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La guerra di domani

Regia di Chris McKay vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La guerra di domani

di lussemburgo
4 stelle

C’è molto passato in questo film ambientato nel futuro, tanto cinema visto e rimasticato, convulsamente assemblato per costruire una trama altalenante e quasi mai avvincente, con innesti confusi dalle fonti più disparate senza che l’insieme si trasformi in un film vero e proprio.

Come in ogni trama che coinvolge viaggi temporali, il paradosso è dietro l’angolo; poiché la sua spiegazione è sempre ardimentosa e apre varchi filosofici che è meglio ignorare, La guerra di domani prevede che viaggino nel futuro soltanto persone già morte alla data d’arrivo così da non potere incontrare il se stesso alternativo e creare confusione o micidiali cortocircuiti metanarrativi (come ampiamente e genialmente spiegato in Ritorno al Futuro).

Ma l’originalità del film si ferma a questo espediente semplificativo, mentre, per il resto, tritura il déjà-vu cinematografico con una guerra tra cattivissimi insettoidi (Starship Trooper, senza il grottesco antimilitarista di Verhoeven), rapidissimi e invincibili (come in non morti di World War Z, con tanto di accumulo di corpi sacrificali), privi di vera progettualità strategica se non la difesa confusa di una madre regina (Aliens, con la contrapposizione femminile tra le antagoniste, oEnder’s Game, ma privo del senso di colpa del genocidio) e la ricerca affannosa di cibo, ovvero ogni essere vivente.

Ne La guerra dei mondi un uomo semplice cerca disperatamente di salvare la famiglia e, nello specifico, la figlia e, come nel prototipo spielberghiano, anche qui gli alieni erano da tempo sulla Terra e si sono risvegliati solo da poco: non hanno però un preciso progetto di conquista perché si sono liberati per la semplice e colpevole azione dell’uomo sul riscaldamento del pianeta (aggiornamento ecologico). Per non dimenticarsi del modello di Alien anche nella rilettura recente di Scott, gli insettoni sono una specie trasportata, per scopi non chiariti, da alieni superiori (vediamo la sala comando con il pilota morto) su un vascello che, però, si è schiantato tra i ghiacci russi. La nave on the rocks era già nel primo film di X-Files, con tanto di sacchi amniotici per la conservazione dei neonati, graficamente già non dissimili dai bulbi energetici di Matrix.

Ovviamente non è possibile fare a meno del precursore dei viaggi temporali per prevenire o risolvere una guerra destinata alla disfatta degli umani che è Terminator, con la figlia che fa viaggiare il padre nel tempo anche in senso opposto: se John Connor rimandava indietro il babbo per poter nascere, qui la scienziata richiama, in avanti, il genitore per poter sopravvivere in un futuro alternativo, rimandandolo poi nel passato con l’antidoto che sconfiggerà gli alieni in modo naturale, tanto per tornare alla Guerra dei Mondi o, per i suoi effetti di liquefazione immediata, al derivato satirico del modello Wellesiano che è Mars Attacks!.

Tra mostri rapidissimi e invincibili e ambientazioni simil-zombesche di metropoli devastate alla Io sono leggenda, da cui proviene anche la ricerca del vaccino da parte degli ultimi residui umani, non manca un presente realistico di periferia urbana poco abbiente (ancora la Guerra dei mondi), la solidarietà tra commilitoni nelle scene di guerriglia, e la pellicola non si nega elementi edipici e crisi familiari mai sopite, tra il padre cospirazionista e cripto-terrorista e l’affetto indelebile per la figlia.

Questi rapporti personali schiacciano il protagonista e ogni sua peculiarità ad una funzione semplicemente veicolare, utile al solo avanzamento della trama, lo strizzano in una storia che non capisce nemmeno bene, e in cui si muove sia con l'automatismo dell’ex-militare, utile nelle scene d’azione, sia agendo con la saggezza acquisita del buon padre e del docente che sprona a quello studio delle scienze che si rivelerà vitale per la sopravvivenza della specie umana. Così Chris Pratt avanza catatonico e commosso a fasi alterne, in un film che gli gira intorno confusamente (e di cui riveste anche il ruolo di produttore), con l’abitudine acquisita a contrastare mostri bigger than life dei vari parchi giurassici e l’agilità nel muoversi a contatto con specie aliene come nei Guardiani della galassia, dimentico però dell’ironica spacconeria del personaggio.

Dopo un minutaggio infinito (quasi 140 minuti), il loop temporale si scioglie in un presente privo della minaccia della guerra a venire e con l’ingombro di un film di anticipazione che guarda al passato per elaborare un futuro confuso. La trama, se fosse condita con maggiore e spudorata ironia, vorrebbe anche poter essere citazionistica (McKay viene dai Lego Movie) sino al non-sense della caricatura (Airplane!) o vantarsi di fare postmodernismo light, sebbene serva solo un frullato riscaldato di cose già viste le quali, però, rimangono in memoria molto più a lungo più del film che le vorrebbe celebrare e rielaborare.

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