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La nona porta

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La nona porta

di Baliverna
10 stelle

La tensione inizia a sentirsi quasi subito, e continua lieve ma costante fino alla fine. Le indagini del protagonista sono ben raccontate da Polanski, il quale sa conferire a tutta la vicenda un'aura di mistero e di oscurità, fatta anche di eventi inattesi ed enigmatici, oltre che di inquietanti personaggi. Il regista sembra essere particolarmente a suo agio quando parla di complotti e di macchinazioni, e nel rappresentare un individuo che si destreggia come può in ambienti infidi e sconosciuti. Anche i personaggi mettono a loro modo tutti i brividi: da Balkan, ai librai spagnoli, alla baronessa, al negro coi capelli tinti di biondo, alla moglie del suicida, tanto bella quanto malvagia.
Il protagonista (un bravo Johhny Depp) subisce un'evoluzione nel corso del film, e non per il meglio. Già all'inizio non si può dire che sia un simpaticone o una brava persona: è un uomo interessato solo al denaro, senza coscienza e senza sentimenti, al quale in ultima analisi non piacciono neppure gli oggetti del suo lavoro, perché ambisce solo al denaro che può ottenere attraverso di essi. Forse è proprio per questa sua aridità e questo suo cinismo che alla fine si lascia affascinare dal mistero del male, che soppianta persino il suo scrupolo professionale, la sua avidità di denaro, e il suo materialismo. Il materialista sfegatato, infatti, inizia a credere senza difficoltà all'esistenza del demonio.
Un sentimento abbastanza chiaro che il film comunica, anche tramite l'ambiguo personaggio di Emmanuelle Seigner, è l'aspetto suadente, ammiccante e quasi dolce del male. Inoltre esso sembra essere ineluttabile, ineludibile, e invitante. Questo concetto, per quello che mi riguarda, finisce per essere inquietante e per infondere assieme un senso di tristezza, che forse è anche il sentimento di Polanski. La ragazza (credo un angelo maleddetto in forma umana) aiuta il protagonista con ambigua dolcezza verso un fine che non è il suo - a sua insaputa - ma quello del demonio. E lui si lascia prendere la mano dalla faccenda, e irretire senza scampo. Il fatto che verso la fine diventi di colpo un violento e anzi un sadico è secondo me segno che inizia ad essere posseduto dal demonio, perché sta lavorando per lui.
Il finale è stato molto criticato, ma francamente non ho capito perché. Mettiamo da parte il libro (che non ho letto); il film di suo mi sembra filare perfettamente. Che cosa non è piaciuto? Che il tizio si bruci vivo in un delirio di onnipotenza? O l'immagine dei membri della setta? O l'ingresso del protagonista nel regno delle tenebre? Il regista, scuotendo la testa nel suo pessimismo, sembra dire che alla fine il male vince, e viene purtroppo accettato, un po' come accade alla madre del bambino in "Rosemary's baby". I due finali mi hanno comunicato la stessa sensazione.
PS: alcuni tocchi che solo Polanski sa dare? Il tassista forse pakistano col turbante, il negro biondo, il portiere d'albergo ingenuo che lascia passare la donna malefica, un sig. Balcan che fa paura solo a vederlo.

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