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Nel nome del padre

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Nel nome del padre

di Peppe Comune
8 stelle

Anno scolastico 1958-59. In un collegio gestito da preti si fa pratica per diventare bravi cristiani, timorati di Dio e ligi al solo dovere riconosciutogli dalla morale clerico- fascista, quello di obbedire allo status dominante. Ma qualche crepa inizia ad insinuarsi all'interno della calma del collegio. E' il giovane Transeunti ad alzare la posta della rivolta minando dalle fondamenta l'intera impalcatura dove si regge l'autorità culturale del cattolicesimo. Quello che prima era la somma algebrica di più attegiamenti anarchici del tutto disarticolati, assume grazie al giovane il valore di un piano che, con sistematica coerenza, tende al sovvertimento di quei metodi educativi che in nome di Dio tendono alla repressione di ogni forma di dissenso e all'accettazione acritica di ordini assurdi. La situazione sfugge di mano ai professori preti e non manca chi, tra di loro, vede nella rivolta libertaria una cosa capace di vivificare il cristianesimo delle origini. Bellocchio è certamente un ateo ma la sua non è mai una requisitoria contro la cultura cattolica o il cristianesimo in sè (adesso come in "L'ora di religione" che verrà) quanto piuttosto una critica di stampo anticlericale contro l'istituzione chiesa che con i suoi orpelli morali e formali e la sua particolare condizione di essere, nel contempo, retta da uomini ma agente in nome di Dio, rappresenta una delle roccaforti di quella corporazione di potere che ha tutto l'interesse a creare una società di sudditi piuttosto che di cittadini. E' una costante del cinema di Bellocchio quella di essere immerso nella cultura italiana così come quella di apporvi un contributo del tutto originale dove c'entrano la psicanalisi, la psichiatria e il suo laicismo militante. E continua con "Nel nome del padre" l'opera di demistificazione delle diverse forme in cui la morale borghese si fa istituzione (iniziata con la famiglia con quel capolavoro che è "I pugni in tasca") e se qua e la presenta qualche debolezza, per lo scadimento del ritmo o il gratuito ricorso ad immagini simboliche, non se nè può disconoscere il pregio se ci si concentra sul suo valore dissacratorio. Ottime le musiche di Nicola Piovani e la prova d'attore di Renato Scarpa per un film da non dimenticare di uno dei più grandi registi italiani

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