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Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante

Regia di Peter Greenaway vedi scheda film

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La recensione su Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante

di maldoror
8 stelle

Personalmente lo considero il migliore di Greenaway, se non altro quello che preferisco e forse uno dei pochi che amo veramente (forse insieme a L'ultima tempesta e I misteri...), proprio perchè ritengo che in questo film il regista dia pieno sfogo alla sua visionarietà esagitata, febbrile e estremamente suggestiva, che, pur essendo certamente funzionale alla narrazione, non è comunque appesantita da quel cerebralismo ipertrofico che a caratterizza gran parte dei suoi film (compreso Il ventre dell'architetto, uno di quelli che amo di meno), generando una sorta di saturazione e ottundimento emotivo, che li rende, almeno per quanto mi riguarda, di una pesantezza soporifera. Inoltre, ne Il cuoco c'è anche un'impostazione teatrale (suggerita dalla chiusura finale del sipario, ma anche lo stesso Greenaway ha affermato di essersi ispirato al teatro elisabettiano, mi pare), che conferisce alla messinscena un respiro piuttosto ampio, una dimensione più "umana", più concreta, volendo anche più cinematografica, laddove negli altri lavori le immagini presentano una piattezza quasi televisiva, oltre ad essere più dei geroglifici visivi, delle costanti, ipertrofiche e masturbatorie allegorie visive (per carità, con ciò non voglio dire che il suo cinema sia brutto, parlo di gusto personale).

Ne Il cuoco, il ladro, sua moglie l'amante, direi che è abbastanza centrale una delle principali ossessioni del regista, presente anche ne Il ventre dell'architetto, cioè la contrapposizione fra la materialità, intesa come tutto ciò che riguarda l'aspetto "de-sublimato" della condizione umana, quindi l'animalità, la più bassa istintualità, l'eros ecc., e la sublimazione/astrazione degli istinti nella cultura e nell'arte. Questa contrapposizione di base trova espressione in quella fra i due personaggi maschili principali del film, ovvero il ladro e l'amante. La contrapposizione fra i due rimanda a quella fra natura e cultura, in quanto il primo sembra incarnare la condizione primitiva/infantile dell'uomo, sia da un punto di vista sociale che psichico, mentre il secondo quella matura, adulta, che può essere fatta coincidere con l'Illuminismo e la "scoperta" della Ragione. Il primo presenta infatti tutti i tratti tipici dell'infantilità: l'elementarità della psicologia e delle reazioni emotive, che non riesce a tenere a freno (che si contrapongono alla pacatezza e riflessività che caratterizzano il comportamento del secondo), la tendenza a ricercare egoisticamente il piacere materiale (il cibo e il sesso), la prepotenza, il fatto che tratti la moglie come una madre (lei racconta un aneddoto secondo cui egli la costringerebbe a "pulirlo" ogni volta ritornati a casa dal ristorante) e che la usi sessualmente sempre per procurarsi piacere (la costringerebbe a masturbarsi con giocattoli e oggetti vari), contrapposti invece al profondo rispetto e alla comprensione che l'intellettuale le dedica, una volta divenuti amanti. In ciò credo sia ravvisabile un'altra tematica greenawayana, quella dell'infantilità del maschio contrapposta alla maturità della donna, e quindi la sostanziale incomunicabilità e incompatibilità fra i sessi (tematica abbastanza centrale in Giochi nell'acqua, e presente mi pare anche ne Il ventre dell'architetto). A testimoniare ulteriormente l'infantilità del ladro vi è il suo desiderio di onnipotenza (lui è in effetti un "potente") e in ciò risiede l'aspetto politico del film che, secondo le parole dello stesso Greenaway, vuol'essere una denuncia dell'Inghilterra tatcheriana, ovvero di quella cultura materialistica e volgare propria del tatcherismo incarnata appunto dal personaggio di Albert, il ladro. Dunque assistiamo ancora a una contrapposizione fra il potente e l'intellettuale, fra la materialità-infantilità del primo e la spiritualità-maturità del secondo, e dunque ancora fra irrazionalità e razionalità, fra l'ottusità del potere e la luce della ragione, fra l'età infantile dell'uomo e quella adulta (che troverebbe la sua massima espressione appunto nell' Illuminismo). L'intellettuale è infatti un amante della letteratura francese del Settecento, e il ladro lo ucciderà proprio facendogli ingoiare le pagine de "La rivoluzione francese", che si dirà essere il suo libro preferito. Peraltro, il fatto che il ladro trasformi in cibo le pagine di un libro probabilmente significa che egli tende a de-sublimare la cultura, a riportare ciò che è sublimato a una dimensione puramente materiale, così come il fatto che l'intellettuale venga ingozzato con le pagine di un libro rimanda probabilmente alla sua "artificialità", al suo essere un ibrido tra natura e cultura.
 
Questa contrapposizione fondamentale fra i due personaggi attorno ai quali sembra ruotare tutta la narrazione, trova espressione anche a livello cromatico: tutto il film è infatti strutturato sul contrasto fra il rosso acceso, sanguigno, dell'interno del ristorante, che è il regno di Albert, e i colori freddi e neutri che invece dominano i luoghi in cui la moglie del primo e il suo amante hanno i loro incontri amorosi. Prima c'è il bagno, caratterizzato da un turchese celestiale e "paradisiaco" che si contrappone direttamente al rosso infernale della sala da pranzo. Il bagno è il luogo in cui ci si "depura", in cui termina il ciclo vita-morte, rappresentato dall'espulsione del cibo (vita) che, una volta trasformato in escremento (morte), ha esaurito appunto il suo ciclo vitale; il fatto che i rapporti sessuali fra i due amanti abbiano luogo nel bagno del ristorante è proprio l'espressione del loro desiderio di allontanarsi dall'"inferno" della pulsione e della animalità, e quindi di allontanarsi dal mondo di Albert, simboleggiato appunto dal rosso acceso delle pareti del ristorante, allontanarsi quindi dal caos dell'istintualità in cui l'eros è sempre connesso alla morte per assurgere a una sorta di trascendenza in cui gli istinti vadano incontro ad una sublimazione. I loro incontri, infatti, avverranno prima nell'azzurro paradisiaco del bagno, come dicevo, poi nel verde freddo della cucina, e infine, dopo essere passati attraverso la putrefazione della carne e la morte quindi della dimensione animale (il viaggio nel furgone con la carne avariata), raggiungeranno, nudi come Adamo ed Eva, il "paradiso terrestre" della biblioteca, la sublimazione degli istinti nella cultura.
Anche i movimenti di macchina seguono rigorosamente le dinamiche su cui si struttura tutto il film: in tutta la prima parte la mdp compie dei movimenti rigorosamente orizzontali e frontali, dal parcheggio al ristorante al bagno e viceversa, orizzontalità che rimanda all'unidimensionalità del mondo di Albert, alla soppressione di qualunque possibilità di fuga "verticale", e insomma, a quello schiacciamento dell'individuo voluto dal potere. Ma l'ingresso dell'intellettuale nella vicenda segna la fine di questa orizzontalità, costituendo una rottura all'interno del mondo di Albert.

A questo proposito credo di aver individuato in questa strutturazione fortemente dialettica del film, in particolare nella contrapposizione fra il ristorante e la biblioteca, un riferimento alla monade leibniziana, concetto al quale è possibile che Greenaway abbia voluto rimandare. Leibniz concepiva la monade come composta da una parte "bassa", cioè la pura materia, e una parte alta, l'anima. Le due parti in realtà sarebbero in collegamento, in quanto il pensiero di Leibniz penso possa essere considerato una sorta di sintesi fra il dualismo platonico e la coincidenza tra potenza ed atto propria del pensiero aristotelico. Le due parti, la materia e lo spirito, non sarebbero infatti drasticamente separate ma coinciderebbero, in quanto nell'anima si esprimerebbe in potenza la formazione della materia, la quale sarebbe dunque attuazione della potenza-anima (semplificando un po'). Nell'anima sarebbe quindi contenuta in potenza la materia e viceversa. Inoltre, la celebre formula leibniziana della monade "senza porte e senza finestre" riguarderebbe la componente spirituale della monade, e non quella materiale, perchè solo con la presenza dell'anima Leibniz riesce a spiegare il principio vitale all'interno di una unità immutabile e indiscernibile come la monade, (una cosa "senza porte e senza finestre", che quindi non comunica con l'esterno, nella quale viene individuata l'unità più piccola di cui la materia sarebbe costituita, una sorta di atomo insomma, non renderebbe possibile di per sè il principio del mutamento, spiegabile secondo il filosofo soltanto con la presenza di un'essenza indivisibile nella quale si esprima in potenza tutto l'essere [compresa dunque la materia], essenza che Leibniz fa coincidere appunto con l'anima, divisa dalla parte materiale ma al contempo in comunicazione con essa).
Leibniz usa l'immagine di una casa a due piani per riferirsi a questa dualità insita nella monade: al piano di sotto vi sarebbe la materia, nella quale avrebbe luogo una tensione verso il basso; in questo piano è ancora possibile quell'apertura verso il mondo esterno senza la quale non vi sarebbe il mutamento, e il filosofo simboleggia dunque tale apertura con la presenza di quadri: l'immagine, e quindi l'arte visiva, sarebbero "fessurate", nell' immagine si esprimerebbe cioè un'apertura verso l'esterno, rimandando essa (almeno prima di certe correnti di astrattismo pittorico) sempre a qualcosa che le è esterno, altro da sè. All'immagine viene contrapposto il segno, come le lettere dell'alfabeto o i simboli matematici, conchiusi in sè stessi e privi di rimandi all'esterno. Pertanto, mentre le pareti del piano di sotto sarebbero, secondo la metafora di Leibniz, tappezzate di quadri, il piano di sopra, cioè l'anima, totalmente privo di una comunicazione con l'esterno, sarebbe tutto attraversato da segni, da lettere ecc.; il piano di sopra sarebbe quindi la "stanza della lettura", contrapposta alla "stanza dei quadri" del piano di sotto.
Ora, a mio avviso, nel film assistiamo proprio a questa contrapposizione: il "piano di sotto", cioè il ristorante, il mondo di Albert, è dominato dalla presenza ingombrante di un quadro (mi pare che sia La lezione di anatomia del dottor Nicolaus Tulp, di Rembrant, ma non vorrei sbagliarmi), mentre il "piano di sopra", cioè l'anima, il luogo nel quale i due amanti si rifugiano per sfuggire ad Albert, è appunto una biblioteca, la stanza della lettura di cui parlava Leibniz.
Inoltre c'è anche da sottolineare come questa dicotomia sotto-sopra rimandi, dal punto di vista cromatico, a quella inferno-paradiso, contrapposizione che subisce una variazione quando i due approdano nella biblioteca: mentre all'inizio la contrapposizione è fra il rosso sanguigno del ristorante-inferno e il celeste del bagno pubblico-paradiso, alla fine è la biblioteca ad essere dominata dal rosso, probabilmente per via del collegamento e della fusione fra la componente "materica" e quella spirituale interna alla monade stessa, laddove nella prima sarebbe presente la seconda e viceversa.
Questi riferimento alla monade leibniziana (che, vi giuro, è un'intuizione mia e non l'ho fregata a nessuno!!!), rimanderebbe indirettamente a un sostanziale barocchismo del film, visto che, come sostiene Deleuze (per caso si era capito che sto leggendo il libro di Deleuze su Leibniz?), il pensiero leibniziano è alla base del Barocco, alla sua filosofia ed espressione artistica. Ma nel film, il barocchismo, che si esprime anche nella sovrabbondanza visiva, nel traboccare di oggetti all'interno di ogni singola inquadratura e nella sontuosità visiva conferitagli dalla fotografia di Sacha Vierny, oltre che dai costumi piuttosto tendenti alla fastosità, così come da un figurativismo onirico che sembra di matrice tipicamente surrealista, si scontrerebbe col rigore assoluto e la razionalità della messinscena, contrasto che caratterizza tutta l'opera di Greenaway (tanto che qualcuno lo ha definito "un surrealista che gira col rigore di un razionalista del Settecento"), e che si esprime anche in quella sintesi tra barocco e minimalismo presente nella magnifica colonna sonora di Michael Nyman, probabilmente una delle più belle del musicista.

Per concludere, resta solo da analizzare la figura del cuoco, e per fare ciò magari riporto le parole dello stsso Greenaway:"nel film "Il cuoco, il ladro, sua moglie l'amante", il cuoco c'est moi! Prendo i miei ospiti, li porto al cinema, li faccio sedere e annuncio loro: ecco la cena, ecco il film. Fare accomodare la gente in una sala è come metterli attorno a una tavola. Ecco qui, vi presento questa cosa, digeritela. Se volete vomitare, potete andare alle toilettes...".

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