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2001. Odissea nello spazio

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su 2001. Odissea nello spazio

di noodless94
10 stelle

Locandina

2001. Odissea nello spazio (1968): Locandina

Il big bang, il film che ha distrutto e ricostruito i canoni del genere "fantascienza. 2001: Odissea nello spazio è un film affascinante, criptico, a tratti incomprensibile. Ti rimane impresso, ti frulla nella testa per giorni e giorni. Cerchi di dare un significato a tutto ciò che hai visto e che non riesci a dimenticare. Ma, forse, è meglio fidarsi dell'artefice di tale capolavoro, quel Stanley Kubrick, che in merito alla sua opera disse :"Siete liberi di speculare sul significato filosofico e allegorico del film - e tale speculazione è indice che esso ha fatto presa sul pubblico a un livello profondo - ma io non voglio precisare una chiave di interpretazione di 2001 che ogni spettatore si sentirà obbligato a seguire, altrimenti lui (lo spettatore) penserà di non aver colto il punto". E allora ti lasci ammaliare da ogni fotogrammo, libero di dare un'interpretazione che, mai come in questo in film, è più personale che altro. Ma per una corretta riflessione è giusto partire dalle origine, dall'alba dell'uomo, proprio quella da cui parte il film. 

 

 

L'alba dell'uomo 

 

Kubrick parte dal passato, dalla preistoria dell'uomo. In realtà l'uomo non esiste ancora. Il mondo è popolato da animali e scimmie, i nostri antenati. Quest'ultime lottano tra loro per sopravvivere, ma sono ancora incapaci di formulare un pensiero. Questo manca per divenire uomini. Serve superare i propri limiti, andare oltre, per poter finalmente raggiungere un nuovo livello. Ed è proprio in questo momento, in cui la capacità di umana è incapace di spiegare come sia avvenuto il passaggio, che Kubrick s'inventa uno degli oggetti più famosi della sua intera filmografia: Il monolito. 

Misteriosamente, esso compare sulla terra, entrando in contatto con gli esseri viventi presenti in quel momento, ovvero le scimmie, nostre antenate. Il contatto con il monolito permette alla scimmia di formulare il primo pensiero. In una delle scene più famose del film, un normale osso diventa uno strumento per ferire, per sovrastare i propri simili, un'arma in tutti i sensi. 

scena

2001. Odissea nello spazio (1968): scena

 

I limiti sono stati superati, evidenziati dalla musica di Strauss, Also sprach Zarathustra, che si rifà all'opera omonima del filosofo tedesco Nietzsche, che nella sua opera maggiore preannuncia il cosidetto superuomo, un uomo che ha superato i propri limiti, divenendo dunque un superuomo(male interpretato, la teoria del superuomo venne usata dai nazisti per giustificare i loro comportamenti durante la seconda guerra mondiale). Questo sembra accadere nel film di Kubrick, la prima trasformazione è avvenuta. La scimmia, da animale non pensante, si è trasformato in uomo, l'essere razionale per eccellenza. Qui, con un salto temporale a dir poco geniale, kubrick vola fra milioni di anni della storia dell'uomo, e giunge nello spazio. Si apre così la seconda fase del film. 

 

TMA-1

Dalla preistoria alla contemporaneità nel giro di pochi secondi. Comincia così la seconda parte del capolavoro fantascientifico di Stanley Kubrick. Una navicella danza, nel vero senso della parola, nell'universo. Ancora sulle note di Strauss, questa volta viene usata "Sul bel Danubio blu", in una danza armoniosa, l'uomo è giunto nello spazio, ha colonizzato la Luna, e da questa pianifica i suoi futuri progetti. Il dottor Heywood Floyd, presidente del Comitato Nazionale per l'Astronautica americano, è chiamato in missione su una base lunare dove è stato scoperto un grande monolito nero sotterrato ad arte in tempi remoti. Floyd tiene un breve incontro con altri scienziati e poi viene accompagnato a visitare lo scavo con il monolito, nel buio della notte lunare quindicinale. Mentre gli astronauti posano davanti all'artefatto per delle fotografie, esso viene colpito dai primi raggi di sole dell'alba lunare ed emette un forte segnale radio nel cosmo (dopo essere rimasto inerte per quasi 3 milioni di anni)

scena

2001. Odissea nello spazio (1968): scena

 

Missione Giove 

Diciotto mesi, siamo dunque nel 2001, un gruppo di astronavi è in viaggio verso Giove. Tra questi vi è anche HAL 9000, supercomputer dotato di un'intelligenza artificiale, in grado di interloquire con gli esseri umani, che ha il compito di controllare il procedere della missione. Hal 9000 ha la fama di essere un computer infallibile, quindi è per lui impossibile sbagliare. Si apre un nuovo argomento: il rapporto tra l'uomo e la tecnologia. Immersi nell'era tecnologica, noi, uomini del XXI secolo, viviamo sulla nostra pelle il rapporto con gli strumenti tecnologici. Su questo tema Clarke e Kubrick erano stati troppo ottimisti: oggi sappiamo che i computer del 2001 sono ben lontani dal traguardo dell'intelligenza artificiale. L'unica previsione realizzatasi alla lettera è quella che i computer sono capaci di battere gli uomini nel gioco degli scacchi. Il tema, molto caro al regista, verrà ripreso successivamente, ma la morte giungerà prima che Kubrick possa mettere in vita la sua opera cinematografica (toccherà a Spielberg completarla). 

Hal 9000 è il simbolo della razionalità, del limite che l'uomo si pone quando, costretto da leggi che lui stesso ha creato, si ritrova a dover adempiere al proprio compito senza potersi opporre, senza essere in grado di pensare a come opporsi. Mi permetto di scomodare una grande filosofa del 900, quella Hannah Arendt che, di fronte alle risposte fornite dai nazisti durante il processo di Gerusalemme, definì i loro comportamenti "banali", da cui poi il celebre scritto "La banalità del male". I nazisti sottostavano agli ordini, incapaci di opporsi a tale comando imposto dall'alto. Anche Hal è incapace di opporsi agli ordini ricevuti, e anche se il paragone con i nazisti è un filino azzardato, ci può servire a capire il comportamento del supercomputer. Hal 9000, che pur di portare a termine la sua missione uccide 4/5 dell'equipaggio, viene disattivato da David. Hal dapprima lo implora di fermarsi dicendo di sentirsi molto più sicuro di sé e poi inizia a dare prova che la sua mente sta regredendo allo stadio infantile, riesumando antichi ricordi e discorsi. Appena prima della totale disattivazione del computer, si avvia una registrazione audiovisiva destinata all'equipaggio della nave (che avrebbe dovuto essere visualizzata all'arrivo nella zona di Giove se tutto fosse andato bene), in cui il dottor Floyd svela il vero obiettivo della missione, inizialmente noto solo al calcolatore e ai membri ibernati, citando il monolito trovato sulla Luna diciotto mesi prima della partenza. Il segnale radio emesso in direzione di Giove avrebbe quindi spinto a modificare la missione, da una semplice esplorazione scientifica all'indagine di fenomeni extraterrestri.

scena

2001. Odissea nello spazio (1968): scena

 

 

Giove e oltre l'infinito

L'ultima parte del film è forse la più enigmatica. Attraverso il viaggio ai confini dell'universo di David, assistiamo a un susseguirsi di colori e di immagini psicadeliche, accompagnati da una colonna sonora altrettanto psicadelica. Concluso il viaggio, David si ritrova catapultato con la sua navicella all'interno di una stanza chiusa, arredata in stile impero.Sconvolto dall'esperienza, l'uomo esce dalla capsula mette piede nella camera, dove trova un letto matrimoniale e del cibo. Potendo soddisfare i suoi bisogni primari, l'astronauta sopravvive per un giorno nella sua nuova dimora, in solitudine e in totale tranquillità. Incomprensibile da un'intelligenza umana è il ruolo dello spazio e del tempo: David si trova a esistere contemporaneamente in punti diversi e a diverse età, vedendo sé stesso invecchiare e seguendo da molteplici punti di vista i diversi stadi della propria vita. A fine giornata, allo stato massimo della sua vecchiaia, David, sdraiato nel letto, vede davanti a sé il monolito e cerca di toccarlo, per poi rinascere in forma di enorme feto cosmico, il Bambino-delle-Stelle che scruta la Terra dallo spazio. Nuovamente la musica di Strauss, Also Sprach Zarathustra, accompagna il bambino nell'ultimo stadio della sua evoluzione. 

scena

2001. Odissea nello spazio (1968): scena

 

Il finale criptico, lascia spazio a nuovi dubbi e nuove interpretazioni. Ci sono nuove domande e nuove quesiti. La bellezza di questa film, intatta dopo 50 anni compiuti proprio oggi, è tutta lì: nel far continuamente riflettere lo spettatore, indurlo a capire, a porsi nuove domande a cui dovrà necessariamente dare una risposta. Leggendo il libro di Nietzsche, da cui Kubrick sembra maggiormente ispirarsi e trarre giovamento per le sue idee, si evincono nella parte finale due temi riconducibili al film. La questione del tempo. Nietzsche, usando la figura di Zarathustra, scrive :- Tutto ciò durò lungo tempo o anche breve tempo: poichè a dire il vero per simili cose su questa terra il tempo non esiste. - Così come accade a David, che vede trascorrere la sua vita in istanti, il tempo non esiste, è solo un'invenzione, una nostra percezione. Nella mezzanotte del suo ultimo giorno da uomo, David disteso sul letto, prova a toccare ancora una volta il monolite presente al centro della stanza. Esso, come già successo nel film, è il modo in cui gli uomini superano i propri limiti, raggiungendo un nuovo stadio dell'evoluzione. A tal proposito, nell'ultima pagina del libro, Nietzsche scrive :- Orsù, il leone è venuto, i miei figli sono vicini, Zarathustra è maturato, la mia ora è venuta. Questo è il mio mattino, il mio giorno incomincia: alzati, alzati, alzati gran meriggio. Così parlò Zarathustra e abbandonò la sua spelonca, ardente e forte come un sole mattutino che esce da scure montagne. - Nell'alba del nuovo giorno, David fuoriesce dal suo stato precedente, e ammira l'intero pianeta. Egli è finalmente divenuto un bambino, pio, libero dai pregiudizi e dai doveri della società e della civiltà. Così come nell'ultima fase dell'evoluzione umana, in cui Zarathustra pone il bambino (dopo aver superato la fase del cammello e del leone), così Kubrick completa la sua opera immortale, con un'immagine suggestiva che non può far altro che suscitare grandi emozioni a colui che la guarda. 

scena

2001. Odissea nello spazio (1968): scena

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