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Uomini contro

Regia di Francesco Rosi vedi scheda film

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La recensione su Uomini contro

di hallorann
9 stelle

Il compositore Piero Piccioni possedeva almeno due anime musicali, più una misteriosa legata al coinvolgimento nel delitto Montesi. Un’anima gaia e solare, figlia della bossa nova espressa prevalentemente nei film di/con Alberto Sordi: roboante e inconfondibile (La marcia di Esculapio e O rugido do leao docent). Una totalmente opposta: grave drammatica ed essenziale espressa soprattutto per il cinema di Francesco Rosi. Proprio per quest’ultimo concede poche e incisive partiture in UOMINI CONTRO, pellicola tratta/ispirata dal fondamentale (per capire la prima guerra mondiale) libro di Emilio Lussu, UN ANNO SULL’ALTIPIANO.

La divisione del generale Leone è composta da soldati di varia estrazione sociale, tra di essi vi è il giovane sottotenente Sassu, studente universitario interventista. Questi, a sua volta, fa parte della compagnia del tenente Ottolenghi, uomo disilluso, di idee socialiste e amato dai suoi uomini. La vita in trincea è dura e gli austriaci non mollano una posizione, la frustrazione della difficile situazione, il fanatismo e la retorica degli eroi da immolare per la patria conducono Leone a far fucilare soldati che hanno preso decisioni “avventate” o a decimare insubordinati per la fatica dei turni. Ottolenghi cerca di opporsi agli scellerati ordini con abilità ed esperienza. Non meno squilibrato del generale è il maggiore Malchiodi che costringe alcuni uomini a lasciare le trincee per tentare azioni suicide col tentativo di tagliare i fili spinati dei nemici peraltro buoni cecchini. In questo modo perderanno la vita il valido tenente Santini e altri, mentre Sassu verrà salvato da Ottolenghi. Ribellioni, attacchi sbagliati e decimazioni si susseguiranno fino al termine di una pazzia chiamata “Grande Guerra”.

Rosi e gli sceneggiatori La Capria e Guerra costruiscono UOMINI CONTRO con un chiaro messaggio antimilitarista e pacifista. La prima ora è perfetta e grida al capolavoro per la tenacia e la forza con cui rappresenta la follia della guerra, la marcata distinzione tra comandanti e sottoposti, con le dovute eccezioni dettate da un discorso di classi sociali in cui si contrappongono aristocratici imbevuti di ottusità assortite, una scarsa visione e strategia di combattimento ben nascoste dalla retorica del comando e del patriottismo a tutti i costi. La carne da macello sono i soldati figli della terra e dell’ignoranza costretti ad eseguire ordini assurdi. L’intelligenza e la preparazione culturale dei Sassu e degli Ottolenghi può arrivare fino ad un certo punto. Leone rimarrà in piedi e incolume come nella bellissima scena della feritoia, a significare che chi sta in cima alle gerarchie non morirà mai. In attesa del poeticismo di Olmi in occasione del centenario 1914-2014 (ma si può fare della poesia su una guerra?), Rosi preferisce dare una versione cupa e disperata degli eventi. Non ci sono i canti e la grappa a fiumi (con la quale si davano gli ordini e si assaltavano le trincee austriache) del racconto di Lussu e nemmeno l’umorismo misto all’amarezza della notevole commedia LA GRANDE GUERRA di Monicelli, ugualmente il regista napoletano firma un’opera sempre attuale e lucida per leggere senza filtri un’invenzione malefica dell’uomo. Cast artistico e tecnico di importante caratura professionale: Alain Cuny, Gianmaria Volontè, Mark Frechette (doppiato da Giancarlo Giannini), Franco Graziosi, Pierpaolo Capponi etc.; la fotografia dai colori verdastri di Pasqualino De Santis, la scenografia di Andrea Crisanti e i costumi di Gabriella Pescucci.

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