dissociazione mente-corpo resa perfettamente a livello recitativo, con ben pochi eguali nella storia del cinema, confermano la scelta azzeccata da parte di Diwan, sulla scelta della giovane interprete Anamaria Vartolomei, migliore della stragrande maggioranza delle sopravvalutate colleghe che lavorano ad Hollywood, la cui presenza umana riecheggia in ogni singolo frame del film tramite la sua ferma decisione senza scadere in una monolitica recitazione, affrontando il calvario di "una via crucis laica" (cit. Marzia Gandolfi), dove se la regista elide le questioni morali in merito all'aborto, sceglie invece di mettere in campo il calvario fisico del personaggio, che dovrà soffrire psicologicamente e fisicamente per raggiungere il proprio intento tra siringhe, spilloni di ferro, terapie clandestine dolorose, sino alla scena clue sbattuta in faccia allo spettatore in tutto il suo tonfo sordo nel cuore della notte, nello squallore di un bagno; non raggiunge sicuramente la potenza espressivo-metaforica del ben più riuscito e capolavorico 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni di Christian Mungiu (2007), che univa tale tematica ad una dimensione politica di un regime dittatoriale, che rendeva opprimente anche un fatto morale prettamente privato. Un ottimo film, però un Leone d'Oro generoso, dato all'unanimità da una giuria piegatasi ai dettami metoo d'oltreoceano a scapito del miglior film della mostra di Paolo Sorrentino (con buona pace dei soliti rompicoglioni liberal che hanno scambiato l'arte del cinema per il ministero delle pari opportunità), quando sarebbe stato sicuramente meglio premiare l'opera con la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile, sicuramente ben più meritevole rispetto alla vincitrice Penelope Cruz.  

 

Anamaria Vartolomei

La scelta di Anne (2021): Anamaria Vartolomei

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