Regia di Antonia Bird vedi scheda film
Mangiare gli altri per sentirsi più vicini al Dio che è in noi. La labilità della carne altrui che si trasforma in potenza ed invulnerabilità, schiacciando quei dogmi morali che ci impediscono di raggiungere il nietzcheiano egoismi dell'uomo supremo, dominatore del proprio equilibrio e dello spazio che occupa in questo mondo divorato dall'indifferenza. Non riesco a capire se questo film voglia essere allegorico oppure no. Se lo è, mi sfugge cosa voglia simboleggiare: la società americana proto capitalista come macchina divoratrice di anime? La disumanizzazione portata dalla guerra e dalla vita militare? La potenza esoterica del passato che ritorna? Il superamento abramitico della tentazione del serpente? Qualunque tipo di interpretazione mi pare pigiato dentro col martello pneumatico. Ma d'altra parte, volendolo vedere come puro film di genere, funziona parecchio male: colonna sonora montata a caso (a parte nella scena del precipizio), gestione dei tempi pessima, personaggi caratterizzati in modo contraddittorio (fanno cose spesso inspiegabili) e una tensione altalenante e mai davvero presente. Poi non si capisce bene che direzione voglia prendere la narrazione: le parti fantasy (uomini che mangiando carne umana diventano invincibili) fanno drammaticamente a cazzotti con il taglio realistico del resto, e la componente grottesca che aleggia costantemente c'entra poco coi discorsi simil filosoficheggianti che ogni tanto vengono inseriti. Peccato perché l'idea poteva essere interessante.
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