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La bugia

Regia di Veena Sud vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La bugia

di Psychomamma
6 stelle

Avete voglia di mettere su famiglia e creare tanti "minimè" ? Se siete svalvolati come i due genitori in questione lasciate perdere. Tre stelline di incoraggiamento.

 

Nella gelida Alaska  (film da vedere davanti ad un camino acceso) Rebecca porta sua figlia, la quindicenne Kayla, da suo padre Jay affinché la accompagni ad un ritiro di danza. La donna ha un nuovo compagno (personaggio che  misteriosamente scompare: raro esempio di  uomo che capisce quando svignarsela dalle matte) non ben visto dalla figlia, come del resto non è ben vista neanche la nuova compagna del padre. Qui si definiscono i caratteri dei personaggi: la madre è una donna pragmatica più rigida alle regole rispetto al padre che è un uomo con la sindrome di Peter Pan, mentre la figlia Kayla ha già ben capito dove è come può chiedere e ottenere quello che vuole. 
Durante il tragitto in macchina danno un passaggio a Brittany, amica della pargola, anche lei diretta al ritiro. Le due amiche iniziano così a discutere fino a che Brittany chiede di poter scendere all'auto e poter espletare i suoi bisogni. Insieme Kayla entrano nel bosco antistante la strada. Jay aspetta a lungo, poi preoccupato va a cercarle, ma dopo aver sentito un urlo trova la figlia su un ponticello sul fiume gelato. Spaventata gli dice di aver spinto l'amica dal ponte perché stavano litigando. Jay preso della confusione mentale (temo sua condizione cronica) prende la figlia e va dalla ex moglie, questa povera che deve fare da madre anche all'ex marito.. mah!
Dopo vari tentennamenti la figlia riferisce alla madre l'accaduto e così i due, invece di iniziare a preparare le arance da portare in galera alla giovine pazza, decidono di  coprire goffamente Kayla: almeno in galera possono richiedere la cella familiare e stare sempre, sempre, sempre tutti vicini vicini (come del resto la figlia vorrebbe). Che poi per non fare andare in galera la figlia sarebbe bastato trasferirsi in Italia: la  pargola avrebbe ricevuto anche il bacio accademico del magistrato. E comunque a 15 anni, con  pregressi evidenti squilibri psichici familiari e per un omicidio preterintenzionale, ho i miei dubbi che anche in Alaska siano soliti buttare via la chiave.
Il giorno dopo viene a bussare  alla porta della tranquilla famigliola proprio il padre di Brittany, Sam, per chiedere notizie della figlia, ma Rebecca dice di non saperne niente. L'atteggiamento però appare così losco che il povero uomo sgama che stiano nascondendo qualcosa. Così si fa più insistente al punto che Jay, in uno scatto di nervi gli molla un cazzotto. Sam giustamente se ne va minacciando denunce. Rebecca allora gioca di anticipo e va alla polizia insinuando che la scomparsa di Brittany sia dovuta al padre che probabilmente la molestava. Ovviamente mossa che le si ritorce conto perché Sam si rivela un ottimo padre. Sam a sua volta riferisce agli ispettori gli strani comportamenti della novella famiglia Addams.
Quindi le attenzioni della detective Kenji si spostano sulla famiglia che ora è ancora più sotto pressione, mentre Kayla (ragazza che gli evidentementi disturbi psicologici portavano a tagliarsi da tempo) vive allegramente con non chalance gli eventi che stanno facendo precipitare nell'abisso i genitori. Infatti c'è un crescendo di nevrosi  a cui non sembra minimamente partecipare, quasi compiaciuta delle sue azioni, anzi, quasi vogliosa che tutto il castello di carte dei genitori venga a cadere. Il sottile gioco di Kayla sembra voglia aspirare a farle avere il potere sulla propria vita ma in realtà punta e arriva alla detenzione e manipolazione della vita dei suoi genitori.
Qui il film si fa ovvio: dopo nemmeno 48 ore dall'evento gli ex coniugi, sempre più esauriti si riappacificano e trovano una sorta di complicità nella loro autodistruzione, il tutto con il compiacimento della figlia che non desiderava altro.
Nella notte i due psicopatici vanno a sotterrare il telefono di Brittany, ritrovato nell'auto di Jay, nel giardino di Sam. Sam li scopre e nasce una lite. Jay viene fermato appena in tempo da Rebecca dall'ammazzarlo botte solo perché voleva togliersi lei il gusto di tirarlo sotto con la macchina. Vorrebbero dapprima chiamare i soccorsi, ma perché proprio ora a fare qualcosa di umano? Meglio lasciarlo morire in terra nel suo sangue.
Mentre ormai trasformati nell'ombra di loro stessi stanno ripulendo la macchina in garage, ecco che prevedibilmente (almeno da mezz'ora dall'inizio il film) compare la rediviva Brittany appena  rientrata bella fresca, da un weekend col moroso, azione potuta fare con la complicità di Kayla.
Forse a causa della pecunia di pellicola o forse perché si era stabilito il limite massimo di nefandezze che i coniugi Manson potessero fare,  Brittany viene risparmiata. I genitori vanno quindi a chiedere spiegazione a Kayla che non trova meglio da dire che dare la colpa a Brittany di aver pianificato tutto.
Col sottofondo delle sirene (non so se della polizia o della neuro) i tre disadattati si abbracciano. Evvai!! Tutto è bene quel che finisce bene!
Il messaggio è chiaro e vuole porre delle domande su dove finisca il ruolo protettivo di un genitore e dove inizia la genitorialità etica e morale. Il nesso tra azione e reazione però mi sembra un tantino esagerato e per questo, pure avendo ben compreso il messaggio intrinseco del film, lo stesso mi è risultato banale. Non tanto nei dialoghi, a loro modo coerenti o nella sceneggiatura secondo me è ben fatta, ma nel contenuto. Mi spiego: se si dà a Leonardo da dipingere due banane, per quanto sia bravo, sempre due banane rimangono. Ben dipinte, ma due banane.
Di base da plurimadre so che non si possono difendere i figli da tutto e sicuramente non li si può difendere da loro stessi quando decidono di farsi del male. Come ho imparato: spesso nella vita insegna più la propria stupidità che la saggezza altrui.
Il cast non è stellare ma Mireille Enos è molto brava nella trasformazione dalla donna sicura di inizio film a quella spettinata, sfatta, tremolante della fine del film. Joey King anche lei con i suoi occhioni da brava bambina riesce a far scintillare la fiamma della pura cattiveria egocentrica ad esempio quando a colazione vede i genitori distrutti e gli passa sopra con tutte le scarpe. Un po' una delusione Peter Sarsgaard, sempre con la faccia di chi si è appena fatta una canna.
Veena Sud, giovane registra da' un'ottima prova, meglio di tanti affermati, anche visto il materiale e il budget con cui poter lavorare.
Montaggio a tratti fuori ritmo, fotografia fredda come nella migliore tradizione dei film scandinavi (anche se scandinavo non è): solo la giacca di Brittany emerge col suo rosa shocking, forse a rappresentare che l'unica normale malgrado la si voglia rappresentare come una ribelle sociale, sia lei. Anche questo un bel messaggio.

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