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Triangle of Sadness

Regia di Ruben Östlund vedi scheda film

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La recensione su Triangle of Sadness

di lamettrie
9 stelle

Un gran bel film sulla contemporaneità. Gli eccessi mostrati riflettono quelli reali, e possono turbare solo chi ha interesse (economico, mentale…) a non farli vedere.  

Denuncia gli stereotipi di minoranze agiate. Critica la stupidità che investe i seguenti pilastri del mondo occidentale: moda, soldi, follower, influencer, fissazioni dell’aspetto fisico in foto, l’isola dei famosi, politically correct… 

Denuncia il dominio, perfino a volte idiota e disumano, di ricchi, perfino su commessi e sottoposti: la deformazione grottesca è fine, intelligente, disseminata di riferimenti culturali anche di alto livello.  Tra le tante scene indimenticabili, anche la psicopatia di una coppietta bonaria di pensionati: ex imprenditori di armi che si ripuliscono immagine e coscienza attraverso la retorica, quella stupida e ingannevole del giornalismo pubblicitario del capitalismo, che rende civile ciò che in realtà è disumanizzante.

Ma c’è anche la satira su poveri. Se sono discriminati, come il film realisticamente mostra, non per questo sono buoni.

Gustosi i riferimenti pro e contro Marx. La satira mette alla berlina il capitalismo maturo e idiota anni ’80, Reagan-Thatcher, ma anche le pesanti contraddizioni del marxismo-leninismo. Il naufragio materiale, cui le autorità non sanno porre argine, è metafora del naufragio storico e culturale, almeno rispetto alle ambizioni declamate in partenza.  

Oltre alla critica politica, di ottimo livello sono anche il momento psicologico e quello sociologico.

Assai intelligente l’investigazione mentale del rapporto tra amanti: dall’ossessione dei soldi in modalità competitiva, al ribaltamento dovuto ai duri casi della vita, in cui l’impensabile, che prima era snobbato, diventa necessità di salvezza. Finendo però per rovinare ogni equilibrio che in precedenza era stato faticosamente costruito.

Splendida è l’analisi sociologica, pure. Il già citato ribaltamento cambia tutto. L’illusione di potere precedente si mostra una semplice illusione, appunto; così come il nuovo potente, prima ai margini, mostra di essere a sua volta preda dell’illusione del potere.

Sublime la scena in cui la povertà rende tutti dipendenti dai pretzel. Quanto di più plebeo gastronomicamente, è al culmine della desiderabilità, e innesca le lotte più tese, quando il bisogno urge.  

Irresistibili poi, per la comicità, le scene del naufragio, dove il grottesco è al diapason.

Interessante anche questa sollecitazione: l’anziano mezzo pazzo resiste proprio per la follia che egli persegue, costantemente. Follia, chiara, che fra l’altro lo ha reso ricco, proprio anche perché faceva un lavoro disprezzabile ai più, e con una spruzzata di immancabile disonestà.

Un difetto può essere questo: il film è lungo. Lento nella prima e nell’ultima parte, ma anche lì sempre significativo. Irresistibile in quella di mezzo.

Attuale è la denuncia del politically correct, di marca globalizzante: comunque Oestlund mostra che i disabili stanno meglio in un contesto autentico, a suo modo. Mostrato senza ipocrisie lo sfruttamento di neri e asiatici…

Le inquadrature sono intelligenti. La macchina non fa vedere ciò che serve non far vedere, per alimentare la sorpresa. Tutti recitano bene. Ottimo l’accompagnamento sonoro.  

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