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La scuola cattolica

Regia di Stefano Mordini vedi scheda film

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La recensione su La scuola cattolica

di diomede917
4 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: LA SCUOLA CATTOLICA

 

Presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Venezia e finito al centro di un acceso dibattito con la Commissione censura che ne ha sanzionato il divieto ai 18 anni, esce al cinema La scuola cattolica di Stefano Mordini.

Nonostante per tutti sia il film sul Massacro del Circeo, io invece vorrei evidenziare che la pellicola è la trasposizione cinematografica del romanzo fiume di Edoardo Albinati vincitore del Premio Strega.

E’ molto importante sapere questo perché è essenziale ai fini del giudizio finale del film.

In primo luogo, perché è un’impresa ardita quella di sintetizzare in 105 minuti più di 1300 pagine di carta e in secondo luogo perché la tragedia che vide morire Rosaria Lopez e segnare per sempre la vita di Donatella Colasanti dalle violenze subite ad opera di 3 ragazzi della “Roma Bene” è più un modo per raccontare e denunciare una società borghese violenta e fondata su un perbenismo di facciata che spesso si nascondeva nelle scuole di matrice cattolica.

Il messaggio appare ben chiaro fin dall’inizio: “Era il 1975 e la violenza era all’ordine del giorno”, “Nascere maschi è una malattia incurabile”. E il film così come il romanzo è raccontato in prima persona, è visto dagli occhi di chi apparteneva a quella classe sociale, di chi frequentava quella scuola, di chi viveva di riflesso quella cultura maschilista che distingue gli uomini in due: chi sottomette e chi viene sottomesso, di chi si chiede come mai due studenti più grandi di quell’istituto siano stati in grado di compiere un atto di grande e nichilista violenza.

Purtroppo, nonostante tutte queste premesse il regista Stefano Mordini non riesce a realizzare un film che poteva essere uno spaccato rabbioso della Peggio Gioventù, tirata su da una Mala Educacion che era presente sia a casa che dentro le mura preposte a formare la futura classe dirigente.

La ricerca della nascita del Male è trattata in modo superficiale e i compagni di classe di Albinati e le relative famiglie escono veramente al limite dello stereotipo e del cliché.

E così abbiamo la famiglia di Arbus compagno freddo, cinico e calcolatore con padre docente universitario omosessuale represso che si alterna tra famiglia perfetta e rapporti con i suoi studenti;

Gianni Guido, uno dei tre aguzzini del Circeo, che ha come modello un padre che lo prende a cinghiate ma che al tempo stesso corrompe il preside con donazioni per nascondere le sue marachelle violente;

Abbiamo la classica famiglia da Comunione e Liberazione che sforna figli a gogo ma che reprimono al tempo stesso i propri istinti sessuali e abbiamo l’ex attrice disillusa con figlio ritardato che sfoga la sua Ninfomania nascosta (cosa tipica della filmografia anni 70) con rapporti sessuali con gli studenti della Scuola.

E gli stessi professori sono dispensatori di valori violenti e amorali che mettono sullo stesso piano vittima e carnefice, Preti che insegnano la Cultura Cattolico ma che allo stesso tempo vanno a prostitute.

E dove lo stesso sesso è visto come simbolo di potere e sottomissione soprattutto se la donna appartiene a realtà sociali distanti dalla propria.

Purtroppo, Mordini non scende in profondità, tutto è scollegato non sfruttando a pieno l’intero cast che fa soltanto da contorno.

La scelta del salto temporale impazzito che fa da countdown ai famosi 20 minuti del massacro risulta sbagliata, in primis perché non approfondisce il contesto socioculturale di riferimento e secondo luogo inducendo lo spettatore a guardare l’orologio per capire quanto manca alle fatidiche scene.

Ed è un vero peccato visto che proprio il massacro viene trattato con molto rispetto, la violenza è tutta sullo sfondo, è nell’aria. È un avvenimento che ormai tutti conoscono e invece di indugiare sui particolari violenti è tutta giocata sullo sguardo dei protagonisti interpretati molto bene da Benedetta Porcaroli, Giulio Pranno e Luca Vergoni che fa un Angelo Izzo impressionante.

La vera domanda che uno si fa è che cosa sarebbe venuto fuori se il restante materiale raccontato da Albinati nel suo libro fosse stato trattato da un regista come Marco Tullio Giordana o Marco Bellocchio?

Credo che avremmo assistito ad un’opera diversa rispetto a questo film senza capo ne coda, un’opera che avrebbe avuto il coraggio di mostrare la vera violenza di quegli anni anziché un film sostanzialmente mediocre.

Voto 4

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