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Trama

Durante il corso di una lunga notte, dentro a un bar si ritrovano le persone più disparate. Tra ebrei, musulmani, gay ed eterosessuali, vi sono cinque donne che, in quel luogo simbolo di incontro e pace, trovano riparo alla prepotenza maschile.

Curiosità

Tre domande al regista Amos Gitai

1. Di cosa parla Laila in Haifa?

È un film che parla di donne e uomini che cercano la loro autonomia attraverso una serie di incontri che sfugge qualunque definizione di classe, genere, religione o identità nazionale. L'esperienza di coinvolgere i miei attori nel processo di ricerca dei significati del film, chiedendo la loro partecipazione, integrando capitoli delle loro biografie fa parte della risposta a questa domanda. Dunque quando ho cominciato a parlare con Behira Ablassi, Khawla Ibraheem e Maria Zreik, tre giovani attrici palestinesi, dei significati dei loro ruoli, ho capito che desideravano anche parlare di come si sentono in quanto donne all'interno della loro società. È il primo lungometraggio di Behira, mentre Maria e Khawla sono all'inizio della loro carriera. Recitano accanto ad attrici e attori di esperienza e questo insieme di autenticità e professionismo ha nutrito il film. È stata anche la prima volta che ho lavorato con Naama Preis, attrice e ballerina israeliana.

2. Per quale ragione ha scelto cinque figure femminili come protagoniste?

Il Medio Oriente è totalmente dominato da personaggi maschili che in molti casi promuovono guerre e conflitti, quindi fin dai miei primi lavori 35 anni fa, ho scelto di concentrarmi sui ruoli femminili che sono centrali nei film Esther (1985), Berlin Jerusalem (1989), Kadosh (1999), Free Zone (2004), Terra promessa (2005). Queste opere sono un luogo d'incontro tra attrici di grande esperienza come Jeanne Moreau, Juliette Binoche, Rosamund Pike, Annie Lennox, Anne Parillaud, Hanna Shygulla, Yael Abecassis, Ronit Elkabetz, Hana Laslo, Hiam Abbass, Natalie Portman, Le?a Seydoux, accanto ad attrici esordienti come Diana Bespechni, Behira Ablassi, Simona Benyamini e altre. Il fatto stesso di mettere un ruolo femminile al centro di un film equivale di per sé a mettere in discussione l'organizzazione sociale nella società in cui viviamo.

3. Da dove trae origine la storia?

Sono andato a visitare questo particolare locale con una delle mie attrici, un'attrice palestinese del mio film precedente, A Tramway in Jerusalem. Voleva mostrarmi la vita notturna ad Haifa e siamo stati in tutti i club più frequentati e di tendenza. Al Fattoush ho trovato un miscuglio di ebrei e arabi, israeliani e palestinesi, eterosessuali e gay. Questo locale è una specie di rifugio per persone di origini diverse ed è piuttosto insolito in un paese in cui quando leggiamo le notizie sentiamo parlare solo di ostilità, conflitto, guerra, uccisioni. Quella serata al Fattoush mi ha dato una sensazione di scambi umani tra persone che si confrontano in modo non violento, pur non trovandosi sempre d'accordo. Ho adorato quella sera passata nel locale e mi sono detto "bene, a partire da questo momento comincio a scrivere una storia su questo microcosmo e ambienterò tutto il film in questo bar". Mi piaceva molto la location, accanto alla ferrovia, e il fatto che la narrazione del film sia costantemente costellata dal laconico intervento del treno.

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  • Scartando un bacio Perugina uno si aspetta una banalità, ma a volte viene sorpreso con qualche citazione anomala. E comunque, andasse male, gli rimarrebbe sempre un dolcissimo cioccolatino con la nocciola on top. Ciò premesso, al contrario in questo film, Laila in Haifa, uno si aspetta la forza, la potenza della narrazione dei vissuti di paesi

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