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Sotto il sole di Riccione

Regia di YouNuts! vedi scheda film

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La recensione su Sotto il sole di Riccione

di scapigliato
6 stelle

Se è vero che ne potevamo fare a meno, è anche vero che non è affatto uscito male il primo film scritto da Enrico Vanzina senza il fratello Carlo in cabina di regia. Un ritorno alle origini per segnare una nuova ripartenza, in solitaria, lungo le storie della commedia leggera italiana.

Dopo i risultati eccelsi di SKAM Italia (Bessegato,2018-2020) sappiamo che anche in Italia si può raccontare l’adolescenza e la gioventù senza stereotipi e finalmente distinguere nettamente i “film sugli adolescenti” e i “film che parlano di adolescenti”, perché sono due cose diverse. I primi centrano la loro attenzione sui personaggi e li raccontano senza tabù, senza edulcorazioni e stereotipando il meno possibile oppure giocando sullo stereotipo e variandolo; i secondi invece, la maggioranza dei prodotti teen italiani da quando si abbia memoria, sono narrazioni con personaggi bidimensionali, usciti spesso dal modello televisivo, senza un briciolo di autorialità alle spalle e completamente asserviti alla banalità di storie, situazioni e regie.

E purtroppo è quello che è successo a Carlo Vanzina. Spiace dirlo, ma il Carlo Vanzina de I fichissimi (1981) o Sapore di mare (1983) non era più quello degli ultimi trent’anni, da SPQR (1994) in avanti. I capolavori dei due figli di Steno si ammucchiano, e tanto, tra il 1976 e i primi anni ’90: possiamo individuare ne I mitici – Colpo gobbo a Milano (1994) l’ultimo dei film “decenti” firmati dai Vanzina perché, benché divertenti e piacevoli, titoli come Piedipiatti (1991) e Sognando la California (1992), tecnicamente già segnano la resa commerciale della vocazione originale utilizzando un linguaggio televisivo – maledetta Fininvest – e puntando tutto solo sulle gag degli attori in quanto tali – e aggiungerei fortunatamente, dato l’esito esilarante dei due titoli.

Già i precedenti tentativi di riportare in voga la commedia vacanziera, tipica del boom economico, ma anche appunto degli anni ’80 vanziniani, rinominata per l’occasione “cinecocomero”, come Un’estate al mare (2008) e l’inguardabile Sapore di te (2014), sono stati la conferma che un certo cinema e certe storie o si raccontano come devono essere raccontate, cioè con tutta l’innocenza dello sguardo giovanile, ma in mano a registi capaci di raccontare l’adolescenza, oppure meglio evitare. Andò molto meglio per esempio a Tutti al mare (Cerami, 2011) e molto prima a Che ne sarà di noi (Veronesi, 2004). È andata un po’ peggio invece a Last minute Marocco (Falaschi, 2007), per esempio, e un pochino anche a Summertime (Rivaroli, 2020).

Questa è anche la conferma che il rapporto tra il cinema italiano e le vacanze estive va molto più in là del prodotto commerciale, è un rapporto che sottace un’indagine sociologica e identitaria di un popolo che durante l’estate vive e rivive eternamente riti, miti, immagini e fantasmagorie tra il pagano e il religioso. Non è questa la sede, ma uno studio accademico sui film che raccontano l’Italia e gli italiani in l’estate sarebbe molto interessante.

In questo contesto possiamo inserire Sotto il sole di Riccione, diretto con buon piglio, fresco e onesto da Niccolò Celaia e Antonio Usbergo, alias YouNuts!, che ha molti punti a suo favore. Mettiamo da parte l’estrema leggerezza della sceneggiatura, che forse per Vanzina era un modo per tornare all’epoca innocente dei primi ’80, e trascuriamo anche diversi suoi passaggi narrativi e alcuni dialoghi molto elementari e stucchevoli. Facciamo invece attenzione alla modulazione narrativa sempre equilibrata e mai stridente con l’evolversi della storia, ai personaggi sì stereotipati, ma ben resi da alcuni attori – Zurzolo e Giuggioli su tutti – così come si deve fare attenzione all’aspetto sociolinguistico, mai modaiolo ma non certo anacronistico, esattamente come la messa in scena e l’oggettistica, a metà strada tra gli ’80 e l’attualità. Non parliamo poi della bellissima colonna sonora dei Thegiornalisti con cui si è evitato di scadere nella trap e con cui rivivono sonorità realmente estive e affini con un’epoca sì evocativa, un altrieri forse più caro agli adulti che ai ragazzi protagonisti – ogni volta che ascolta i Thegiornalisti mi viene in mente Gianluca Grignani, Destinazione paradiso i e miei anni ’90.

Il film, va detto, non è un capolavoro e anche un ottimo attore come Giuggioli, sempre in parte, qui è un po’ macchietta, ma non stride. Questo perché a Sotto il sole di Riccione manca comunque la magia che Vanzina voleva ricreare. Forse che non sia più possibile?

Il film evita l’approccio pecoreccio, evita il linguaggio televisivo, molti aspetti bassi della nostra commedia giovanilistica, si fa notare per una comicità genuina e semplice, per storie diverse e tra loro ben amalgamate, rarissime le forzature, ma non ha mai quella magia che sa evocare e mettere i brividi. Brividi che invece riesce a mettere solo Zurzolo, davvero ottimo e antiretorico nella definizione del suo personaggio cieco, e Ludovica Martino, bellissima e fatata come sempre.

Ammetto che non ho mai fatto vacanze ai “bagni” se non da bambino e non ho bei ricordi. Per me la vacanza estiva adolescente è un paese all’estero, al mare e in campeggio, altro che ombrelloni, sdraio, cabine, giochi imbarazzanti, bagnini etc., ma nonostante uno scarso feeling con il genere, gli elementi empatici ci sono tutti in Sotto il sole di Riccione e si riesce anche a coglierli facilmente. Forse un film superficiale, non coraggioso, troppo leggero da non essere consistente se non grazie alle caratterizzazioni di alcuni attori, ma certo non è uno scempio.

Migliore battuta? Andrea Roncato, eroe dei ragazzini anni ’80, in un ruolo che riprende e definisce una volta per tutte il suo tipico amante sessuomane romagnolo, che dice: «Sono il motore di ricerca della gnocca».

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