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Trama

Sicilia, 1986. Caterina è una giovane insegnante di Cefalù, soddisfatta della sua vita. È felicemente sposata con Salvatore, un piccolo antiquario, e ha un figlio adoloscente, Luca, appassionato di calcio. Un giorno la sua tranquilla quotidianità viene interrotta da una convocazione del tribunale di Palermo. È stata sorteggiata come giurata popolare nel Maxiprocesso, istruito dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con il quale per la prima volta nella storia lo Stato italiano porta alla sbarra killer e capi mafia, accusati di aver costituito un'associazione criminale detta Cosa nostra sotto il controllo di un vertice chiamato "Cupola". Caterina è spiazzata: è un impegno gravoso e anche pericoloso, ma convinta dai giudici e spalleggiata dal marito accetta. E la sua vita ne esce stravolta. Deve lasciare il lavoro e recarsi ogni giorno nell'aula bunker di Palermo per assistere alle udienze. Davanti a lei sfila gente spietata responsabile di centinaia di omicidi di altri mafiosi e di gente qualunque. È un'esperienza che la sciocca profondamente. Ma soprattutto è il suo privato a non essere più lo stesso. Il figlio Luca, sentendosi trascurato, diventa aggressivo e ostile. Il negozio del marito viene vandalizzato dai mafiosi e l'uomo chiede alla moglie di lasciare il processo e tornare alla vita di prima. Caterina è spaventata, combattuta, sul punto di cedere, ma resiste. Grazie al sostegno di Giordano e Grasso, giudici del processo, all'amicizia di Rita, un'altra giurata, e al cambio di atteggiamento del marito e del figlio, che dopo le prime incomprensioni finiranno per supportarla, Caterina resta al suo posto fino alla fine, prendendo parte alla Camera di Consiglio che stabilirà, nel dicembre del 1987, pene pesantissime per gli accusati. Si tratterà di un colpo terribile alla mafia siciliana, inferto anche grazie al coraggio e al senso civico di Caterina.

Approfondimento

IL MAXIPROCESSO A PALERMO

Il Maxiprocesso tenutosi a Palermo nella seconda metà degli atti Ottanta è una pietra miliare nella lotta contro la mafia. La televisione e il cinema lo hanno raccontato più volte, affascinati dalle personalità dei suoi protagonisti, da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a Tommaso Buscetta. La docufiction Io, una giudice popolare al Maxiprocesso sceglie di farlo cambiando prospettiva, mettendo al centro del racconto una delle giurate popolari che hanno contribuito alle storiche condanne con cui il processo si è concluso: non un personaggio famoso, dunque, ma una persona comune, che si è trovata catapultata in un evento storico dimostrandosene all'altezza. Perché gli eroi non sono solo quelli che stanno sotto i riflettori, ma anche chi è chiamato a fare il proprio dovere civico e lo fa, superando la paura. Caterina, la protagonista, sintetizza nella docufiction il punto di vista delle tre giurate popolari Teresa Cerniglia, Maddalena Cucchiara e Francesca Vitale, che hanno vissuto in prima persona il Maxiprocesso e che si alterneranno nelle interviste ricordandoci che chiunque è in grado di superare i propri limiti in nome della giustizia. È il racconto di una vicenda drammatica, di alto senso civico, individuale, famigliare, senza mai perdere di vista il dialogo con la Storia.

La docufiction si avvale di un cast di prim'ordine, a cominciare da Donatella Finocchiaro e Nino Frassica, per la regia di Francesco Miccichè, e di interviste uniche e preziose ai protagonisti dell'epoca – dal pubblico ministero Giuseppe Ayala al Presidente della Corte Alfonso Giordano, passando per il giudice a latere Pietro Grasso fino ai membri della giuria popolare Maddalena Cucchiara, Francesca Vitale, Teresa Cerniglia e Mario Lombardo.

I filmati d'epoca inseriti sono stati forniti dalla Rai (Rai Teche e Rai Sicilia, che ha digitalizzato e conserva l'intero girato del Maxiprocesso); le foto e i titoli dei giornali mostrati fanno parte dell'archivio del quotidiano L'Ora di Palermo e sono stati forniti dalla Biblioteca Regionale Siciliana.

Gli innesti fiction e alcune interviste sono state girate dentro l'aula bunker, dove si è tenuta realmente la Camera di Consiglio del processo. Alcune riprese sono state realizzate nelle stanze di ristoro e in quelle in cui dormirono i giurati in quei 35 giorni.

 

Cenni storici

Dal 10 febbraio 1986 al 16 dicembre 1987 si svolse a Palermo quello che è conosciuto come Maxiprocesso, il più grande processo penale mai affrontato al mondo, che vide alla sbarra degli imputati 475 membri di Cosa nostra. Un evento storico senza precedenti perché, per la prima volta, lo Stato condannò i membri di Cosa nostra in quanto appartenenti ad un'organizzazione mafiosa unitaria e di tipo verticistico.

Il Maxiprocesso si svolse nell'Aula bunker del carcere Ucciardone, costruita appositamente per ospitare migliaia di persone tra imputati, avvocati, giudici, forze dell'ordine e giornalisti.

L'11 novembre 1987, dopo 349 udienze, gli otto membri della Corte d'Assise si ritirarono in camera di consiglio. La Corte era composta dai due giudici togati Alfonso Giordano e Pietro Grasso e da sei giudici popolari: quattro donne e due uomini. Fu la più lunga Camera di Consiglio che la storia giudiziaria ricordi: 35 giorni, durante i quali la Corte visse totalmente isolata dal mondo, lavorando a tempo pieno sul Maxiprocesso.

 

I numeri del Maxiprocesso

Documentazione: 750.000 pagine

Processo: 21 mesi, 638 giorni

Camera di consiglio: 35 giorni (387 ore)

Lettura della sentenza: 1 ora e mezza

475 imputati (scesi a 460 durante il dibattimento)

207 detenuti

349 udienze

346 condanne (74 in contumacia)

114 assoluzioni

19 ergastoli

2665 anni di carcere

900 testimoni e parti lese

200 avvocati difensori

16 giudici popolari (tra effettivi e supplenti)

3000 agenti delle forze dell'ordine

600 giornalisti da tutto il mondo

 

La Giuria Popolare

La scelta della giuria popolare per il Maxiprocesso si presentò come uno dei problemi maggiori da affrontare poco prima dell'inizio dei lavori. Quello che oggi sembrerebbe un normale comportamento civile da parte del cittadino, in quei giorni e con il clima di terrore creatosi a Palermo durante la guerra di mafia tra palermitani e corleonesi, appariva come una scelta coraggiosa e quasi incosciente.  Dei 50 cittadini invitati dallo Stato a comparire in tribunale, 37 non si presentarono neanche, altri arrivarono con un certificato medico. Da subito, però, le donne si dimostrarono le più coraggiose e con una coscienza civile che spinse la maggior parte di loro ad accettare l’incarico.

Teresa Cerniglia, Maddalena Cucchiara e Francesca Vitale, intervistate nella docufiction Io, una giudice popolare al Maxiprocesso, pur tra mille preoccupazioni, non ebbero dubbi su quello che era il dovere di ogni cittadino in quel momento: accettare l’incarico. La loro vita familiare e lavorativa fu stravolta per quasi due anni: ogni mattina lasciavano la loro casa, la loro famiglia, la loro quotidianità per presentarsi in tribunale dove spesso furono costrette ad ascoltare crimini atroci commessi dagli imputati. I fatti raccontati nella docufiction sono realmente accaduti alle giurate Cerniglia, Cucchiara e Vitale. Tutte subirono minacce e intimidazioni. Francesca Vitale insegnava e si occupava della galleria d'arte del marito, che venne distrutta in quei giorni da alcuni malviventi. Teresa Cerniglia era casalinga "una donna libera di fare tutto quello che mi veniva di fare" come racconta lei stessa. E, infine, Maddalena Cucchiara, anche lei casalinga, afferma "improvvisamente è cambiato tutto". Pur sapendo che rischiavano la vita, nessuna di loro venne meno al proprio dovere.

Curiosità

La parola al regista

"Io, una giudice popolare al Maxiprocesso è la ricostruzione e il racconto di un episodio cruciale della nostra storia contemporanea. La vicenda viene raccontata dall'inedito punto di vista dei giudici popolari. Pochi sanno infatti che il Maxiprocesso ha avuto, oltre ai giudici togati e ai pubblici ministeri, ben sedici giudici popolari (6 titolari e 10 supplenti) che hanno seguito un anno e mezzo di udienze e che hanno subito le stesse restrizioni e problematiche dei magistrati coinvolti. Questi giudici erano persone comuni, insegnanti, giornalisti, casalinghe, tutti siciliani, che si sono ritrovati dall'oggi al domani protagonisti della lotta alla mafia e sono riusciti con il loro impegno e la loro dedizione a rappresentare con successo la parte migliore della società siciliana, quella che con il processo voleva liberarsi dalla violenza e dai ricatti di Cosa nostra.

Dopo tanti anni di lavoro ormai mi sono convinto che i luoghi hanno un'anima. Ecco perché ritengo che quando è possibile nelle docufiction che realizziamo (personalmente questa è la sesta che realizzo per Rai Fiction) dobbiamo cercare di girare nei posti dove sono realmente avvenute le cose. Ecco perché per me, per tutta la troupe e gli attori è stato fondamentale girare nell'Aula Bunker di Palermo (dove come tutti sanno si è svolto il processo), nel luogo dove era la vera "camera della morte" (dove sono avvenuti molti omicidi di mafia di quel periodo), e parecchie scene a Cefalù (splendida cittadina da dove venivano tre dei giudici popolari).

Un tassello importante della nostra ricostruzione è stato l'incontro e le interviste con i "veri" giudici popolari che hanno partecipato al processo. Le signore Vitale, Cerniglia e Cucchiara, nonché il giornalista Mario Lombardo, a cui va un ricordo affettuoso dato che purtroppo ci ha lasciato proprio pochi mesi dopo la nostra intervista. La loro testimonianza è stata fondamentale per ricostruire i fatti, ma anche per dare concretezza e realismo a questo progetto.

Io credo che la storia della Sicilia e del paese si può distinguere in due momenti, prima e dopo il Maxiprocesso. Prima la mafia era solo qualcosa di cui si parlava, dopo le cose saranno diverse: si avranno le prove che Cosa nostra esisteva e che era stata responsabile di numerosi ed efferati delitti.

Sappiamo bene che quel processo è nato grazie al lavoro di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e del pool antimafia, sappiamo anche che senza le testimonianze dei pentiti Buscetta, Contorno e altri, il Maxiprocesso sarebbe stato impossibile. Ma pochi sanno, e questo noi raccontiamo, che senza quegli eroi silenziosi che sono stati i giudici popolari non sarebbe stato possibile celebrare quel processo e arrivare il 16 dicembre 1987 a severe ma giuste condanne.

Un'ultima annotazione va agli attori siciliani che hanno partecipato con passione a questo progetto. Un pensiero speciale va alla generosità di Donatella Finocchiaro, che ha sentito da subito il personaggio di Caterina come parte di sé, e a Nino Frassica che si è cimentato in un ruolo drammatico come solo i grandi comici sanno fare.

Devo confessare che mi era capitato anche con la docufiction Io sono Libero (che raccontava il sacrificio dell'imprenditore Libero Grassi) e con Paolo Borsellino - Adesso tocca a me. Il fatto è che ogni volta in cui si parla di lotta alla mafia, i siciliani (attori e troupe) partecipano con passione e impegno.

Ecco questa è quella parte di società siciliana che, esattamente come i giudici popolari del Maxiprocesso, continua ancora oggi la lotta a Cosa nostra. Perché non va dimenticato che allora fu inferto un duro colpo alla violenta mafia dei Corleonesi, ma ancora oggi, in altre forme e in altri modi, la mafia esiste, ha solo trovato forme diverse di esercitare la propria pressione sulla Sicilia e sul Paese".

Note

Ricorrendo a un mix di fiction, immagini di repertorio e testimonianze, si ricostruisce il più grande processo penale nella storia d'Italia.

Commenti (3) vedi tutti

  • Tanto di cappello a queste persone che si trovarono per caso nella giuria del processo più grande e famoso contro la mafia e che portarono a termine un compito difficile, pesante e rischioso. Docufilm ben fatto, coinvolgente e interessante

    commento di Artemisia1593
  • Film-Documentario ovviamente importante e di stretta Attualità e anche bene Interpretato.voto.6.

    commento di chribio1
  • Un Film documentario, costruito benissimo, molto istruttivo e coinvolgente; su aspetti storici, in cui noi italiani (ahiNoi!), avremmo volentieri voluto ... non appartenervi!!! La visione scorre con molta leggerezza e gli interventi in formato documentaristico, presenti all'interno, sono di grande aiuto per meglio "comprendere" la pesante tematica

    commento di Thrilleroso
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mm40 di mm40
6 stelle

La storia di Caterina Parisi, insegnante scolastica chiamata nel 1986 a partecipare in veste di giudice popolare al maxiprocesso che scosse l'universo della mafia siciliana. La donna, non senza preoccupazioni per sé e per la sua famiglia, accettò l'incarico e si ritrovò ad assistere a scene raccapriccianti fuori e dentro l'aula-bunker. Uno dei capitoli più… leggi tutto

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2023
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