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Titane

Regia di Julia Ducournau vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Titane

di maurizio73
6 stelle

D. presenta il conto di una vicenda familiare disfunzionale in cui ad essere indagati,con un gusto estremo per la provocazione sul corpo e sulle sue trasformazioni,sono in primo luogo quelle patologie della relazione di cui la protagonista prende consapevolezza attraverso un percorso di dolorose agnizioni ed il tragico epilogo della propria catarsi

Le vicende di una serial-killer androgina dal vissuto familiare traumatico si incrociano con quelle di un maturo pompiere devastato dall'abuso di steroidi e segnato dalla perdita del giovane figlio. Il loro rapporto, dopo una iniziale diffidenza e un tacito inganno, si tradurrà nella consapevole desistenza di chi sa di potersi consolare a vicenda.

 

locandina

Titane (2021): locandina

 

E se è una femmina si chiamerà...Futura

 

Anche in questo exploit con un nome di grido (Lindon) e con la ribalta festivaliera casalinga, la francese Durconnau presenta il conto di una vicenda familiare disfunzionale in cui ad essere indagati, con un gusto estremo per la provocazione sul corpo e sulle sue trasformazioni, sono in primo luogo quelle patologie della relazione di cui la protagonista prende consapevolezza attraverso un percorso di dolorose agnizioni e da cui può guarire solo portando alle estreme conseguenze le perversioni degeneri della propria natura. Questa elaborazione della perdita si sviluppa (pur con le sue stravaganze cyberpunk che omaggiano esplicitamente il Cronemberg di Rabid e Crash) nei termini forse ingenuamente lineari ancorchè disarticolati di una reazione di rabbia e violenza (contro se stessi, contro gli altri) e nella inevitabile ricerca di una comprensione umana che renda accettabile il senso di una vita senza scopo e ingabbiata nelle contraddizioni di un legame filiale mai risolto (su entrambi i fronti ma con atteggiamente complementari). Il padre che cerca un figlio perduto e la figlia che trova un padre mai avuto, si incontrano e scontrano lungo lo scosceso crinale di reciproche perversioni e compensazioni (lui si inietta steroidi anabolizzanti, lei mette in atto pulsioni parricide attraverso le petit pénis di una forcina per capelli) conoscendosi e riconoscendosi nella accidentale epifania di agognate agnizioni (il rituale metacomunicativo del combattimento ludico inscenato col ballo, la pietas nella scena del bagno, il vestito a fiori indossato da piccolo) e nel quale l'ostentazione dell'ambiguità  sessuale non è semplice ricerca di identità ma il chiaro messaggio di un desiderio di accettazione da parte dell'altro. Tra gli elementi metaforici che corroborano la tesi di uno sconfinamento nella simbologia di purificazione e rinascita è anche e soprattutto il fuoco, con il quale distruggere il proprio passato (genitori compresi) ma che viene domato 'per mestiere' da un padre putativo, in un processo maieutico (la aiuta a partorire!) che risolve un finale di reciproche catarsi. Benchè il registro appare destabilizzante e foriero di controversi giudizi critici e battutine ironiche (incentivate dalla natura ibrida del racconto catalogato principalmente come fantasy e horror, ma fondamentalmente drama), l'utilizzo in chiave lisergica delle soluzioni visive, delle musiche e della fotografia sono esplicitamente in funzione di un climax oscuramente onirico, nel quale si confondono il piano della realtà e dei suoi fraintendimenti fantastici (l'amplesso con il mezzo meccanico); entro il quale cioè si realizza  l'inverosimile strategia di una fuga dal peso delle proprie responsabilità finalizzata attraverso la condivisione di una comune mancanza. Il campionario di modificazioni del corpo proposte dalla Durconnau sono una rappresentazione scenica e allegorica di mutazioni della psiche, la suggestione del potere di manipolazione sulla realtà fisica delle ineffabili astrazioni di un processo primario che emerge senza mediazioni all'attenzione dei sensi. La stessa bugia che l'uomo decide di dire a sé stesso, alimenta la deriva tragica della sottotrama crime (l'eliminazione fuori campo del sottoposto pericolosamente diffidente); una dichiarazione d'intenti ("Ti proteggerò...") che impedisce agli indizi razionali del livello cosciente di boicottare una inconfessata realtà di reciproci infingimenti. La natura metallica di una piastra cranica può quindi degenerare nelle mostruosità ibride di un parto meccanico, nella materializzazioni di fantasie dissociative che, piuttosto che accettare il figlio della carne, finiscono inevitabilmente per fare brum brum e perdere olio. Ma è anche e soprattutto una vicenda di tragiche predestinazioni cristologiche (anticipate con esplicito sarcasmo in una battuta di Lindon) dove, con significativa circolarità del racconto, l'immacolata concezione di una nemica giurata dell'uomo, che si confessa nelle contraddizioni del nome ("Mi chiamo Alexia!") una sua paladina, non potrà che partorire una fragile creatura dall'acuminato rachide metallico per un padre che ha finalmente ritrovato suo figlio.

Palma d'oro al 74º Festival di Cannes con presidenza della giuria e gaffe annesse da parte di un attempato Spike Lee e candidato per la Francia come Miglior Film Internazionale nell'edizione dei Premi Oscar 2022.

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