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Sto pensando di finirla qui

Regia di Charlie Kaufman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sto pensando di finirla qui

di Furetto60
6 stelle

Strano, cerebrale, criptico. Sfida alla pazienza dello spettatore.

Prima di avventurarmi nella sinossi e nel commento di questo film, è doveroso avvisare, senza mezzi termini, che si tratta di un prodotto cinematografico criptico ed estremamente cerebrale e complesso. Bisogna predisporsi alla visione, sapendo che sarà un bel rompicapo. Adattamento cinematografico dell’omonimo  romanzo dello scrittore Ian Reid «Sto pensando di finirla qui»: titolo ed anche frase che ripete ossessivamente, la voce narrante, quella della giovane protagonista, mentre viaggia in auto col suo ragazzo Jake, dopo solo 7 settimane di fidanzamento; la sta portando a conoscere i propri genitori, che abitano in una fattoria isolata;i due conversano ma la giovane ci esterna le sue perplessità. Lui si chiama Jake, lei Lucy prima poi Lucia o Louisa poi Amy. La cena è un vero incubo, soprattutto per noi, i genitori di Jake sono affettati e melliflui, oltre che minacciosi, le pietanze che offrono sono tutt’altro che appetitose. A un certo punto vanno in cucina per prendere il dolce e rientrano con addosso 20 anni di più, Il padre tremolante per il Parkinson e smemorato per l’Alzheimer, mentre la madre rientra malridotta e su una sedia a rotelle, salvo poi ricomparire giovane e aitante per invitare perentoriamente Lucy o Lucia o Louisa a scendere nella cantina, cosa che Jake le aveva sconsigliato. Le immagini della cena sono intervallate dalla visione di un anziano bidello, che fa i servizi, in una scuola, mangia e guarda in tv un film di Robert Zemeckis. Dopo l’allucinante incontro si rimettono in auto.  E lei, chiusa nell’abitacolo, rimugina. Noi ascoltiamo i suoi pensieri. Il teso viaggio attraverso una tormenta di neve notturna, dopo una tappa in una gelateria “horror”, si conclude nel liceo frequentato in gioventù da Jake. È qui che i due si accorgono di essere spiati dal bidello di cui sopra. Jake lo rincorre nella scuola, e successivamente la ragazza preoccupata decide di raggiungerlo. I protagonisti si perdono in un labirinto, siamo nella mente di Jake. È proprio lui l’anziano bidello che fa i conti con il proprio passato. Una discesa nell’inferno del disagio mentale di un vecchio, che in un turbinoso e febbricitante flusso di coscienza, ripensa a tutte le opportunità perse, agli incroci della propria esistenza: Il rapporto difficile con i genitori, gli studi non terminati, le ambizioni mai realizzate e gli amori solo vagheggiati. Un puzzle in cui i pezzi, non corrispondono, tempo e realtà si frammentano e rimescolano senza un ordineL’unica direzione che lo spettatore erroneamente ritiene giusta, è quella dell’arco narrativo di Lucy, ma si rivela fuorviante, giacché capiremo che il vero protagonista è appunto il bidello. L’inversione dei ruoli è un espediente narrativo spiazzante. La narrazione procede a brandelli, sembra di fare zapping sulla tv, Kaufman fa uno slalom temporale nelle varie fasi della vita dei suoi personaggi, mescola e rimescola le carte, rovescia le prospettive, confonde. Punteggia la sceneggiatura di citazioni colte. Ma sembra di assistere alla farneticazione di un malato di mente, un viaggio in un cervello disturbato. La protagonista ha tante identità; Gerontologa, Critica cinematografica, Fisica, Pittrice, Cameriera. Il regista fa un bel cocktail di dotte citazioni e di rimandi: Bergman, Beckett, Resnais e Kubrick, anche materiali più “semplici” come il cartoon finale, che pubblicizza in bianco e nero un gelato, e un maiale che perde sangue dal ventre pieno di vermi e poi ancora il balletto dal musical “Oklahoma”, e il monologo finale di “A Beautiful Mind”. Ci aggiriamo dunque nei meandri di una mente malata e sofferente, che rimpiange quello che non è mai avvenuto, miscelandolo con il ricordo per quello che invece è accaduto davvero. In un drammatico sfogo Jake giovane, esplicita tutta la disillusione di cui è preda: «È tutta una bugia! Che andrà meglio; che non è mai troppo tardi; che Dio ha un piano per te; che l’età è solo un numero; che è sempre più buio prima dell’alba; che dietro a ogni nuvola c’è un maledetto raggio di sole; che c’è qualcuno per tutti noi e che Dio non ti dà più di quanto puoi sopportare»Il regista non ci fa sconti e imperterrito segue e persegue la strada dell’inintelligibile, da rebus tutto da decrittare, una storia complessa e ingannevole, che propone indizi allo spettatore per poi depistarlo,sciorina  eventi e svolte volutamente prive di un nesso causale, proprio come accadrebbe in un sogno/incubo. La cena dai genitori di Jake è un crescendo di tensione e le interpretazioni magistrali di Thewlis e ancor più della Colette non fanno che accrescere il senso di straniamento. Kaufman  gioca a rimpiattino con le aspettative dello spettatore. Jake in realtà non ha mai avuto il coraggio di parlare con la ragazza e non l’ha mai più rivista. Lucy è la personificazione della perfetta protagonista di uno dei film in cui Jake si  smarrisce, una commedia romantica di Robert Zemeckis. Ecco perché tutto il film, tormentata peregrinazione nell’immaginario mentale, è in formato 4:3, come quelli di una volta. Nel finale quando ormai la finzione si è rivelata, il protagonista trova la forza per un ultimo disperato atto di speranza. Il film è un prodotto estremamente ostico, per usare un eufemismo. Charlie Kaufman rivendica la sua posizione di autore originale e colto, noi lo prendiamo per buono.

 

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