Regia di Julia Ducournau vedi scheda film
Visto in lingua originale con sottotitoli
Il secondo film della regista è un vero e proprio ircocervo sul gender-fluid.
Se all’inizio si assiste ad alcuni omicidi attuati da una ragazza borderline (Alexia), in seguito lo script mostra il problematico rapporto con "un genitore" che pretende mascolinità (ora “È” Adrien), al quale prova a nascondere nel silenzio punitivo una gravidanza macchinica (scena choc, ilare suo malgrado).
Controverso horror biologico – parto(rito) de-genere nato da Cronenberg – volutamente sgradevole ma privo di coesione (la storia vive a sprazzi, tra fuoco e squarci notturni) e reale necessità narrativa (personaggi secondari quasi inesistenti). Sesso, (estetica della) violenza e splatter non hanno prodotto in chi scrive importanti riflessioni sulla metamorfosi del corpo umano – l’introduttiva contaminazione psico-fisica tra carne e metallo – e quindi d’identità (l’etimologia dei due nomi lascia facilmente intendere alfa privativo + lex = “senza legge” in un caso, preposizione ad + rien = “verso il niente” nell’altro).
Anzi, sembra quasi che l’autrice, pur abile dietro la mdp (anche se l’inizio ricalca quello del suo film d’esordio, plan-séquence incluso), sia stata poco convinta del registro da tenere – alcuni mo(vi)menti di danza provocatoria sono risaputi. Tale scelta umorale (contraddittoria?) penalizza l’intensa protagonista e il valido Lindon.
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