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Fantozzi 2000. La clonazione

Regia di Domenico Saverni vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fantozzi 2000. La clonazione

di axe
4 stelle

Ugo Fantozzi è ormai da tempo nel ... regno dei più. Ma, nonostante il suo ruolo nella società non abbia mai avuto rilievo, non è stato dimenticato. In particolare, dai vertici della "Megaditta", i quali, in un periodo in cui i sindacati divengono forze di governo, hanno nostalgia del servilismo di quel loro bolso e remissivo dipendente. Dunque, essendo la tecnologia tanto evoluta da consentirlo, procuratisi un campione genetico dall'incredula Pina, generano un clone del ragioniere, il quale finisce coinvolto in nuove disavventure; è responsabile della (cattiva) educazione del figlio del presidente della "Megaditta", il quale mostra preoccupanti tendenze buoniste; sfiora una miliardaria vincita al superenalotto; è costretto a fronteggiare le "esplosioni ormonali" della ormai diciottenne nipote Uga e, ancora, sopravvivere ad un terrificante ricevimento di fine anno indetto dalla Contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare, al quale è stato invitato per errore. Decisamente, non ci sono prospettive di miglioramento per il nostro. Il decimo ed ultimo episodio dedicato al personaggio di Ugo Fantozzi è diretto da Domenico Saverni, il quale in passato aveva lavorato con Neri Parenti e Paolo Villaggio nel ruolo di sceneggiatore. Nelle vicende, legate tra loro, il regista vuole evidenziare storture e malcostumi della sua contemporaneità e problematiche familiari; l'epilogo è prevedibilmente pessimista. Non vi è alcuna novità rispetto gli ultimi episodi; di un certo interesse è la prima sequenza, dedicata ai "figli dei potenti", i rampolli di famiglie ricche e solo apparentemente "bene", i quali, nella loro innocenza, sono in grado di comprendere molto meglio dei genitori e degli adulti in genere, cosa è giusto e cosa non lo è. Con i giovani lega Fantozzi, vittima per eccellenza, deputato alla sorveglianza di uno di loro. Il protagonista, come un benevolo nonno, li conduce allo zoo, subendo le conseguenze per le inevitabili marachelle e l'aver tradito le consegne. Affiancano in scena Paolo Villaggio nel ruolo del protagonista, Milena Vukotic (Pina, amorevole e paziente, ma non priva di personalità) ed Anna Mazzamauro (la signorina Silvani, spiantata, avida, rozza e profittatrice, come sempre). E' purtroppo assente Gigi Reder, in quanto deceduto poco prima della relizzazione del film. Non ho apprezzato il film; la recitazione è decisamente poco spontanea; le gag sono quelle di sempre, rielaborate con palpabile svogliatezza. Si ha l'impressione che gli sceneggiatori abbiano voluto riproporre temi e situazioni già trattati e visti nei primi due episodi, quasi per "presentare" il personaggio al pubblico appartenente ad una generazione successiva, con risultati tuttavia sconfortanti. Passi l'"escamotage" della clonazione. Il Fantozzi di quest'ultimo episodio è un anziano decisamente fuori contesto in tempi molto cambiati rispetto quelli degli esordi. La critica sociale è blanda, frammentata, inefficace; anche la società, infatti, è cambiata, a differenza del protagonista, il quale, semplicemente, è invecchiato. Il Fantozzi delle origini era, esteriormente, un uomo di mezza età indistinguibile dagli altri individui appartenenti a quel contesto competitivo nel quale risultava costantemente sconfitto. A modo suo, dunque, era ben integrato in esso. Il Fantozzi alle soglie del 2000, con il suo vestito retrò, la Bianchina, le vecchie, servili maniere, è un vecchietto eccentrico, una macchietta, un soggetto privo di qualunque possibilità di condividere qualcosa con la reale contemporaneità, che non siano, appunto, paturnie da anziani e quegli elementi del suo piccolo mondo, che l'hanno seguito nel lungo viaggio attraverso i decenni. Dunque, il ragionier Fantozzi ci saluta così, mestamente, tramite un'opera che non rende giustizia ai fasti del suo remoto passato, i quali gli hanno consentito di entrare nell'immaginario collettivo di larga parte della popolazione dell'epoca. Lo ricorderemo per il coinvolgimento nelle avventure "dopolavoristiche" organizzate da Filini o dal megapresidente di turno; per le competizioni con Calboni nella conquista della vanitosa signorina Silvani; per le disavventure sentimentali, il controverso rapporto con la famiglia e la sequenza di sfortune che ne hanno irrimediabilmente decretato la sconfitta, in connessione con un tipo di società che appartiene ormai ad un remoto passato, non come lo "scemo del villaggio", quale vien fatto apparire in quest'opera. Due stelle, per non infierire.

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