Regia di Spike Lee vedi scheda film
New York, 1977. Anno di rivoluzioni musicali agli antipodi. La disco-music e il punk. I Bee Gees e i Sex Pistols. Spike Lee ritrae il Bronx in quella stagione hot. Un serial killer che si fa chiamare Son of Sam semina il terrore uccidendo coppiette e giovani ragazze brune. Non è il mostro di Firenze ma un povero “cane” disadattato che vive nella comunità protagonista della pellicola. Vinny è un Tony Manero già sposato, parrucchiere incline al ballo in discoteca e a tradire la bella Dionna. Richie è l’altro co-protagonista della vicenda: coraggioso punk con la cresta, chitarrista di una punk-band, fa marchette gay in forma clandestina. Emarginato dalla madre squinternata, per il suo look e per le tendenze sessuali libere, viene gradualmente indiziato quale potenziale serial killer dagli amici stessi, perlopiù un ricettacolo di italoamericani e ispanici dediti allo spaccio e al cazzeggio.
“Summer of Sam- Panico a New York” è invecchiato male, un po’ come tutto il cinema dell’autore simbolo ribelle della comunità afroamericana di fine ‘80 e primi ’90. I temi sociali quali il razzismo, la violenza urbana, la mafia, la diversità, i valori dell’amore e dell’amicizia corrotti e non più autentici sono le fondamenta della sua cifra cinematografica. Qui declinati nel racconto di un’altra comunità fuori dai suoi canoni. Però quanta sofferenza nel seguire questa storia dilatata e ampollosa. Dialoghi verbosi, attori sbagliati (da John Leguizamo al sopravvalutato Adrien Brody, dalla meteora Mira Sorvino ad uno sprecato Ben Gazzara). Uno scarto di Martin Scorsese: la fotografia risulta patinata, il film di montaggio poco funzionale, brani musicali a rotta di collo vengono direttamente da quel cinema metropolitano del maestro italoamericano. Spike Lee chiuse quel decennio d’oro con una pallida copia del suo cinema e dei modelli di ispirazione più vicini ovvero Mean Streets, Taxy Driver e Fuori Orario.
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