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Amor nello specchio

Regia di Salvatore Maira vedi scheda film

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La recensione su Amor nello specchio

di millertropico
5 stelle

Pedantemente dotto e zeppo di citazioni forse necessarie, ma non sempre efficaci e tutte finalizzate a sottolineare la particolare visione del regista (Athanasius Kircher e la sua lanterna magica che precorre il cinema, per esempio) quello che sulla carta poteva essere scambiato per un interessante progetto didattico e divulgativo atto a riscoprire e raccontare la figura sconosciuta ai più Giovan Battista Andreini, uomo di teatro a tutto tondo (autore, interprete e regista di se stesso e delle sue commedie, capocomico della compagnia teatrale dei Fedeli) vissuto nel seicento, alla resa dei conti si rivela invece come un fiacco pretesto per rievocare (con molta pruderie e alcune sequenze soft-core di dubbio gusto, come quelle che vedono Anna Galiena alle prese con voluttuose masturbazioni) un mondo libertino ante litteram in bilico fra genialità e repressione sullo sfondo della pestilenza che ammorbò il paese proprio in quegli anni.

Parlo di “Amor nello specchio”, ambizioso (ma in buona parte fallimentare) progetto realizzato nel 1999 da Salvatore Maira (barocccologo e curatore di una edizione critica di ben più ampio respiro proprio delle opere del drammaturgo/attore) supportato da un cast di tutto rispetto (accanto alla già citata Anna Galiena, troviamo infatti Peter Stormare, Simona Cavallari, Jacques Sernas, Maurizio Micheli, Eugenio Allegri, Alessandro Borgia, Quinto Parmeggiani e Antonello Aglioti) e ambientato fra la Mantova del 1619 da cui prende le mosse per spingersi poi verso Parigi, che sostanzialmente oltre che di teatro, parla di un rapporto a tre anche abbastanza scandaloso (lo scontato parallelo fra la vita e l’arte allusivo fin dal titolo), ispirandosi alla commedia seicentesca di Andreini “L’amor nello specchio” appunto (andata in scena nel 1622 proprio a Parigi, e più precisamente alla corte di Luigi XIII), che parla di due donne che si innamorano per un equivoco e dal quale ha ricavato anche il titolo per il suo film.

Maira racconta infatti la storia di un’attrice, Lidia (Simona Cavallari) che praticamente si mette in mezzo (anche fisicamente si potrebbe dire) tra il capocomico Andreini (Peter Stormare) e sua moglie Virginia Ramponi (Anna Galiena), primadonna assoluta della compagnia: si inserisce nel loro menage artistico e familiare e li seduce entrambi (ma alla fine il rapporto si trasforma in un vero innamoramento lesbico che unisce le due donne).

Il risultato è un poco traballante (diciamo pure poco soddisfacente): se il Mereghetti parla di “un modesto, volgere e inutile pasticcio”, anche il Morandini che invece lo apprezza molto di più, alla fine comunque deve arrendersi all’evidenza denunciando la discutibilità di una struttura narrativa “annodata bene, ma sciolta in modi deboli e non necessari”.

Un peccato davvero (e un’occasione sostanzialmente persa) perché non tutto è da buttare via, grazie soprattutto agli eccellenti contributi tecnici, e parlo degli indovinati risultati della scenografia (Antonello Geleng e Maurizio Calvesi) e dei bellissimi costumi di Luigi Bonanno oltre che della preziosa fotografia di Maurizio Calvesi. La colonna sonora è di Nicola Piovani che anche in questo caso sembra volersi rifare a Rota (sono molti gli echi che si avvertono e che vanno tutti in quella direzione).

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