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Cowboy

Regia di Delmer Daves vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Cowboy

di ethan
8 stelle

 

Con 'Cowboy' l'esperto Delmer Daves riesce a coniugare il suo genere prediletto, il western, con il comico, con l'aggiunta di qualche spruzzata di mélo, l'unica parte che invece non convince appieno.

Il film è tratto dal libro di Frank Harris (personaggio interpretato da Jack Lemmon) e scritto per lo schermo da Edmund H. North e dal blacklisted Dalton Trumbo che per tale motivo non viene accreditato ed è diretto con mano sicura da Daves, il quale passa senza colpo ferire dai registri comici iniziali, dove facciamo la conoscenza di tutti i protagonisti della storia, a quelli più tipici del genere di appartenenza, con l'intermezzo sentimentale che, seppur non originalissimo serve da motore alla pellicola: infatti, il vicedirettore d'albergo Frank, dopo che la bella messicana Maria (Anna Kashfi, nota più che altro per esser stata la prima moglie di Marlon Brando) lo rifiuta sotto la pressione del padre e torna in Messico, si aggrega al rude mandriano Tom Rees (Glenn Ford) per cercare di farle cambiare idea; conoscerà così la dura vita dei cowboy, fatta di cavalcate interminabili, notti all'aperto sulla nuda terra, liti e diverbi con colleghi ben poco inclini all'amicizia e i cui unici fini sono portare a casa la paga e fare bisboccia nei saloon, scontri con gli indiani che vogliono sottrarre le mandrie. Ritroverà anche la donna ma subirà una cocente delusione: questo contribuirà a fare di lui una persona avida e cinica, un po' come il suo capo e maestro Tom ma un pericolo corso da entrambi - il rischio di rimanere schiacciati da alcuni capi di bestiame stipati sul treno dove vengono trasportati - farà si che i due si riconcilino e tornino ad una visione più 'umana' della loro professione. 

Belli i titoli di testa, con i nomi dei membri del cast tecnico ed artistico scritti attraverso le colonne di un giornale d'epoca, spassosa la prima sequenza nell'hotel, dai toni vivacemente comici e dai ritmi concitati, coi cowboy rozzi ed ignoranti capeggiati da Rees, non certo più raffinato di loro che si concede addirittura una serata all'Opera per darsi un tono ma poi getta via tutti i soldi a poker, non prima di un bagno in una tinozza da cui spara agli scarafaggi nel muro dinnanzi a degli sconcertati camerieri, scena questa che verrà replicata nel finale, in coppia con Frank per sancire una rinata amicizia. La parte centrale è descrittiva della vita di frontiera e più improntata sul realismo, con il picco drammatico dello scherzo che si tramuta in tragedia - un serpente a sonagli viene lanciato tra i mandriani ma uno di loro viene morso e muore - inframmezzata dalla parentesi sentimentale che, nonostante la bizzarra sequenza con il toro a cui va infilato un cerchio nelle corna, toglie un po' di ritmo al film, incentrato ormai sul rapporto tra Tom e Frank, con il primo a fare in un primo momento da fratello maggiore al secondo, che non condivide i suoi metodi sbrigativi ma poi viene come risucchiato dalla durezza degli eventi e si trasforma anch'egli in un affarista senza scrupoli, fino alla scena chiarificatrice sul treno.

Grandi le prove dei due protagonisti: se da un lato, Glenn Ford, un habitué del genere, non sorprende per bravura e aderenza al ruolo, è certamente cosa gradita vedere un giovane Jack Lemmon, dapprima damerino di città, trasformarsi in un rude uomo di frontiera, a suo agio con cappello, pistola e cavallo.

Tra gli altri interpreti va segnalato il cowboy anziano e disilluso tratteggiato con finezza da Brian Donlevy: un archetipo qui accennato a cui sono dedicate poche scene ma che rivedremo in tanti western di Sam Peckinpah.

Voto: 7/8.

 

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