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Corvo Rosso non avrai il mio scalpo!

Regia di Sydney Pollack vedi scheda film

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La recensione su Corvo Rosso non avrai il mio scalpo!

di PompiereFI
8 stelle

La gente di città mangia maiali quando al mondo esiste la carne di alce”.

 

Frase che riassume, in perfetta sintesi, i comodi di una collettività che, poco propensa all’avventura, preferiva le pavide guerre contro gli indiani per conquistare ciò che rimaneva dei territori dell’Ovest. L’uso delle armi come mezzo principale per uccidere i propri simili piuttosto che tentare una sofferta scalata ai monti nel bel mezzo della stagione invernale, a contatto con orsi, castori, cervi e falchi che sorvolano il cielo trafiggendolo in un lampo, la dice lunga sulla civilizzazione raggiunta dall’America della prima metà del XIX secolo.

 

Però importa considerare anche chi preferisce rischiare la vita, chi fugge dalla costruzione della ferrovia transcontinentale che arriverà da lì a 25 anni, chi vive 2000 metri più vicino al cielo dello Utah e non lascia spazio a molti sentimentalismi. La sopravvivenza non rende curiosi, tende a prosciugare tutte quelle distrazioni borghesi e da’ il benvenuto alle voci stridule e insieme accattivanti della Natura. E allora non resta che guardare avanti, sfidando il creato e il proprio limite, seppellendo i morti cercando di superare in fretta il dolore della perdita, vivendo un’avventura senza meta.

 

Essenziale, perentorio e intriso di solenni qualità, il “Jeremiah Johnson” scritto da John Milius dismette i panni della cavalleria americana e parla della vita dell’uomo qualunque, della formidabile importanza dei sentimenti. Quelli che trovano il coraggio di uscire allo scoperto anche se parlano un’altra lingua e quelli più diretti, vigorosi, ma che lasciano comunque il segno di un’Unghia d’Orso.

 

Organizzato ricorrendo, forse fin troppo marcatamente, ad armonie ed evoluzioni che assumono la forma di un cerchio, “Corvo Rosso” è un film più complesso di quanto possa apparire a prima vista. Non si accontenta di raccontare le vicissitudini rocambolesche di un uomo (un bellissimo Robert Redford) che ha scelto la brusca fascinazione della Natura. Dietro la quiete di orme posate su nevi e terreni aridi c’è la cosciente preferenza di una vita non limitata dagli orpelli del progresso, la fierezza che nasce dal confronto con il diverso, il senso della religione sviluppato da altre esperienze spirituali (presente nel canto di un indiano sconfitto), il rispetto per tutto ciò che ci circonda, piccolo e muto o grosso e loquace che sia.

 

Nessuno può assicurarci che tutto questo sia avulso da tensioni emotive, da tempistiche fin troppo lunghe che potrebbero compromettere in modo definitivo il senno e farci fare una fine peggiore dei cosiddetti “abitanti del villaggio”. Al signor Johnson non importa perdere la bussola. “In che mese siamo?”, chiede a un certo punto del film. “Aprile, forse Marzo”, si sente rispondere. Gli eroi della montagna rompono il silenzio anche e solo per tali futilità. Sanno benissimo che ormai sono un tutt’uno con il paesaggio; sono transitati da un processo di affiliazione a uno di primitiva trasfigurazione, anch’essi orsi che lasciano tracce ovunque fino a che non vengono raggiunti, appunto, dal loro Corvo Rosso.

 

Sidney Pollack affascina narrando una storia fatta di eroismo e vigore che non vive le lotte culturali nei requisiti subdolamente concettuali che siamo soliti conoscere, e abbozza un sorriso mentre espande i suoi confini abbracciando l’intera visione del mondo.

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