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Sei donne per l'assassino

Regia di Mario Bava vedi scheda film

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La recensione su Sei donne per l'assassino

di Baldaduke
8 stelle

Massimo Morlacchi e la contessa Cristiana Cuomo sono i proprietari di un atelier nel quale lavorano delle modelle che un assassino mascherato inizia misteriosamente ad uccidere. È questa la trama di Sei donne per l’assassino, film tanto semplice nella struttura narrativa quanto complesso per quel che riguarda la sua costruzione estetica. Possiamo affermare tranquillamente che se La ragazza che sapeva troppo è il preciso punto di partenza del “giallo all’italiana”, Sei donne per l’assassino ne è la prima intera tappa, quella più importante, quella che delinea perfettamente le caratteristiche di tutti i percorsi a venire all’interno del genere. Ma questo film angolare di Bava è anche di più: è la cura certosina per la rappresentazione di un mondo morboso e perverso che viene creato soprattutto attraverso l’uso di un certo tipo di eccesso visivo, dove le policromie si danno come primo veicolo comunicativo per quella che è una pura estetica della morte. Sì, perché in quest’opera Bava sembra davvero interessato prima di ogni cosa alla morte; gli omicidi che si susseguono sono messi in scena con una fantasia e un modo di plasmarne le atmosfere che a volte si rischia veramente di perdersi in questi momenti percependoli come dei segmenti narrativi a parte, dei piccoli film dentro al film.

Per la prima volta nel cinema italiano dunque appare la figura del folle omicida, una figura che in pochi ignoreranno e che riuscirà, in un modo o nell’altro, a reincarnarsi in molti degli assassini che il cinema (e qui è bene sottolinearlo, non solo italiano) immetterà sugli schermi di mezzo mondo. Sei donne per l’assassino è in definitiva, come scriveva Emmanuel Carrère su un numero di Positif del 1978: “l’essenza stessa di una poesia funebre che non ha trovato interprete migliore”.

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