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Principessa Mononoke

Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film

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La recensione su Principessa Mononoke

di Antisistema
9 stelle

Se c'è un regista odierno con cui il mondo identifica la produzione cinematografica del Giappone, questo è certamente Hayao Miyazaki. Egli oggettivamente è un bravo regista, ma sino al 1992 aveva per lo più sprecato il suo talento perdendosi in pellicole di non elevato valore artistico, le quali mostravano una scarsa profondità contenutistica e una poetica reiterata sempre sugli stessi temi che finiva con il non evolversi mai. Dopo l'inversione di rotta con l'ottimo "Porco Rosso", nel 1997 Miyazaki decide di ritornare a dirigere una pellicola che risulterà essere il suo lavoro della vita e il suo apice registico, il film in questione è "Principessa Mononoke". La pellicola è stata riportata al cinema nel 2014 dalla Lucky Red, la quale confeziona un doppiaggio nuovo, accompagnato da un adattamento aulico rispettoso delle intenzioni originarie del regista.

 

scena

Principessa Mononoke (1997): scena



La trama è la seguente, siamo nel Giappone dell'era Muromachi (1336-1573), dove i boschi ricoprono gran parte della superficie del paese e l'essere umano sta progredendo tecnologicamente poco a poco. Ashitaka, un giovane ragazzo, è costretto a uccidere un demone cinghiale per proteggere il suo villaggio, ma nel farlo viene maledetto al braccio. La maledizione gli conferisce grande forza, ma lo condurrà sicuramente verso morte certa. Il ragazzo deciderà di intraprendere un viaggio verso il lontano ovest, seguendo le orme lasciate dal cinghiale, ritrovandosi invischiato in una guerra tra Lady Eboshi, capo di un villaggio che produce ferro procurandosi la legna necessaria distruggendo la foresta e la "Principessa Spettro" di nome San, che è capo degli animali che proteggono la foresta.

 


La storia pur risultando prevedibile e lineare, viene elevata con l'inserimento di contenuti interessanti che stimolano intellettualmente lo spettatore, pur raccontando sempre del solito contrasto tra uomo e natura, il quale stavolta prenderà forma in una sanguinosa guerra dove le due fazioni sono animate dal forte odio reciproco. Lungi dall'essere un mero film sull'ambiente descrittoci dalla critica occidentale, Miyazaki cerca ambizioni ben più elevate cercando di dare una risposta al problema dello scontro tra progresso e tradizioni, confezionando un film denso di filosofia e spiritualità, così che la sua poetica possa trovare pieno sfogo.
I personaggi principali del film sono tutti e tre sfaccettati, approfonditi e l'uno ben diverso dall'altro poiché incarnano differenti temi. 
Lady Eboshi rappresenta il progresso. Come una sorta di novello Prometeo, la donna porta il fuoco (archibugi) agli uomini consentendo di dar via al progresso, spazzando le opprimenti tradizioni (la foresta e le sue divinità). Eboshi, crea un interessante società matriarcale dove le donne sono rispettate dagli uomini e hanno l'esclusività sulla lavorazione del ferro (una forte componente femminista, tipica della sua poetica). La donna sfrutta i lebbrosi, emarginati sociali, per produrre armi. Il comportamento di Eboshi è disdicevole quanto meschino, ma intanto è l'unica che se ne prenda cura, seppur per un suo tornaconto personale. Comportamento molto umano, visto che nessuno a questo mondo fa niente in cambio di niente.
A farle da contraltare c'è San, la "Principessa Spettro", che impersona la difesa delle tradizioni. Ella è una giovane ragazza cresciuta dagli animali e che odia profondamente gli esseri umani, comportandosi, vivendo e combattendo come un animale, ma tutto ciò non basta a negare la forma umana del suo corpo, percepito come una sorta di prigione del suo spirito selvaggio.
Nel mezzo si colloca Ashitaka, giovane ragazzo che incarna il compromesso. Egli dovrà mediare tra le due parti fazioni in lotta; ci riuscirà? Miyazaki per la prima volta è scettico, visto che abbandona gli ideali utopici tipici della sua visione socialista che permeavano la sua precedente produzione. Il compromesso tra uomo e natura è possibile, ma esso è ottenibile solo al costo di duri sacrifici e l'equilibrio ottenuto si presenta fragile, visto che la forza dell'odio è difficile da annientare come è risulta dall'emblematico finale.
Tra progresso e tradizione Miyazaki non si esprime esplicitamente, ma alla luce di alcune scene chiave, si schiera decisamente a favore della tradizione. Da essa deriviamo e dobbiamo la nostra identità sociale e culturale. Per Miyazaki il popolo Giapponese (ma universalizziamo qualsiasi popolo), si è formato intorno a determinate tradizioni che hanno origini anche millenarie talvolta che non possono essere distrutte dal progresso, seppur esso risulti ammissibile a piccole dosi (vedere l'eccellente condizione femminile nel film).

 


Questa dicotomia tra tradizione e progresso, si evince anche dal punto di vista grafico, visto che ben il 10% delle scene del film è realizzato con l'ausilio della CGI (in gran parte usata per i demoni e le divinità). Le animazioni sono perfette, risultando fluide e curate in ogni minimo dettaglio, riuscendo a creare sequenze che si reggono in piedi anche solo per la loro impatto visivo.
La regia di Miyazaki risulta essere la migliore tra tutti i suoi film. Il regista da sfogo alla sua immensa crudeltà e cattiveria, non esitando a mostrare teste sgozzate o braccia tranciate, tutto questo non risulta spettacolarizzato poiché la guerra è mostrata a piccole dosi, con un interessante uso di ellissi che mostrano il prima e il dopo, mentre l'avvenimento centrale viene mostrato mediante flashback. Il regista fa saggio impiego di campi medi che sono densi di silenzio per contemplare la maestosità della natura.
Gli animali sono ben lungi dall'essere ritratti come creature buone, anzi sono bestie anche più dell'uomo, mostrando però una fierezza fuori dal comune e non a caso Miyazaki decide di inquadrarli dal basso verso l'alto per sottolinearne la maestosità. Il tutto è splendidamente accompagnato dalle musiche di Joe Hisaishi che permettono una contemplazione della natura rigogliosa.

 


Inutile dire che questo film presenta dei difetti non decisivi a minarne la grandezza, la quale resta intatta. Fondamentalmente la pellicola presenta nella prima parte dei problemi di ritmo, dovuti anche ad un montaggio non impeccabile in alcune sequenze che necessitavano di maggior coesione, il secondo problema è il finale, che risulta affrettato quando gli si poteva dedicare più tempo per sciogliere le varie vicende. Ultimo problema è la gestione non sempre impeccabile del personaggio di San, che talvolta sembra muoversi a convenienza dello sceneggiatore più che per utilità della storia, come nel caso della sua storia d'amore con Ashitaka sulla quale si ha da ridere, su come essa sbocci praticamente dal nulla nel giro di un paio di fotogrammi.
Nonostante tutto ci si ritrova innanzi ad un film che merita il suo stato di cult (incomprensibili le sole 2.5 stelline del Mereghetti perché "gli esperti del regista dicono che non sia tra i suoi migliori lavori"... da quando le recensioni si fanno in base al parere della vulgata o alle voci di corridoio?), capace di ammaliare qualunque spettatore ami il cinema ed è alla ricerca spasmodica di capolavori. Miyazaki abbandona finalmente le sue molte ingenuità e il suo talento sboccia definitivamente, tanto che il film è consigliato non solo ai soliti fan del maestro (visto che a loro piace tutto del regista), ma anche a chiunque cerchi il giusto punto di partenza per approcciarsi all'autore, visto che indubbiamente la pellicola si rivolge ad un target adulto.

 

scena

Principessa Mononoke (1997): scena

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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