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Meander

Regia di Mathieu Turi vedi scheda film

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La recensione su Meander

di alan smithee
5 stelle

TRIESTE SCIENCE + FICTION FESTIVAL 2020
Lisa sta percorrendo a piedi un tratto di strada in un luogo senza anima viva, e quando accetta un passaggio da uno sconosciuto, per lei iniziano i guai seri.
Si risveglia dentro un cunicolo, con al polso un sofisticato braccialetto che le impone un conto alla rovescia che non promette nulla di buono.

Atterrita, in reda al panico, la ragazza inizia a percorrere un sentiero tortuoso che scoprirà, spesso sulla propria pelle, essere punteggiato di trappole, tranelli sempre più sadici e sofisticati, in cui ha anche modo di constatare che la misteriosa struttura è servita anche per imprigionare altre vittime, alcune delle quali chiaramente non ce l'hanno fatta, come dimostrano in modo macabro le tracce indelebili del loro passaggio.
Di pericolo in pericolo, la trappola in qualche modo aguzzerà l'istinto da combattente che Lisa nemmeno sapeva di possedere, avviandola verso una soluzione che si rivelerà ipotetica ed eventuale non meno delle precedenti trappole che invece hanno visto la donna trasformarsi da preda in vincitrice.

Meandre, horror francese spesso efferato e ad incastro del giovane regista Mathieu Turi, non può ricordare certi meccanismi sadici già ampiamente collaudati da film culto come The Cube del canadese Vincenzo Natali o il recente e notevole spagnolo a base culinaria El Hoyo, ma si dimostra efficace nel saper condurre la protagonista-cavia lungo un percorso di trappole e violenze che riescono degnamente a celebrare i rituali insiti nel genere di appartenenza del piccolo film.
Nulla di nuovo dunque, né tantomeno di strabiliante, ma l'inevitabilmente claustrofobico Meandre, forte di una interprete di piglio, oltre che piuttosto attraente, come è Gaia Weiss, ha l'innegabile qualità di lasciarsi guardare con una certa macabra, incalzante attenzione dall'inizio alla fine. E ciò in fondo non è affatto poco.    
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