Espandi menu
cerca
2001: Odissea nello spazio

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

Recensioni

L'autore

wundt

wundt

Iscritto dal 19 luglio 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 10
  • Post -
  • Recensioni 192
  • Playlist 90
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su 2001: Odissea nello spazio

di wundt
10 stelle

L'opera, forse, più importante di tutti i tempi prende forma nel dicembre 1965 ancorché l'idea a Kubrick venne qualche anno prima (pare, nell'estate 1959). "2001: Odissea nello spazio", che "vanta" due lunghi anni di post-produzione, esce negli Usa nell'aprile 1968, e in italia nel dicembre dello stesso anno (siamo in pieno '68: anno di rivoluzioni sociali, politiche ed artistiche). In America la critica lo definisce, salvo sporadiche eccezioni, il primo "flop" di Kubrick (reduce, effettivamente, da pellicole di grande successo), e le prime reazioni del pubblico paiono tiepide e negative: il film viene accusato di lentezza e incomprensibilità (questa seconda "accusa", oggi inconcepibile, può essere avvalorata dal misterioso finale che rappresentava per l'epoca qualcosa di tanto ardito quanto mai visto), eppure, seppur lentamente, il film racimolava pubblico e, finalmente, consenso. A conti fatti si trattò di un trionfo, ed ebbe il merito di dividere il cinema in un prima e in un dopo, come accadde nel 1941 all'Orson Welles di "Quarto potere" e, in tempi più recenti, al Tarantino di "Pulp Fiction" (1994). 

 

Ispirato ad un racconto di Arthur C. Clarke (collaboratore di Kubrick), il film nasce per essere proiettato in Cinerama (il formato tipico delle grandi realizzazioni cinematografiche) e narra le vicende di un alieno artefatto ritrovato sulla Luna. Non è l'eroe il protagonista dell'opera (Keir Dullea) bensì l'evoluzione della razza umana dalla scimmia a superuomo, guidata da una misteriosa intelligenza extraterrestre (che oggi pare molto vicina all'attuale AI). Il pubblico del 1968 non era pronto a un tale film, o meglio non lo era il pubblico più adulto: raccolse consenso soprattuto tra i giovani che ne colsero una specie di trip lisergico tipico dei sintomi causati dall'LSD. Così come paiono del tutto inconsueti e innovativi gli effetti speciali, arditi, spesso allucinogeni, oltre ad alcune scene stilistiche totalmente rivoluzionarie. La prima mezz'ora è ambientata nella preistoria, al tempo in cui le scimmie dominavano la Terra e l'uomo nemmeno esisteva. Mezz'ora di cinema muto, tra primati che emettono versi cacofonici e un paesaggio che assomiglia molto, se non totalmente, ad una landa desolata e abbandonata. Quello scatto di montaggio in cui l'osso lanciato da un gorillone si trasforma in altro (lasciamo la sorpresa allo spettatore ancora "vergine") è uno dei momenti di cinema più alti che siano mai stati realizzati (ma già l'idea del monolite futuristico ritrovato dalle scimmie nella preistoria potrebbe bastare come segno di genialità visiva e concettuale). 

 

Se "Quarto potere" aveva "seppellito" tutto il cinema precedente creandone uno nuovo, la stessa cosa accade col film di Kubrick. Appare evidente che anche un cinema definito fino a quel momento "leggero" come la fantascienza (che già, in verità, era stata a tratti fantascienza politica, si pensi a "L'invasione degli ultracorpi" di Don Siegel, 1956) poteva essere ora connotata da implicazioni filosofiche di livello massimo, tra Hegel e Nietzsche. 

 

Bill Krohn, nel suo volumetto "Stanley Kubrick" (Cahiers du Cinema, 2007) ne descrive bene le astrazioni filosofiche: "[...] Per Stanley Kubrick il Sublime non va distinto dal Perturbante, ossia quella sorta di propaggine moderna del "piacevole orrore" coltivato nel corso del XVIII secolo [...] Come Franz Kafka, il regista preferisce al Perturbante l'uso di modalità estetiche tradizionali e, come Kafka, egli è intuitivamente gnostico. [...] lo gnosticismo occupa un ruolo [...] più rilevante nei film di Kubrick, fino a raggiungere il culmine in 2001 dove l'universo è rappresentato come un deludente labirinto attraverso il quale l'uomo, [...], deve trovare la strada che gli permetterà di diventare una cosa sola con il Dio Alieno che risiede al di fuori della creazione materiale e contro la quale è schierato".

 

Certamente lontanissimo dalla fantascienza lucasiana di "Star Wars" (che è meta-cinema e opera ludica in primis), "2001: Odissea nello spazio" rappresenta una sorta di movimento artistico a sé che porta dallo "Zarathustra" di Richard Strauss (la celeberrima colonna sonora abbondantemente utilizzata da Kubrick nel film) alle visioni lunari e futuristiche di Clarke: nel mezzo il cinema. Un cinema che, nel 1968, possedeva ancora quella forza magnetica (o respingente) di ammaliare il pubblico e far discutere gli intellettuali (molti, forse anche troppi, i saggi simil-filosofici che hanno tentato di spiegarne ogni minuziosa implicazione narrativa). Eppure, molti anni dopo, fu lo stesso Kubrick a stupire (come sempre) tutti: 

 

"L'idea doveva essere che Bowman [Keir Dullea, ndr] fosse preso da entità simili a Dio, creature di pura energia e intelligenza senza forma nè corpo. Lo inseriscono in quello che suppongo voi possiate descrivere come uno "zoo umano" per studiarlo, e tutta la sua vita passa da quel momento in quella stanza. E lui non ha alcuna percezione del tempo" (S. Kubrick)

 

Trovo azzeccata la secca definizione che ne dà il Morandini: "[...] Continua a essere il film di SF più inquietante, adulto, stimolante e controverso che sia mai stato fatto, senza contare il suo fascino plastico-figurativo e sonoro-musicale". 

 

Vinse 1 Oscar (migliori effetti speciali, a cui collaborò persino Douglas Trumbull) ma venne surclassato dal modesto musical "Oliver" (di Carol Reed) che si portò a casa i premi principali. Ad imperitura dimostrazione di come, spesso, l'Oscar valga poco o niente. 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati