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Gardenia blu

Regia di Fritz Lang vedi scheda film

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La recensione su Gardenia blu

di OGM
8 stelle

Il Fritz Lang degli anni cinquanta trasforma l’aura hollywoodiana in un distillato di garbo, con cui addolcisce le tenebrose inquietudini del suo cinema. Nella sua pessimistica visione sociale, il rapporto tra uomo e donna è contrassegnato da anomalie e fantasmi, in cui il romanticismo annega e sprofonda come in un abisso. Ciò che resta è un’ombra, una traccia fugace od incompleta, come l’immagine riflessa da uno specchio rotto, come il fruscio di taffetà udito dalla venditrice di gardenie non vedente,  o come le note di un giradischi. L’aria è intrisa, più che di amore, di una cupa verità, confusa dall’ebbrezza o dalla follia e sepolta dalla memoria. Il recondito leitmotiv dell’opera del grande regista austriaco è l’inafferrabilità del mistero che si fa ossessione (la passione della protagonista per il fidanzato assente), il cui risvolto criminale (come in M o in Dietro la porta chiusa) è  l’unicità che diventa perversione. Questo film, dal tono sommesso e quasi televisivo, nasconde la perfidia nelle pieghe della normalità, laddove la debolezza dell’animo cede di fronte alla crudeltà del destino, indifferente al grido dei sentimenti umani.  

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