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Dragonheart

Regia di Rob Cohen vedi scheda film

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La recensione su Dragonheart

di Decks
6 stelle

Che sia malefico portatore di morte e distruzione, o creatura portatrice di fortuna e bontà, il drago è una di quelle poche figure mitico-leggendarie che è davvero presente in tutte le culture.

Attualmente, il famoso rettile e il genere fantasy in generale, sono tornati in auge proprio grazie alle numerose rivisitazioni e opere letterarie di grande successo: basti pensare a "Lo Hobbit" di Tolkien; o alle "Cronache del ghiaccio e del fuoco" di George R. R. Martin.

A suo modo, Rob Cohen, per quanto sia un regista piuttosto mediocre, avrà un piccolo ricordo per essere stato uno dei primi a sfruttare l'onda di successo del fantasy moderno, prendendo ispirazione da un soggetto che non vedeva più il drago come mostruosità sputafuoco tipica del Medioevo europeo, ma quelle del "cugino" orientale: difatti, Draco è dotato di caratteristiche quali una grande saggezza, bontà d'animo e poteri di vario genere.

 

 

Cohen ribalta dunque i ruoli tradizionali: il proverbiale drago non difende più un immenso tesoro o affligge le vite di poveri popolani, è invece una vera e propria entità semi-divina, che proprio come accadrebbe in un racconto folcloristico cinese, dona metà del suo cuore a un bambino morente, speranzoso di riunire uomini e draghi in una pace a lungo attesa. Il futuro re si rivela però un despota; un arrogante tiranno consumato dal potere, salito sul trono più per uno scherzo del destino che per un gesto generoso.

Se c'è qualcosa che impariamo guardando questo film, è quella di lasciar procedere il corso delle cose, anche se è qualcosa di doloroso e sconosciuto come la dipartita di un giovane: Draco, come noi, viene accecato dai suoi sentimenti; si lascia convincere a mettere un freno alla morte, il più naturale degli eventi.

Inutile dire che questa costrizione avrà solo l'effetto di innescare un vero e proprio eccidio della propria specie, più simile ad una punizione divina che ad una vendetta cavalleresca.

Il cuore di Draco non ha certo corrotto il giovane Einon, ma il suo atto, a prima vista misericordioso, ha il solo scopo di portare ad un'anomalia; un'aberrazione che non può morire e che invece di dispensare carità e benignità, riesce a dare solo crudeltà.

 

 

Ed è qui che entra in gioco il tema del sacrificio, vero punto cardine dell'intera pellicola: un immolazione necessaria, quella di Draco, a riportare l'equilibrio, non solo nel regno, ma nel mondo. L'immensa bestia dimostrerà di avere più spirito cavalleresco di quanto non ne abbia l'antipatico Bowen.

È qui che sta tutto il successo del film: un finale avventuroso e una stella che splende forte nel cielo, che grazie alle musiche di Randy Edelman emoziona i bambini ben più di quelle continue esternazioni di giustizia e virtù, che purtroppo si susseguono per numerose scene del film.

 

Chi ringraziare, dunque, per aver fatto provare una simile empatia, per un mostro che fino ad oggi terrorizzava i più superstiziosi e sbranava giovani fanciulle?

Sean Connery prima di tutti: la sua voce calda e profonda, a tratti rilassante, è perfetta per il ruolo di un saggio e avvilito drago; grazie poi alle magie degli effetti speciali, ritroviamo le specifiche espressività dell'attore scozzese sul mostruoso volto del drago, uno sguardo che a tratti sembra vero, tanta è la sua profondità. Il che non è poco.

Anche se ad oggi, Draco può risultare artificioso, nel 1996 ricreare una simile creatura che riuscisse a interagire con i giusti tempi con attori in carne ed ossa non fu un lavoro da nulla, anzi, esso fu un grande passo avanti per l'industria del cinema: non a caso ci sono i ragazzi della "Industrial Light and Magic" a svolgere questo incarico, dopo aver già ottenuto uno strepitoso risultato in "Jurassic Park", qui dimostrano nuovamente la loro maestria.

 

 

Per un bambino, "Dragonheart" sarà una bellissima esperienza, da cui magari avrà persino qualcosa da imparare, ma siamo sicuri che il risultato sia davvero buono come sembra?

Purtroppo, la morale che Cohen vuole far passare è ricolma di una retorica invadente: quello che il regista vuole far passare è una visione di rettitudine e imparzialità assente di sfumature, in cui la voce altisonante di Bowen a favore della giustizia e della punizione contro i malvagi è pressochè ridicola, fuorviante e con un amaro gusto di reazionario.

Fortunatamente le coreografie funzionano bene: i combattimenti a suon di armi bianche sono ben realizzati e trascinanti, ma una volta che lo spettatore si ritrova da solo con le solenni frasi di Bowen, il desiderio è quello di tapparsi le orecchie, riuscendo a malapena a trattenere gli sbadigli.

Sceneggiature povere, inutilmente appariscenti dove a volte scappa una risata nel sentire la voce tonante di Bowen mentre quest'ultimo gesticola, pronunciando contemporaneamente frasi esaltate piene di una commozione quasi grottesca. Vi invito a guardare o a ricordare la scena della visione di re Artù.

 

 

La trama poi, può giusto soddisfare i più piccoli: oltre ad essere banale ha pure dei buchi insormontabili, per di più, perde spesso coerenza. Ritroviamo il solito scontro superficiale tra bene e male, qualche gag anche troppo infantile e tutto questo, va a pesare nuovamente sulle spalle di Bowen, dimostrando, che oltre ad essere un esaltato è pure uno sciocco ignorante.

Dedicando quasi 20 anni a sterminare draghi, finirà pure per condannare l'intera razza uccidendo l'ultima femmina, senza alcun rimpianto da parte sua, per poi fare amicizia con l'ultimo drago rimasto usandolo per scopi economici. Bowen non può che risultare odioso, e non è raro che si finisca con l'accantonare quel mal inscenato sentimento di amicizia, sperando con tutto noi stessi che il drago lo abbrustolisca.

 

Per finire, non è un caso se la migliore interpretazione è proprio quella di Sean Connery, mai presente sul set.

David Thewlis nella parte del tiranno è costantemente sopra le righe, Dina Meyer e Pete Postlethwaite interpretano esclusivamente ruoli riempitivi e inutili. Dell'insopportabile Bowen ho già parlato abbastanza, ma è bene sottolineare di come Dennis Quaid si riveli incapace nell'interpretare un cavaliere amante di giustizia: urla virili e frasi gonfiate non fanno di lui un maestro di spada, ma un buffone infervorato.

 

Un filmetto dalla morale ambigua, girato senza una reale preparazione e stile.

Cohen imbastisce un leggero fantasy in cui la spettacolarità dei combattimenti e l'affascinante drago possono soddisfare il pubblico più giovane, per il resto, si rimane delusi dalle scarse sceneggiature e dal cast improponibile, fallendo nel tentativo di voler portare sul grande schermo un film dal gusto epico cavalleresco. Passabile giusto perchè ai ragazzini può piacere.

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