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10 cose che odio di te

Regia di Gil Junger vedi scheda film

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La recensione su 10 cose che odio di te

di inthemouthofEP
5 stelle

Commedia adolescenziale di fine anni '90 vagamente ispirata a "La Bisbetica Domata" di Shakespeare, banale e buonista, ma sollevata da un cast a dir poco azzeccato e da una regia non male. Piacevole, ma nulla più.

Ebbene, dopo essermi fatto tutta la tirata dei due Kill Bill, ho visto questo "10 cose che odio di te". E, nonostante le mie ultime recensioni su questo sito parlino di film di Deodato, Del Toro, Cuaròn... ora ho voglia di parlare di "10 cose che odio di te".

Strano, vero? Beh, a dir la verità no, in quanto questo film mi è stato consigliato da una mia amica che, rimasta sconcertata dal fatto che non mi fossi nemmeno mai appropinquato a tale opera, mi ha esortato vivamente a vederlo. Poi, dopo aver chiesto in proposito a numerose altre mie amiche (rigorosamente donne), ho scoperto di essere l'unico a non aver visto questo cult assoluto rimasto nel cuore di un esercito di adolescenti romantiche e sognatrici.

E io che faccio, me lo faccio sfuggire? Assolutamente no, giusto per vedere se è tanto tremendo come la critica dice o se qualcosa da salvare c'è, e la risposta è nì.

La storia di questo film (diretto nel 1999 da tal Gil Junger) è vagamente ispirata a "La Bisbetica Domata" di Shakespeare, seguendo quel meccanismo di ringiovanimento e modernizzazione dei capolavori letterari tipico di fine anni '90, che ha prodotto fra gli altri il tremendo "Romeo + Giulietta" di Baz Luhrmann (1996) e il decente "Cruel Intentions" di Roger Kumble (1999).

In pratica abbiamo due sorelle (Kat, scontrosa, burbera e femminista, e Bianca, dolce, garrula e smaniosa di poter uscire con qualche ragazzo), che sono tenute sotto scacco da un padre iperprotettivo e terrorizzato dalle gravidanze adolescenziali, e che impedisce alle due di mettere piede fuori casa se non per andare a scuola. Un giorno mette una regola: se Kat uscirà con qualche maschietto, allora lo potrà fare anche Bianca; urge quindi trovare un ragazzo per Kat, ma questa non ne vuole sentire parlare di fidanzati o roba simile.

E di qui parte una girandola di situazioni abbastanza prevedibili che sfociano molto spesso in una sensazione di deja vu e banalità a go-go, il tutto condito da baci, giochi d'amore, tradimenti, pianti, feste, e le classiche rane vivisezionate dei college americani... insomma, quello che vediamo è un prodotto ben poco originale, confezionato con poco amore da chi ci ha lavorato ma regalato agli adolescenti di tutto il mondo avvolto con una splendida carta regalo a cuoricini.

Tutto è fatto per incontrare il favore di quelle studentesse che ogni giorno a scuola vedono passare per i corridoi la loro idolatrata cotta, un film realizzato apposta per tutti quegli sfigatelli innamorati della più bella della scuola e che fa credere loro che magari, se non si perdono d'animo, otterranno un bacio da Venere scesa in terra, quando nella realtà lei va con l'ala sinistra delle giovanili del Pisa e il povero nerd fissato col cinema e il Greco non riesce neanche a parlarle (ogni riferimento alla mia vita privata è puramente casuale).

Eppure, nonostante tutte queste banalità e questo buonismo imperante mascherato dietro un paio di parolacce e qualche riferimento al sesso, il film è indubbiamente ganzo, non annoia e a volte riesce anche a far ridere.

Grande alleato del film (che lo solleva dall'aurea mediocritas di tutte le commedie adolescenziali realizzate dagli anni '90 a oggi) è senza dubbio il cast: Julia Stiles è perfetta nel ruolo di Kat, dura e scontrosa ma alla fine dolce, e Heath Ledger, nel ruolo del mezzo criminale ultra-stereotipato che sembra Jim Morrison, è comunque azzeccato, ma c'è un attore che si solleva sopra tutti gli altri, e risponde al nome di Joseph Gordon-Levitt.

Altro fattore sorprendente è la regia, senza dubbio centrata e di buon livello: bello il breve piano sequenza in cui Heath Ledger entra nella sala concerti e la macchina prima lo segue da dietro, poi gli va avanti, cammina in soggettiva per i corridoi, quindi si ferma e fa passare avanti il nostro protagonista (sparatemi, ma mi ha ricordato il piano sequenza all'inizio di "Casinò" di Scorsese). Ed è un peccato che Gil Junger sia finito a girare roba tipo "Cupido a Natale" o "Un principe in giacca e cravatta", perché qui, volenti o nolenti, dimostra di saper girare, e anche benino.

Divertenti anche molte scene, però bisogna dire che alcuni personaggi un po' più demenziali (il padre, il professore di colore che rappa, la preside che scrive roba sconcia...) ci stanno poco bene e, sebbene possano far sorridere, sono caratterizzati in modo troppo marcatamente parodistico e, quindi, irreale. E, per contro, le famigerate 10 cose che Kat odia del suo Heath Ledger sono quanto di più corretto e buonista si sia mai visto (avrei preferito una lista presa dal ritornello di "Iodio" dei Bluvertigo).

Buona la colonna sonora (Semisonic, Cardigans, Chopin...) ma quasi inesistente la fotografia (specialmente nelle scene delle feste: lì si sarebbe potuto osare molto di più con luci e colori strani, perché anche in una commedia generazionale si può avere il piacere di osare). E mi piange il cuore vedendo che il direttore della fotografia è Mark Irwin, già collaboratore di Cronenberg ("Videodrome", "La Zona Morta", "La Mosca") e Craven ("Nightmare - Nuovo Incubo", "Scream").

Certo, chi vuole vedere un vero capolavoro su dei genitori tirannici e delle figlie oppresse si deve rivolgere altrove ("Il Giardino delle Vergine Suicide", quanto lo amo questo film), ma per chi vuole spegnere un po' il cervello questo "10 cose che odio di te" va più che bene, e anche io, pur da tempo votato al cinema di Bergman e Kieslowski e nemico giurato dei film d'amore, mi sono lasciato trascinare da questo film, nonostante la sua prevedibilità e una certa ipocrisia di fondo.

D'altronde l'amore (insieme all'odio) è il più elementare dei sentimenti, e tutti l'hanno provato almeno una volta nella vita. 

"Liebe ist für alle da", per dirla come il titolo dell'album meno riuscito dei Rammstein.

Oppure "Love is the Drug" (da leggersi con la voce di Brian Ferry, immaginandosi sotto la fantastica linea di basso di John Gustafson).

 

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