Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
2001 : Odissea nello spazio, è un film dalla forte dimensione sensoriale, cosmica, immersiva. Kubrick lo aveva progettato come un'esperienza più prossima a un rito o a un viaggio percettivo che a un racconto. Un'opera sulle forme, i colori e i movimenti, e sull'assemblaggio di questi elementi. Insomma, un'opera sul cinema.
Il film è costruito come una successione di blocchi narrativi autonomi, ciascuno con un proprio tempo, luogo, figure umane e composizione visiva, ma uniti da un filo conduttore tematico e simbolico — il misterioso monolito e il tema dell’evoluzione della coscienza e dell’intelligenza.
1. L’alba dell’uomo: un prologo preistorico che racconta la nascita dell’intelligenza attraverso la violenza.
2. Viaggio verso la Luna: un episodio di pura fantascienza tecnologica, con tono quasi documentaristico.
3. Missione verso Giove: la sezione con la nave Discovery One e HAL 9000, più narrativa, con elementi di suspense e conflitto.
4.Giove e oltre l’infinito: l’episodio finale, visionario, astratto, quasi mistico.
Ogni episodio si chiude e si apre con una netta cesura (ricordiamoci dell'ellissi temporale più radicale della storia del cinema: quel montaggio connotativo che trasforma l’osso in satellite). La continuità del senso non è data, quindi, dal racconto lineare, ma dal pensiero e dal simbolismo.
In questo senso, la struttura episodica si avvicina più a una suite musicale o a un poema epico (proprio come l'Odissea di Omero) che a un racconto classico con progressione drammatica e psicologica. Ogni segmento è un canto dell’“odissea” dell’uomo verso il trascendente.
Kubrick spezza l’unità narrativa tradizionale per costruire un discorso filosofico attraverso frammenti, ellissi e salti evolutivi.
È una struttura, si potrebbe dire, paratattica, che giustappone cioè episodi autonomi senza costruire tra loro un forte legame di subordinazione causale. L’unità è tematica, non drammatica.
I personaggi, infatti, non sono portatori di arco drammatico, non hanno un’evoluzione psicologica che attraversa l’intero film. Forse non sono nemmeno personaggi. Ogni episodio, semplicemente, ha le sue figure specifiche, che nascono e poi scompaiono all’interno del proprio segmento narrativo. L’uomo preistorico, il dottor Floyd, gli astronauti Bowman e Poole, e infine lo Star Child sono manifestazioni diverse dello stesso principio: l’Uomo, nel senso universale del termine.
È come se l’intero film raccontasse la storia di qualcosa: la coscienza.
E ogni episodio ne rappresenta una tappa — la nascita (l’uomo preistorico), la maturità tecnologica (l’era spaziale), e infine la trasfigurazione (il viaggio oltre Giove).
L’identità di queste figure è sacrificata per lasciare spazio all’idea : una successione di stati dell’essere, di momenti dell’evoluzione cosmica.
È il massimo grado di astrazione cinematografica possibile, è uno dei massimi raggiungimenti cinematografici di sempre.
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