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Febbre di vivere

Regia di George Cukor vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Febbre di vivere

di obyone
7 stelle

 

Katharine Hepburn

Febbre di vivere (1932): Katharine Hepburn

 

Raccontano gli annali che Leland Hayward, talent scout per conto di RKO, fosse davvero deluso dal viaggio a New York e che stesse organizzando il rientro a Los Angeles quando uno strillone lo convinse ad acquistare un biglietto per l'opera teatrale "The Warrior's Husbund". Fino a quel momento Broadway non gli aveva riservato alcuna soddisfazione e così, riluttante ma pur sempre speranzoso, decise di darsi un'ultima chance ed assistette al mediocre spettacolo. Fu un'epifania poiché se ne tornò ad Hollywood con una giovane attrice dall'aspetto efebico ed alquanto stravagante che in quelle due ore aveva messo in mostra quello che il fiuto di Hayward aveva catalogato come talento. Se Hayward rimase affascinato dall'aspetto della ragazza e turbato dalla scia di "fallimenti" messi in fila a Broadway, l'arrivo agli studios della giovane attrice, a bordo di una vecchia macchina di scena, già utilizzata in "Grand Hotel" da Greta Garbo, fece ancor più impressione al punto che Myron Selznick, davanti al capello corto, ai pantaloni sfoggiati e alle zeppe altissime, apostrofò il fratello David chiedendo "e noi spendiamo 1.500 euro a settimana per "questo"?

George Cukor, però, che le fece il provino per "A Bill of Divorcement" facendole recitare la parte di "Holiday" ne rimase incantato al pari di Hayward ed insistette per coinvolgerla nel nuovo progetto della Major. Se la somma di 1.500 dollari a settimana non permetteva alla giovane donna di rifiutare l'offerta, per la RKO tale somma risultava un investimento tollerabile per una debuttante, qualunque fosse stato l'esito della pellicola.

Fu così che una giovane e sconosciuta attrice di nome Katharine Houghton Hepburn abbandonò i freddi inverni newyorchesi per le assolate spiagge californiane dove rimase ben più di un inverno. Sbarcata alla corte dei Selznick, Hepburn ottenne la parte in "A Bill of Divorcement" e successivamente un contratto con RKO.

Ci volle un po' affinché si formasse la giusta alchimia ma da quel giorno Cukor ed Hepburn diedero vita ad un sodalizio artistico duraturo che fu accompagnato, per giunta, da una lunga e, lì per lì, inattesa amicizia. Fu, dunque, il regista di origini ungherese a dar vita al mito di Katharine Hepburn e fu "Febbre di vivere" (questo il titolo italiano del film uscito nel 1932 negli Usa) a dare alla venticinquenne il ruolo che sarebbe diventato marchio di fabbrica della sua longeva carriera, ovvero quello della donna indomita e indipendente.

Katharine Hepburn dimostrò di essere coriacea quanto il suo personaggio, sin dal primo ciak. Aveva la tempra adatta per sostenere l'ego smisurato del protagonista, il leggendario John Barrymore. Quando Hepburn, sfiancata dall'atteggiamento del collega, arrivò ad affermare che non avrebbe più recitato con lui, Barrymore rispose sarcastico chiedendo quando mai l'avesse fatto. Nonostante le scaramucce e le parole al vetriolo del divo la giovane attrice parò ogni critica rimandando tutto al mittente.

In verità Hepburn, che interpretava la giovane Sydney Fairfield, tenne testa al cinquantenne divo del muto con una varietà di atteggiamenti ed espressioni che rasentavano la parodia dello stesso "re di Broadway".

Nella pellicola di Cukor, Barrymore è Hilary Fairfield, padre di Sydney, uscito dal manicomio pochi giorni prima del matrimonio della (ex) moglie Margaret (Billie Burke) con l'aitante Gray (Paul Cavanagh). La stessa Sydney è in procinto di capitolare dinnanzi alla proposta del giovane fidanzato Kit (David Manners) ma lo scombussolamento causato dall'inatteso ritorno a casa di Hilary mette, involontariamente, luce sui segreti della famiglia.

Il film di Cukor è un Kammarspiel davvero solido girato nella villa di Hilary e della sorella Hester (Elizabeth Patterson). Se si esclude la sequenza introduttiva in cui i personaggi si muovono all'interno di una caotica festa e sfuggono all'unicità di luogo con un incontro galeotto in giardino, il resto del film è completamente ambientato al piano nobile della casa dove i personaggi si alternano continuamente in modo da garantire a Cukor il pieno controllo degli attori. Con i personaggi che vanno e vengono, infatti, il regista si può concentrare su pochi personaggi alla volta e conferire alle sequenze il carico di drammaticità che solo un vis-à-vis può garantire. Si assiste dunque ad una serie di duetti tra cui cui spiccano il sofferto commiato di Sydney al fidanzato e la dolceamara sequenza al pianoforte tra padre e figlia. Pur essendo calibrato il minutaggio tra i principali personaggi (Sydney, Hilary, Margaret), è piuttosto evidente che al centro del dramma vi è la figura della ragazza in quanto saranno le sue azioni ad indirizzare la storia. E saranno i confronti con la zia e con il dottore, in particolare, a influenzarne il destino.

È Sydney ad estorcere la verità sulla malattia del padre; è sempre lei a mettere alle porte Kit dopo l'opportuno confronto col medico sulla possibile ereditarietà del disturbo psichico. Sempre a Sydney spetta il compito di liberare la madre dal fardello dell'inatteso ritorno di Hilary.

Il sondino di Cukor scende negli alveoli più reconditi della paura e racconta una storia che svela il tabù della malattia mentale e delle possibili conseguenze sulla discendenza di chi ne è affetto. Le azioni di Sydney sono volte a scongiurare la trasmissione ereditaria della malattia e per questo la giovane ma già matura ragazza prende una serie di decisioni davvero sofferte che mettono in mostra coraggio e forza interiore.

Il film si sofferma, inoltre, sulla vergogna che il disturbo mentale porta ai famigliari, più preoccupati a nascondere e giustificare le azioni del malato che ad assisterlo nel bisogno. Qui è la guerra a dare un comodo ed inaspettato alibi alla pazzia di Hilary e all'atteggiamento di casa Fairfield. Ma non c'è niente di cui stupirsi, in fondo. Ancora oggi i disturbi mentali fanno paura e tendono ad essere nascosti agli occhi altrui per paura dello stigma sociale.

Il racconto di Cukor, davvero sofferto, è sempre attuale e si muove bene tra le complessità della vita grazie ad un'analisi rotonda delle personalità, dei desideri e delle aspettative di ciascun personaggio. L'unica perplessità è causata dalla necessità di accettare la miracolosa guarigione clinica del paziente. Ma scavalcato l'ostacolo del pretesto narrativo lo sviluppo è coinvolgente e la descrizione del contesto coraggiosa quanto indulgente nei confronti di un'umanità sconfitta dalle vicissitudini della malattia.

È evidente quanto Cukor abbia a cuore i propri personaggi e ne interpreti i bisogni lasciando a Sydney il ruolo salvifico della donna che si immola sull'altare del bene familiare pur negandosi ai suoi compiti sociali ovvero matrimonio e maternità.

Katharine Hepburn iniziò così la sua carriera di attrice cinematografica, con un film profetico che parlava di pazzia, un tragico tema a cui la giovane donna aveva dovuto scontrarsi sin da giovane con i suicidi di un nonno, di uno zio e con la morte funesta del fratello da lei stessa trovato attaccato ad una corda. Profezia e missione di una diva. (V.O.S.)

 

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Katharine Hepburn, John Barrymore

Febbre di vivere (1932): Katharine Hepburn, John Barrymore

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